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a tifoso di una squadra che non è la sua Juve, c’è stato un tempo in cui avrei preferito camminare a piedi nudi su un tappeto di vetri rotti piuttosto che scrivere queste righe Ma Antonio Conte se le merita tutte. E non solo perché, chiamato a guidare una leva calcistica tecnicamente modesta, ha dato un ripasso di calcio alla Spagna campione d’Europa. Dell’italiano verace il ct della Nazionale possiede il vittimismo, incorniciato su quel volto addolorato che ti scruta come se fosse in credito col mondo e con te. E poi la permalosità, la megalomania, l’irruenza disarticolata e pittoresca. Ma è uno dei pochissimi leader politici di questo Paese, se per politica si intende la capacità di avere sempre un’idea precisa del posto in cui si vuole andare. Conte ha l’energia visionaria di chi immagina un futuro improbabile, eppure possibile. E riesce a realizzarlo attingendo ai valori profondi del genio italico, che non sono l’estro e l’indisciplina, ma la volontà di soffrire e di offrire una dedizione ossessiva alla causa.

Il mio primo caporedattore sosteneva che lo sport e il giornalismo sono come l’amore: per farli bene bisogna essere eccitati. Il problema dell’Italia, intesa come popolo, è che siamo diventati flosci. La molla dell’entusiasmo si è inceppata, a furia di scattare a vuoto. Invece quella dell’Italia, intesa come Nazionale, è indistruttibile al pari della chioma del suo condottiero. Chapeau.

vivicentro.it/opinione lastampa/ Antonio Conte – Votantonio MASSIMO GRAMELLINI

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