span style="color: #ffffff;">EUROPA –
Il «caso Austria» che ha preso tutti in contropiede nei mesi scorsi, va verso un risultato sconcertante. Dovremo aspettare sino all’ultimo scrutinio per sapere chi sarà il vincitore. Ma lo sarà – con tutta verosimiglianza – di strettissima misura.
Eppure il risultato oggettivo della consultazione è chiaro. Il candidato dell’estrema destra Norbert Hofer, qualunque percentuale ottenga, non ha raggiunto l’obiettivo di avere con sè la grande maggioranza degli elettori nella sua politica di chiusura verso i migranti. Ma il verde Van der Bellen, capo della coalizione «progressista» , ha davanti a sé un compito difficilissimo anche se dovesse uscire vincente. Gli elettori austriaci sono spaccati a metà.
Il campanello d’allarme del grave e ancora irrisolto problema della migrazione di massa in Europa e delle paure che ha creato, continuerà a suonare forte. Il fenomeno della migrazione da problema colpevolmente ignorato e rimosso, è diventato in meno di un anno la questione cruciale per la governabilità interna, nazionale. E per la governabilità della stessa Unione europea. Il «caso Austria», visto nella sua genesi e nelle modalità con cui si sta sviluppando, deve convincere tutti i governi europei a trovare subito un’intesa che eviti la polarizzazione distruttiva e sterile della popolazione.
è inutile riandare ora agli errori commessi dal governo di «grande coalizione» austriaco nei mesi scorsi, pagati poi con una umiliante sconfitta elettorale. Preso alla sprovvista, ha tardivamente e malamente reagito alle preoccupazioni crescenti nella gente per una presunta invasione di migranti prospettando la decisione della chiusura del Brennero. Questa proposta, meditata o imprudentemente minacciata che fosse, ha dato all’intera questione una dimensione simbolica e storica eccezionale. Ha colpito e ferito la prospettiva che sembrava realizzata di una «regione europea» che comprendesse Tirolo austriaco, Alto Adige/Sudtirolo e Trentino. Ha sollevato verso l’Italia accuse di inadempienza dei patti di controllo della migrazione, riattivando vecchi risentimenti storici. Quello che maggiormente ha disturbato e amareggiato è stato (ed è tuttora?) il sospetto reciproco tra Roma e Vienna. Un sentimento a stento nascosto dalla cortesia diplomatica. Tutto questo ora va rimosso. E naturalmente l’Italia, indirettamente coinvolta nel caso austriaco, deve smentire una volta per tutte nei fatti la cattiva fama di essere poco affidabile negli impegni presi.
Ma è soprattutto la Commissione europea che deve riguadagnare la sua autorevolezza per imporre a tutti gli Stati i doveri di accoglienza regolata e controllata, secondo le regole condivise. I governi nazionali devono avere il coraggio di accettare e applicare queste regole, a costo di qualche perdita di popolarità pur di evitare fratture insanabili all’interno della popolazione.
Torniamo all’Austria, alla sua posizione geopolitica e alla prossimità con un altro confine, quello tedesco che non a caso da qualche tempo è rafforzato nei controlli dichiarati di routine. Il governo tedesco nei mesi scorsi, anche davanti alla minacciata «chiusura» del Brennero, non ha avuto sempre un comportamento limpido. Non è mancato il sospetto di una certa tollerante connivenza presso qualche politico influente, che avrebbe portato vantaggi anche alla politica di controllo delle frontiere tedesche. Ci aspettiamo che tutta l’area geopolitica che guarda alla Germania (e che un tempo si fregiava con orgoglio di appartenere alla civiltà della Mitteleuropa) si metta decisamente sulla strada dell’accoglienza della migrazione ordinata ma efficace nel quadro europeo.
vivicentro.it/editoriale – Da Vienna ultima chiamata per l’Europa GIAN ENRICO RUSCONI
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