Come scrive Stefano Stefanini, con Donald Trump in arrivo e il G7 alle porte, il Paese dovrà affrontare due dossier strategici: “L’attenzione ai flussi migratori e la difesa del libero commercio mondiale da barriere protezionistiche”.
Vista l’importanza dei temi, il vertice di Taormina rischia di avere “un’agenda troppo carica”.
Al G7 serve un’agenda pragmatica
N
on sono messaggi facili. Il primo trova resistenze europee, il secondo si scontra con gli istinti protezionisti della nuova amministrazione americana, e con le promesse elettorali del candidato Trump. Ma riflettono forti interessi nazionali. Bisogna evitare che finiscano nella palude di un’agenda a 360° e ricevano una trattazione solo di maniera.
La partita si gioca in pochi giorni. Venerdì, quando ospita i leader del G7 a Taormina, l’Italia avrà un fuggevole ruolo di primus inter pares nel Club dei grandi occidentali. Giovedì il presidente del Consiglio partecipa al mini-vertice Nato a Bruxelles; mercoledì il Presidente della Repubblica riceve il presidente americano al Quirinale.
Questa settimana Roma farebbe bene ad accantonare per un attimo le ansie elettorali per concentrarsi sugli appuntamenti internazionali. Questa felice combinazione non si ripresenterà facilmente.
Per Roma può essere utile concentrarsi sugli specifici interessi nazionali, resistendo alla tentazione di mettere troppa carne al fuoco. L’Italia non può che sostenere la difesa dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e dell’accordo nucleare con l’Iran, specie dopo la rielezione di Rohani, ma non ha bisogno di fare da capofila. Ci penseranno altri.
Sull’immigrazione invece Roma è pressoché isolata in Europa. Chiuso il rubinetto balcanico, l’Ue si ostina a non riconoscere nei flussi dall’Africa una bomba a orologeria a lungo termine. Neppure la stabilizzazione della Libia la disinnescherebbe. La pressione è demografica, alimentata da fattori climatici, povertà e conflitti. La destinazione degli africani sarà l’Europa, ma gli spostamenti della popolazione toccano anche le Americhe e l’Europa. Trump è il primo a saperlo. Se Bruxelles fa orecchi da mercante al campanello migratorio, non resta che investirne il G7.
Il commercio internazionale è già al centro dell’agenda. Europei, canadesi e giapponesi sono tutti alleati per contenere le implicazioni del nazionalismo economico trumpiano. Pur con qualche concessione alle esigenze di Washington, come sta già avvenendo in Nord America con la rinegoziazione del Nafta, il G7 dovrà cercare di mantenere aperte le porte della libertà commerciale.
Le esportazioni italiane verso gli Usa si tutelano anche sul piano strettamente bilaterale. La sequenza temporale, Quirinale-Bruxelles-Taormina, ci permette di sincronizzare l’approccio al G7 con i rapporti Roma-Washington in era Trump. Abbiamo messo la prima pietra con la visita di Gentiloni a Washington; il presidente Mattarella ha l’opportunità di cementarla. Trump sta appena cominciando ad affacciarsi sulla scena mondiale e si mostra reattivo ai riscontri ricevuti nei primi incontri.
Il presidente americano opera su una base transattiva: do ut des. Gli interlocutori devono sapere sia cosa chiedere sia cosa dare. In aggiunta alle priorità per il G7, immigrazione e commercio internazionale, sul piano bilaterale l’Italia vuole innanzitutto continuare a contare sull’appoggio americano in Libia. Cosa può offrire in cambio? Trump non si accontenterà di belle parole. Viene in Europa per rassicurare alleati e partner; a casa, dove lo attendono non poche preoccupazioni, non può però tornare a mani vuote.
All’Europa Donald Trump chiede principalmente due cose, in agenda dell’incontro alla Nato: più spese per la difesa; l’impegno dell’alleanza contro terrorismo e Isis. In base al do ut des un aiuto italiano su entrambe sarebbe reciprocato. E’ avvenuto così con Xi Jingping.
A Taormina e, più avanti, nel rapporto col presidente americano, l’Italia incasserà quello che avrà investito nell’incontro bilaterale al Quirinale e nella posizione del presidente del Consiglio al vertice Nato.
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vivicentro/Il vertice di Taormina rischia di avere ”un’agenda troppo carica”
lastampa/Al G7 serve un’agenda pragmatica STEFANO STEFANINI
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