Polvere e paura: i volti della tragedia assomigliano a quello della suora con la fronte insanguinata (nella foto in alto). Nel terremoto che ha ferito l’Italia i morti sono almeno 247. I dispersi centinaia, gli sfollati migliaia. Il sisma evidenzia la forza e la debolezza del carattere nazionale: la forza è nella professionalità dei soccorritori, mentre la debolezza è la rassegnazione ad abitare in centri vulnerabili ai terremoti.
Polvere e sangue, il volto della tragedia MASSIMO GRAMELLINI
I
volti delle tragedie si assomigliano tutti: polvere, sangue, paura. Questa suora con la fronte insanguinata e un telefonino attempato nella mano sinistra si chiama Mariana, è albanese, ha 32 anni. Appena i muri della stanza hanno cominciato a crollarle addosso si è nascosta sotto il letto e ha invocato aiuto, fino a quando un ragazzo l’ha tirata fuori in qualche modo dalle macerie del convento di Amatrice che ancora ricoprono tre sue consorelle e quattro ospiti anziani. Si è vestita al buio e a strati, indossando tutto quello che riusciva a recuperare nell’armadio sommerso dai detriti. L’hanno sdraiata sulla strada, accanto alla barella di un ferito più grave che la coperta sottrae all’obiettivo del fotografo, in attesa di correre in ambulanza verso un qualsiasi ospedale rimasto in piedi, dal momento che quello del paese si è sfaldato come neve al sole.
La suora insanguinata è un’immagine che evoca giudizi divini o possibili attentati a sfondo religioso, ma qui Dio c’entra poco e le belve del terrorismo per nulla. Questo è un attentato che gli italiani si sono fatti da soli. Ogni cinque anni, puntuale come una ricorrenza sacra, la terra dell’Appennino trema. E ogni cinque anni ci sono quartieri e paesi che crollano. Si piange, si deplora – qualcuno ride pure annusando il profumo degli appalti – e poi si ricomincia come prima, come sempre. Senza mai degnarsi di avviare un programma di rattoppo del territorio, magari copiando Giappone e California, dove i terremoti di magnitudo 6 da tempo non mietono più vittime né fanno squagliare ospedali.
Le cronache zampillano di casi umani, soccorritori coraggiosi, volontari commoventi. Nell’emergenza lo Stato esibisce la sua faccia migliore, ieri per la prima volta incarnata alla Protezione Civile da una donna, la sensibile e tosta Immacolata Postiglione, e persino la politica caciarona mostra eccezionalmente uno sguardo grave e responsabile. Ma sulle luci della riscossa, specialità della casa, incombono l’ombra della mancata prevenzione e il solito mantra che accompagna ogni tragedia dell’incuria in Italia: quando la smetteremo di lasciarci sorprendere dal prevedibile?
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