Alla Galleria ab/arte di Brescia fino al 17 dicembre
Da Zurigo a New York e Parigi per Brescia
con l’altra arte delle dadavanguardie
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ell’esclusiva mostra in Italia, “Dadavanguardie da neo a post e trans”, che parte dall’anniversario del centenario del Dada e da quella “altra arte” evocata, allestita a Brescia alla “Galleria ab/arte”, si rivelano i percorsi e i protagonisti che hanno rivoluzionato l’arte del primo Novecento fino alla pop art e alla transavanguardia degli anni Settanta, attraverso i movimenti artistici dall’Europa agli Stati Uniti d’America e non solo, fin dalle avanguardie storiche.
Un’importante, unica e completa mostra, curata dal giornalista, scrittore e critico d’arte Andrea Barretta, che ne dà i segni nell’ampia documentazione espositiva attraverso didascalie con approfondimenti e una lettura delle dinamiche artistiche e culturali che hanno prodotto un progetto trasversale dall’Espressionismo al Cubismo e al Futurismo, nel seguire con la Metafisica, il Surrealismo e l’Astrattismo, in un percorso che va da Man Ray a Rauschenberg, da De Chirico a Guttuso, da Mirò a Warhol e César, da Tano Festa a Rotella e Pistoletto, da Baj a Schifano e Del Pezzo, Chia, Carmi, Bianco, Dorazio, Pozzati, Munari.
Dal Cabaret Voltaire di Zurigo, dunque, siamo a Brescia con la mostra che presenta la sfida lanciata nel 1916 per decretare la “morte dell’arte”. Non è stato così. Anzi. C’è stato un rinnovamento e sono risultate tante sollecitazioni ancora oggi presenti nell’arte contemporanea.
“Quest’anno – scrive nella presentazione Andrea Barretta – si celebra il centenario del Dada, movimento artistico e letterario d’avanguardia sorto a Zurigo nel 1916 con importanti approcci a New York, Berlino e Parigi, dove si sciolse nel 1922. Una vita breve ma significativa e duratura per tutta la storia dell’arte tanto che da quegli anni ad oggi ancora se ne vedono tracce.
E l’occasione per questa mostra alla “Galleria ab/arte” di Brescia è quella di analizzare questa carica rivoluzionaria nell’arte attraverso alcuni dei suoi percorsi ad iniziare (1905) da quel movimento artistico che è stato definito “Espressionismo”, per arrivare al 1907, grazie a Picasso e Braque, con il Cubismo, per poi dalla Germania e da Parigi tornare in Italia con il Futurismo (1909) e con la Metafisica, che aprono un insieme di esperienze innovative succedutesi nel Novecento ante prima guerra”.
L’intento – spiega Barretta – era di perseguire la particolarità principale che risiedeva nello sperimentalismo e nel metodo che nasceva all’interno di gruppi formati per definire un metodo e per cambiare tutto, con la tendenza, tra movimenti e manifesti, a riferimenti politici e sociali. Fino a quella che viene considerata l’ultima delle avanguardie storiche: il Surrealismo, giacché il fenomeno delle avanguardie si spense intorno agli anni Trenta, mentre il Cubismo e il Futurismo affermarono influenze notevoli in Russia dove sorsero movimenti quali il Suprematismo e il Costruttivismo.
Non solo dada, però, né soltanto le avanguardie storiche, con tendenze progressiste nei confronti della tradizione in un ruolo che interesserà tutta l’Europa, ma quanto queste prime innovazioni produssero in quello che può essere considerato l’unico movimento somigliante per coesione nell’arte del Novecento: l’Astrattismo. E in questi anni di incertezze culturali, al grido di morte dell’arte, s’avanza dopo la Seconda guerra mondiale con la cosiddetta neoavanguardia a innovare un dibattito critico nell’uso dei linguaggi della società di massa, cui seguirà la transizione della postavanguardia sessantottina che si concluderà con la transavanguardia degli anni Settanta, fino a perdersi nella modernità con tutti i suoi post che contribuiranno a modificare totalmente il concetto di arte.
Quello che è certo – conferma il curatore – è che le avanguardie hanno creato un rinnovamento dei linguaggi artistici e hanno avviato la sperimentazione pur in anni difficili. Alla base c’era il disagio sociale e politico alimentato da un rifiuto della cultura dominante fino a mettere in discussione la stessa arte. Così la pittura italiana abbandona gradualmente l’esclusiva frequentazione con il realismo permettendo di presentare in importanti esposizioni un insieme organico diverso per un clima culturale – e politico – in cui le opere astratte sono mal giudicate rispetto a quelle figurative sfociate in un realismo sociale.
Sono gli anni di amalgami artistici e di comunanza tra artisti: nascono i “gruppi”. Nel 1947, a Roma, nasce il “Gruppo Forma” poi il “Gruppo Cobra” che rifiuta la tradizione e si oppone alla ricerca della bellezza e dell’armonia nell’arte. Parte il “Movimento Arte Concerta”, a Milano nel 1948, in contrasto con il realismo impegnato e all’informale irrazionale per arrivare a un post-informale e a un astrattismo geometrico. Segue la rielaborazione dell’oggetto d’uso quotidiano inserito nell’opera d’arte, mentre a Milano nel 1951 evolve il manifesto del “Movimento Nucleare” con alcuni dei fondatori del “Gruppo 58”, mentre a Roma si forma il “Gruppo degli otto”. Poi altre strade di ricerca artistica, ad esempio nello “spazialismo”, mentre irrompe il manifesto “Contro lo stile”, che rigettava ogni convenzione stilistica, e il gruppo “Azimuth” (1959) che chiamava a una pittura come “presenza modificante in un mondo che non necessita più di rappresentazioni”.
Il dissenso poi si esprimerà attraverso la dissoluzione della forma progettata e riconoscibile: è l’arte che si sviluppa tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con un linguaggio contrassegnato da velocità di esecuzione e improvvisazione tra percorsi inediti e sinergie. Ma è in arrivo la Pop art e il nuovo realismo, mentre a Roma ci sono gli artisti di Piazza del Popolo che rendevano la capitale a livello di New York e Parigi, nel culmine di una rivalutazione della cultura popolare e della pittura gestuale e materica che troverà linfa nell’appropriazione del reale e assumerà valenza oggettuale, anche con il “neo-dada” e l’arte povera nel “concettuale” travisato in una “non arte”.
Ci addentriamo, allora, in quegli anni attraverso una traccia non forzatamente cronologica (consapevoli di mancate citazioni) sulle sollecitazioni di artisti del Novecento in una dimensione esplicativa delle esperienze vissute, e ci sentiamo di interrogarci: cosa sarebbe l’arte oggi senza le vicende storiche di queste avanguardie, di movimenti, gruppi e correnti che s’incrociano con la testimonianza di avvenimenti che sono alla radice di un comune sapere?
La trama proposta da questa mostra, nelle intenzioni riuscite del critico d’arte Andrea Barretta, testimonia allora l’evolversi di eventi, figure e vicende significative, ed è un’occasione unica per il pubblico di scoprire, in una sorta di vasi comunicanti tra temi archetipi e suggestioni formali, l’idealismo di quegli anni legato al progredire della società e che oggi, forse, non è riuscito a superare del tutto l’individualismo esaltante che estremizzava tutto – anche l’arte – in una produzione artistica frutto di ambasce affliggenti viste le attuali … “retroguardie”.
Torna, dunque, a Brescia il piacere di una grande esposizione e la “galleria ab/arte” si propone come polo culturale di grande rilievo, a riprova del bello possibile e del si può fare cultura, e questa esauriente e qualitativamente adeguata mostra ne è la conferma, con un progetto di allestimento curato da Riccardo Prevosti, le relazioni esterne di Umberto e il coordinamento con i collezionisti di Gianni Eralio.
Roberto Sterri
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