È aperto il totopremier per Palazzo Chigi, con in pole position Graziano Delrio, Pier Carlo Padoan e Pietro Grasso.
Il piano di rottura del premier sconfitto
L’idea confidata a tre dei suoi: arrivare al voto a febbraio, da candidato, con il governo dimissionario
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uello che si muove dietro le quinte è un Matteo Renzi molto più inquieto, “irregolare” e dirompente rispetto a quello apparso l’altra sera, 75 minuti dopo la chiusura delle urne referendarie. Con quel discorso da “statista” che aveva preso atto della volontà contraria degli elettori e lo aveva fatto con tratti di umanità che non aveva mai lasciato trasparire, a dispetto dei consigli dei guru della comunicazione. Dunque, un Renzi così tosto da ipotizzare uno scenario davvero di rottura: rimuovere la sconfitta referendaria e presentarsi da candidato premier alle elezioni anticipate col governo dimissionario. Uno scenario da brivido per tutti quei notabili del Pd che vedono in Renzi l’unico responsabile della batosta e infatti, se il piano del capo del governo si concretizzasse, le obiezioni di Dario Franceschini sarebbero destinate a trasformarsi in scontro. Se non cambieranno le cose, la linea di Renzi è chiara: domani la direzione del Pd sarà chiamata a votare un documento col quale si chiedono «elezioni prima possibile».
Perché oramai il disegno di Renzi è tracciato ed è quello di arrivare come candidato premier alle prossime elezioni Politiche, da celebrare il prima possibile. Mission da conseguire con ogni possibile escamotage. Dimettendosi anche da segretario del Pd. Un gesto clamoroso e plateale. per rifarsi una “verginità” e presentarsi al momento “giusto” all’appuntamento delle Primarie. L’”opzione-Cincinnato” è stata illustrata ieri mattina da Renzi nel colloquio con il Capo dello Stato, che ha usato tutte le perifrasi possibili per dissuaderlo. Con successo, pare. Anche perché Renzi ha capito che uscire di scena e rientrarci potrebbe risultare troppo macchinoso.
E d’altra parte una volta uscito da palazzo Chigi, per riconquistarsi la candidatura, per Renzi ci sarebbe una sola strada: vincere le Primarie del Pd. E per vincerle, può essere utile un accordo con l’ala “democristiana” del Pd. Le truppe di quest’area sono controllate dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha cominciato a dire in queste ore che «se si dovesse fare un governo politico», si dovrebbe tener conto di chi ha un peso dentro il partito. Cioè lui medesimo. Ma Renzi sa che da Franceschini non potrà mai venire un impegno formale a dimettersi, una volta fatta la legge elettorale. Renzi ha un rapporto personale migliore col ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, più cattolico che ex democristiano, le cui quotazioni ieri sono molto salite ma che deve scontare l’ostilità sorda di Franceschini. Per la guida di un governo politico di breve durata corre il ministro Paolo Gentiloni, che avrebbe l’aplomb ma è troppo vicino a Renzi per poterla spuntare. Ecco perché, nel gioco dei veti contrapposti, potrebbero riprendere quota i candidati (ieri in caduta) ad un governo breve: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il presidente del Senato Pietro Grasso.
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vivicentro/L’idea di Renzi: andare al voto a febbraio
lastampa/Il piano di rottura del premier sconfitto FABIO MARTINI
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