Il presidente Usa Donald Trump chiese al capo dell’Fbi di bloccare l’inchiesta su Michael Flynn, suo consigliere per la sicurezza. A rivelarlo è il “New York Times” avanzando l’ipotesi che la Casa Bianca abbia tentato di insabbiare il Russiagate. Ma i portavoce di Trump negano l’intera vicenda che si sovrappone alle polemiche sull’incontro avuto con il ministro degli Esteri russo Lavrov, al quale sono state rivelate informazioni segrete sull’Isis avute in precedenza da Israele.
“Russiagate”, Trump chiese all’Fbi di fermare le indagini sul suo consigliere
“Mio diritto dare informazioni ai russi”: il presidente rilancia dopo la fuga di notizie sui piani dell’Isis sugli attentati agli aerei. La fonte sarebbe il Mossad. I democratici: consegni i nastri del colloquio con Lavrov
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EW YORK – Donald Trump ha cercato di bloccare l’inchiesta sul Russiagate. Lo ha rivelato ieri il New York Timers pubblicando le note che aveva scritto l’ex direttore dell’Fbi James Comey, dopo un incontro che aveva avuto con il capo della Casa Bianca nell’Ufficio Ovale a febbraio. Se questa denuncia fosse confermata, potrebbe configurare il reato di ostruzione della giustizia per il quale può anche scattare l’impeachment. La Casa Bianca infatti ha subito smentito con forza la rivelazione del giornale, arrivata subito dopo le polemiche per la decisione di Trump di rivelare al ministro degli Esteri russo lavrov delicate informazioni ricevute dall’intelligence israeliana sui piani dell’Isis per fare attentati contro gli aerei usando i computer come bombe.
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Secondo la ricostruzione fatta dal New York Times, nel febbraio scorso, il presidente aveva convocato alla Casa Bianca Comey, il giorno dopo le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale, Flynn, che era stato costretto a lasciare la sua carica a causa dei rapporti che aveva avuto con la russia prima della Inauguration delle nuova amministrazione. Durante quell’incontro, secondo gli appunti presi dal direttore dell’Fbi, Trump gli aveva detto che Flynn era una brava persona e poi gli aveva fatto una richiesta esplicita: «Spero che tu possa lasciar andare questa inchiesta». Questo atto da parte del presidente potrebbe configurare il reato di ostruzione della giustizia e confermare che Comey è stato licenziato proprio per bloccare l’indagine in corso sui rapporti tra la campagna elettorale di Trump e la Russia.
La posizione di Trump
Ieri mattina il capo della Casa Bianca ha pubblicato questo tweet: «Come presidente volevo condividere con la Russia (durante un incontro alla Casa Bianca apertamente programmato), cosa che ho assolutamente il diritto di fare, fatti pertinenti al terrorismo e la sicurezza dei voli aerei. Ragioni umanitarie. In più voglio che la Russia aumenti la sua lotta contro l’Isis e il terrorismo». In particolare, voleva fare pressione affinché il Cremlino abbandoni il leader siriano Assad. Sul piano legale il presidente ha ragione, perché ha l’autorità per declassificare qualunque informazione segreta. Il problema è l’opportunità di farlo, in particolare con i russi, perché così rischia di dare loro notizie che possono usare per risalire a fonti e metodi, compromettendo la rete spionistica alleata.
La fonte
I servizi israeliani sono stati confermati come fonte della soffiata, raccolta in una città siriana che dovrebbe essere la capitale del Califfato Raqqa. L’ambasciatore dello Stato ebraico a Washington ha però emesso un comunicato per ribadire la fiducia del suo governo negli Usa, e la volontà di continuare a collaborare con l’intelligence americana, proprio alla vigilia della visita di Trump che sarà nel suo Paese il 22 e 23 maggio.
La difesa di McMaster
Il consigliere per la Sicurezza nazionale lunedì sera aveva detto che la notizia del Washington Post sulla rivelazione fatta da Trump a Lavrov era falsa, ma nel frattempo è stato scavalcato dall’ammissione fatta dallo stesso presidente via Twitter. Ieri quindi ha chiarito che «la premessa della notizia era falsa», nel senso che il capo della Casa Bianca «non ha dato informazioni inappropriate». Secondo McMaster, durante il colloquio Trump non ha passato segreti, o rivelato fonti e metodi, «perché non li conosceva».
La reazione politica
Il leader del Grand Old Party al Senato, Mitch McConnell, ha forse colto l’umore dei colleghi, quando ha detto che «potremmo vivere meglio con meno dramma alla Casa Bianca». Altri, come il presidente della Commissione Esteri Corker, hanno detto che l’amministrazione «deve fermare questa spirale negativa». I compagni di partito non mollano ancora Trump, anche perché senza di lui non sarebbero alla Casa Bianca, e mettendosi contro di lui rischiano di perdere le elezioni Midterm dell’anno prossimo, però chiedono che diventi più disciplinato. I democratici, invece, hanno chiesto i nastri dell’incontro con Lavrov e minacciato l’impeachment. Posizione quest’ultima su cui in serata Nancy Pelosi, leader della minoranza della Camera, ha frenato.
Tumulto alla Casa Bianca
Questa nuova crisi ha rafforzato le voci secondo cui Trump non è soddisfatto dei suoi collaboratori e medita un grande rimpasto. A partire dal portavoce Spicer, infatti la giornalista della Fox Kimberly Guilfoyle ha rivelato di essere stata contattata per prendere il suo posto. La tensione però è reciproca. Lunedì sera i giornalisti hanno sentito urla dall’ufficio dove erano riuniti il capo di gabinetto Priebus, il consigliere Bannon e Spicer, e alcuni collaboratori cominciano a lamentarsi di come il presidente li mette in difficoltà.
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lastampa/“Russiagate”, Trump chiese all’Fbi di fermare le indagini sul suo consigliere PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A NEW YORK
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