I
l ditone di Barzagli che mette in salvo una coccinella sul prato dove di lì a poco si poseranno i tacchetti sterminatori di Ibrahimovic è scena di delicata scaramanzia. Le coccinelle vanno trattate con cura, specie di venerdì 17, se vuoi che all’ultimo minuto un acuto del fin lì afono Eder (numero 17) ti faccia saltare per aria la difesa svedese e qualche milione di tifosi appisolati sulle poltrone. Eppure questa non è solo una Nazionale scaramantica né tantomeno una Nazionale delicata.
Il «contismo» (copyright Mario Sconcerti) rappresenta l’evoluzione ossessiva di un’Italia che nel calcio ha fatto scuola contraddicendo l’immagine di sé come di un Paese abborracciato e superficiale. Sui campi di pallone gli Azzurri hanno sempre costruito i loro successi dalle fondamenta, cioè sulla forza della difesa. Invece in tutti gli altri campi sono proprio le fondamenta a latitare: infrastrutture, decoro urbano, giustizia rapida e certa.
La creatività e la capacità di sopportazione, luoghi comuni del genio italico, diventano una risposta estrema alla disorganizzazione circostante, mentre nel calcio rappresentano il fregio che infonde estro e carattere alla solidità dell’architettura. Le coccinelle, nella vita, bisogna meritarsele.
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