L’ex attaccante del Napoli Gianfranco Zola ha rilasciato un’intervista all’edizione odierna del quotidiano Il Mattino: Era il 1990, lei aveva 24 anni e Maradona stava per chiudere la carriera a Napoli per ragioni non calcistiche: ultima partita di Diego in Coppa dei Campioni sul campo dello Spartak Mosca. «La ricordo benissimo. Giocammo sotto la neve, a un certo punto in campo non riuscivi piu’ a vedere. Diego era arrivato il giorno dopo a Mosca e parti’ dalla panchina». Si era rifiutato di volare con i compagni, chiuso in casa dopo una notte di eccessi. «Conoscevamo benissimo la sua situazione. A distanza di anni, faccio una riflessione esclusivamente calcistica: se Diego avesse giocato dall’inizio, forse sarebbe andata diversamente. Ma e’ passato tanto di quel tempo…». Napoli in testa alla classifica, con cinque punti di vantaggio sulla Juve. E domani c’e’ la sfida a Manchester contro il City, capolista in Premier League. «Quello che sostiene Guardiola a proposito del Napoli io da tempo lo dico in Inghilterra a coloro che mi chiedono degli azzurri: dallo scorso anno questa e’ la squadra che gioca in assoluto il migliore calcio. Merita tutti i punti che ha, li ha conquistati con il sacrificio e il gioco che e’ molto efficace, non solo bello da vedere». Da allenatore, cosa la colpisce della devastante macchina azzurra? «Ho studiato a fondo il gioco del Napoli. Mi piacciono le squadre che propongono un calcio piacevole e questo gli uomini di Sarri riescono a farlo perche’ hanno una grande capacita’ di uscire e di fare il massimo nella gestione del pallone, in qualsiasi situazione si trovino. Osservateli: non buttano mai via la palla e hanno una capacita’ unica di muoverla in spazi stretti. Sanno controllare la partita con fraseggi corti, sono bravissimi ad attaccare gli spazi. Le cifre sono significative: 12 gol in casa e 14 in trasferta, numeri che dimostrano la grande forza del Napoli, l’autorevolezza con cui gioca anche lontano dal San Paolo. Per gli avversari e’ complicato affrontare una squadra cosi’». A ventisette anni dal secondo scudetto, il vostro scudetto, questa parola non è più tabù ma si rincorre per la città, dagli impenetrabili spogliatoi di Castel Volturno alle caldissime piazze del tifo: c’è un sentimento, una convinzione, comune. «Mi auguro che sia l’anno giusto – dichiara Zola- . Per il Napoli e anche per il campionato perche’ negli ultimi sei anni c’e’ stato un assoluto dominio della Juve. Ecco, la vittoria del Napoli sarebbe una boccata di ossigeno per il campionato, oltre che un premio per il lavoro della squadra e la passione della citta’». Parlava dei quattordici gol fuori casa, l’ultimo lo ha segnato Insigne. Che gioca con la 24, ma meriterebbe di indossare quella 10 che venne ritirata diciassette anni fa in omaggio a Maradona. «Sono contento per Lorenzo, cresciuto notevolmente in questi anni. Ha saputo conquistare lo status di grande calciatore attraverso il lavoro, il gioco, i risultati, i gol importanti come quello alla Roma: tutto questo gli ha conferito autorita’. La regola vale oggi come ieri: un grande campione non nasce da un giorno all’altro, si costruisce nel tempo e Insigne si è conquistato tutto meritatamente in un contesto che lo valorizza. La 10? Parlo della mia esperienza personale. Il Chelsea volle ritirare la 25, il numero della mia maglia. Un grande gesto di attenzione, pero’ io sarei contento se il club volesse riassegnarla e lo dico sulla base dell’esperienza che feci a Napoli quando indossai la 10 di Maradona. Fu un onore e una responsabilita’, pero’ mi diede tanto sotto l’aspetto energetico. Uno stimolo in piu’. Potrebbe avere lo stesso effetto su Insigne, pero’ io non sono Diego, non tocca a me decidere. Maradona ha fatto qualcosa per la citta’ e la squadra, e ovviamente anche per il sottoscritto, da meritare eterna riconoscenza». A proposito di campioni che indossano altri numeri, Mertens porta la 14 ma gioca da 9. «E con ottimi risultati. Mi piace il suo modo di interpretare il ruolo di centravanti. L’ho fatto anche io nel Cagliari, quando avevo ai lati Esposito e Suazo. Mertens e’ un punto di forza di questo grande Napoli perche’ non e’ facile per un avversario adattarsi a quel particolare tipo di prima punta: il difensore ha bisogno di un punto di riferimento e, se di fronte hai il belga, questo punto di riferimento non c’e’. Sarri ha avuto un’idea geniale, pero’ questo ragazzo ci sta mettendo tanto del suo». Dalla Roma al City, due supersfide in quattro giorni. Si possono gestire il campionato, anzi il primato, e la Champions League senza pagare dazio? «E’ questo il nocciolo della questione. Non e’ una gestione semplice. La Champions toglie tanto a una squadra sotto l’aspetto delle energie e puoi avere problemi se non sei abituato a gestire le risorse. Questa e’ la chiave della stagione del Napoli. La Juve ha il vantaggio della rosa piu’ ampia, ad esempio». E domani c’è la Champions con questa elettrizzante sfida tra Guardiola e Sarri. «Due squadre che hanno un’identità definita, con punti di contatto e anche differenze tra un sistema e l’altro: Pep cerca di sfruttare di piu’ il gioco in ampiezza, Maurizio gioca sul breve. Il punto di contatto e’ il grande lavoro che fanno sull’espressione del gioco. Sara’ una gara bellissima. Il City ha un grande spessore tecnico ed e’ cresciuto in questa stagione, ma il risultato non e’ scontato perche’ dalla parte del Napoli ci sono ottimi giocatori, il lavoro e l’abnegazione. Il City parte con un leggero vantaggio, pero’ fossi in Guardiola starei attento».
Lascia un commento