Viviani materia viva, l’incontro a Palazzo Farnese con lo scrittore Maurizio De Giovanni, promotore della candidatura di Castellammare di Stabia a capitale italiana della cultura 2022.
Viviani, materia viva, l’incontro con lo scrittore De Giovanni
Maurizio De Giovanni, il papà del Commissario Ricciardi e dell’Ispettore Lojacono, a Castellammare di Stabia per parlare di Raffaele Viviani, nell’ambito della promozione della candidatura della Città a capitale italiana della cultura 2022
«Castellammare è già capitale della cultura, non deve aspettare nessuna nomina ma solo un riconoscimento» così Maurizio De Giovanni, il papà del commissario Ricciardi e dell’ispettore Lojacono, nell’aula consiliare di Palazzo Farnese, ieri pomeriggio, nell’ambito dell’incontro “Viviani, materia viva” volto alla promozione della candidatura della città per la capitale italiana della cultura 2022.
A
tal proposito, è di pochi giorni fa la notizia che il prossimo step di selezione dei dieci progetti finalisti è stato rinviato dal 12 ottobre al 16 novembre, ancora tempo, quindi, come ha detto De Giovanni, per studiare meglio il dossier e riconoscere il dovuto merito alla città.
L’incontro è stato moderato da Renato Rizzardi, alla presenza del sindaco Gaetano Cimmino e di Domenico Picone, presidente del Comitato d’onore di cui lo stesso De Giovanni fa parte.
Ricordiamo che il 62enne scrittore partenopeo è attualmente, caso unico in Italia, presente nelle produzioni Rai con ben tre delle sue storie che presto vedremo sul piccolo schermo: i Bastardi di Pizzofalcone di cui aspettiamo con trepidazione la seconda stagione e le nuove fiction sul commissario Ricciardi e l’assistente sociale Mina Settembre, protagonisti principali rispettivamente, Alessandro Gassman, che pochi giorni fa è stato proprio a Castellammare a girare alcune riprese per una puntata de I Bastardi, Lino Guanciale e Serena Rossi, senza dimenticare la presenza di due attori stabiesi quali il grande Gianfelice Imparato e Antonio Milo.
Dopo l’excursus, a cura di Pierluigi Fiorenza, nelle opere e nel genio di Raffaele Viviani, la parola è passata allo scrittore che ha mostrato, durante tutto il tempo del suo intervento, una vera e viva passione per Castellammare e per l’opera dello stabiese scugnizzo drammaturgo. Una passione che, forse, neanche tra gli stessi concittadini di Viviani è dato spesso di notare e che invece De Giovanni ha sottolineato ed enfatizzato con grande maestria e sapienza, segno di una vasta e solida cultura di base «La grandezza di Viviani sta nel fatto che la sua è un’opera di struttura popolare; se non avesse scritto in dialetto napoletano probabilmente avrebbe potuto vincere il Nobel per la letteratura» precisando che la cultura popolare, di cui Castellammare di Stabia è espressione nella sua totalità, è rara e complicata, perché deve arrivare a tutti e quella di Viviani è autenticamente “popolare” in quanto, mentre il pur grandissimo Eduardo De Filippo, altro premio Nobel mancato secondo De Giovanni, per esempio, ci ha mostrato ritratti perlopiù di “interni”, la sfida di Viviani è stata quella di rappresentare la “strada” nella sua più vera essenza «Prendete ad esempio la poesia “Fravecature” (ascoltatela cliccando QUI) di Viviani – continua lo scrittore – ma quanta attenzione c’è, non nel dolore per l’operaio morto cadendo dal quinto piano, ma nella comunicazione del dolore alla povera vedova mentre il capocantiere l’accompagna in ospedale». Alla domanda se, quindi, alla luce delle difficoltà e del limite rappresentato dal dialetto in cui sono scritte le sue opere, Viviani non avrebbe avuto miglior fortuna con una traduzione in italiano, Maurizio De Giovanni si oppone deciso precisando con vigore che «E’ l’italiano un problema, non il dialetto. Il napoletano non è un dialetto poi, è una lingua, ed è una vergogna che non esista ancora una cattedra di lingua napoletana, laddove in Calabria, per citarne una, hanno la cattedra di albanese antico» lingua dei sentimenti, dunque, lingua napoletana come linea che unisce i trattini rappresentati dai sentimenti.
Interrogato sulla drammaturgia contemporanea, lo scrittore scarta il giudizio sulla produzione ricordando che « … l’ultima cosa veramente nuova è stata la tragedia greca, oggi originale può essere il modo di raccontare, non il contenuto»
Pur con tutte le perplessità permanenti su questa candidatura, sul suo dossier ancora secretato, su alcune assenze eccellenti del territorio quali possono essere quelle dei professori Emma Giammattei e Matteo Palumbo, delle quali ignoriamo i motivi, ma che sarebbe stato bello, interessante e costruttivo per tutti noi immaginare a conversare e confrontarsi ieri con Maurizio De Giovanni, l’incontro di ieri e il fervore mostrato dallo scrittore ci lascia un vivo sentimento di soddisfazione nell’appartenere alla grande famiglia di questo “genitore culturale”, come l’ha definito lo stesso De Giovanni, che è Raffaele Viviani.
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