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Processo a Putin sulla Siria dal Consiglio di sicurezza dell’Onu

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Il Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla guerra in Siria si trasforma in un processo a Vladimir Putin. Stati Uniti e Gran Bretagna accusano Mosca di aver compiuto “crimini di guerra” a causa del sostegno all’offensiva di Assad contro Aleppo. E chiedono al Cremlino di “fermare il massacro”. La replica è al vetriolo: “Sono gli Usa responsabili delle fiamme in Medio Oriente”.

Per Stefano Stefanini si tratta di una spaccatura senza precedenti dalla fine della Guerra Fredda che impone all’Europa “di dire come la pensa”.

Siria, processo a Putin all’Onu: “Complice di crimini di guerra”

Accuse di americani e inglesi. I russi: voi usate i terroristi di Al Nusra

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EW YORK – «Quello che la Russia sta sponsorizzando in Siria non è lotta al terrorismo, ma barbarie», dice l’ambasciatrice americana all’Onu Samantha Power. «Mosca – aggiunge il collega britannico Matthew Rycroft – collabora col regime siriano per commettere crimini di guerra». «Il caos in Medio Oriente – risponde il rappresentate russo Churkin – lo avete provocato voi, distruggendo l’equilibrio del passato. Ora usate i terroristi di al Nusra per abbattere il governo siriano». Quindi l’inviato di Damasco, Bashar Jaafari, conclude così: «La vera guerra al terrorismo non è ancora cominciata. L’avvento della vittoria siriana è imminente, e porterà all’applicazione di tutte le risoluzioni del Palazzo di Vetro».

Sono passate da poco le undici del mattino, quando al Consiglio di Sicurezza dell’Onu si consuma forse lo scontro pubblico più duro fra Washington e Mosca dalla fine della Guerra fredda. Non si arriva alla scarpa sbattuta sul tavolo, come ai tempi di Krusciov, ma l’aula della diplomazia si trasforma in una tribuna dove scambiare accuse, che lasciano la guerra come unica prospettiva.

La riunione d’urgenza del Consiglio è stata richiesta dagli americani per denunciare l’offensiva russo-siriana che ha fatto saltare la tregua negoziata il 9 settembre scorso dal segretario di Stato Kerry e dal ministro degli Esteri Lavrov: «Sono stati lanciati – denuncia la Power – 150 raid in 72 ore. Mentre parlavate di pace, armavate le bombe». La sua richiesta è che il Consiglio emetta una condanna, impossibile, perché Mosca ha il potere di veto come Washington.

Il collega Churkin, che da bambino faceva l’attore e aveva recitato in un film su Lenin, le risponde che il caos lo hanno provocato gli Stati Uniti, «distruggendo l’ordine che esisteva in passato». L’ambasciatore smentisce che i caccia russi abbiano colpito il convoglio umanitario, «perché lo stesso Kerry ha ammesso che hanno sorvolato la zona solo per due minuti, non l’ora e mezza che è durato l’attacco». Nel momento in cui la parola passa all’ambasciatore siriano, Power, Rycroft e il collega francese Delattre abbandonano l’aula in segno di protesta. Jaafari comunque va al punto che sta facendo saltare la tregua: «Siete voi che usate i terroristi di al Nusra per colpire il nostro governo». All’inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura, che sta disperatamente cercando di tenere accesa la speranza, non resta che fare una proposta minima per fermare la guerra totale: «Tregua umanitaria di 48 ore, consegna degli aiuti umanitari, ed evacuazione dei feriti». Nella speranza che questa pausa spinga Russia e Usa a resuscitare la tregua: «Possono bloccare i combattimenti. Il 9 settembre hanno preso un impegno davanti al mondo, lo rispettino».

Fonti del Palazzo di Vetro impegnate sul terreno spiegano così la situazione. La tregua non era mai piaciuta al regime, che ora pensa di poter vincere la guerra, e quindi ha proseguito l’offensiva su Aleppo. Gli Usa hanno bombardato le sue posizioni per lanciare un avvertimento, e i russi hanno risposto colpendo il convoglio umanitario. Mosca in particolare accusa Washington di ipocrisia, perché gli americani e i loro alleati confondono al Nusra con l’opposizione moderata, usando questo gruppo terroristico per abbattere Assad. I russi quindi hanno reagito dando via libera all’offensiva finale su Aleppo, per chiudere la partita col le armi. Gli Usa protestano, ma in realtà pensano che a questo punto la tregua servirebbe di più alla Russia che a loro, perché se l’accordo salta e l’attacco non chiude in maniera definitiva il conflitto, poi Mosca si ritroverà impantanata con i suoi soldati sul terreno in Siria come le era accaduto in Afghanistan. Questa però potrebbe essere una valutazione sbagliata, così come era stato sbagliato non chiudere i conti all’epoca degli attacchi chimici dell’agosto 2013, lasciando aperta la porta per l’intervento russo in difesa di Damasco.

LEGGI ANCHE: Nella Damasco che pregusta la vittoria: “Niente tregua, schiacceremo Aleppo” (Giordano Stabile)

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