Vittorio Emanuele III, in Piemonte o al Pantheon? OPINIONI
Ormai è ufficiale: i reali d’Italia, Vittorio Emanuele III e la moglie Elena di Montenegro, sono rientrati discretamente in patria per la sensibilità del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e con l’assenso del governo Gentiloni. Si tratta di due compatrioti e la pietas impone il rispetto che si deve a chi non è più.
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a riaperta la tomba del “re soldato”, inevitabilmente, in Italia si riaprono ferite non ancora del tutto rimarginate, rispetto a sensibilità umane e politiche differenti se nono diametralmente opposte e conflittuali. I Savoia eredi reclamano il Pantheon di Roma per il loro antenato ed, invece, una maggioranza di cittadini italiani storcono ancora il naso, solo a sentire il nome dei Savoia. I nobili sono legittimisti e ritengono che un re debba restare sempre re, anche da morto e che gli spettino sempre, anche in sepoltura, le prerogative del suo rango.
Ma ormai siamo in democrazia e tanto apparato il comune sentire dei cittadini repubblicani non lo condivide. I nostri Presidenti della Repubblica morti sono seppelliti nei comuni cimiteri delle città. Pertini è tornato nella sua Stella, in quel di Savona, per esempio.
Ricordando Vittorio Emanuele, c’è chi comincia ad enumerare tutte le manchevolezze, che buona parte dei contemporanei gli attribuirono. L’ingresso in guerra, non indispensabile nel conflitto mondiale del ‘15-’18; l’avallo del fascismo (1922) e delle sue scelleratezze: delitto Matteotti (1924), carcerazione ventennale di Gramsci, leggi razziali, la vigliacca dichiarazione di guerra alla Francia già martoriata (1940), il vile abbandono di Roma e l’ignominiosa fuga verso Brindisi (1943) insieme a tutta la corte.
Sono fatti che ancora pesano nella coscienza collettiva nazionale, o almeno in una parte consistente di essa.
Ferite torpide, che a toccarle bruciano ancora nella carne non del tutto guarita e che rischiano di riaprirsi e vomitare pus e materia non ancora metabolizzate del tutto.
La figura di un re per definizione unisce, perché rappresenta l’unità della nazione. Ma se solo la sua memoria crea dissensi e lacerazioni, allora non unisce più, ma disunisce e scompiglia un equilibrio nazionale, già fragile per le difficoltà che vive nell’oggi. Un simile sovrano deve tornare al rango di ex. Tanto rispetto per la tormentata esistenza di uomo. Ma di onori reali credo che non sia più il caso di parlarne e di lasciare perdere il miraggio del Pantheon. Almeno per il momento. “Ai posteri l’ardua sentenza…”.
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