L’altra faccia è rappresentata da Ventimiglia dove si registra un boom di arrivi, centinaia di persone che dormono lungo il fiume con un’unica richiesta: «Fateci andare in Francia».
Ventimiglia, due anni dopo torna l’assedio al confine. “Fateci andare in Francia”
Boom di arrivi, in centinaia dormono lungo il fiume
VENTIMIGLIA (IMPERIA) – «Basta, non si può prendere un caffè che arriva la fila di chi chiede l’elemosina!». La signora in gonna di jeans sbotta al tavolino del bar. Emmanuel si allontana e borbotta. Capo rasato, giubbotto nero, infila in tasca il cappellino marrone che utilizza per la questua e si guarda intorno, un po’ smarrito. «Sono arrivato qui, tornare indietro non posso, in Francia è impossibile arrivare», racconta. Ha 25 anni, ci spiega ancora «e se qualcuno mi desse la possibilità di guadagnarmeli, questi soldi, lo farei, non li chiederei in giro. Ma è impossibile».
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L
a signora, forse, non è insensibile e sgarbata, ma solo innervosita. Forse anche molto preoccupata. Ventimiglia da anni porta sulle spalle, quelli di una cittadina di 25 mila abitanti, il peso di un’immigrazione che si schiaccia qui, premendo contro un confine inviolabile. Tutti i problemi rimangono da questa parte: di là della vecchia dogana di Ponte San Ludovico Mentone è un miraggio inarrivabile. Così i migranti sono tornati a bivaccare dove hanno sempre fatto: sulle sponde del fiume Roia, alla sua foce, sulla spiaggia. Sono ovunque: chiedono qualche spicciolo, qualcosa da mangiare. Dormono sulle panchine, nei giardini, nelle aiuole, mangiano al campo o alla chiesa delle Gianchette, dove arrivano anche i volontari francesi.
A snocciolare il dato che più preoccupa è Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana. «L’altra mattina, mercoledì, abbiamo dato da mangiare a 435 persone, quando la media fino ai giorni precedenti era stata di 150». È il segno di un’impennata improvvisa, non graduale, del numero degli arrivi in città. Per chi ha visto l’apocalisse, a Ventimiglia negli anni scorsi, il livello di guardia non è ancora superato. Però era iniziata proprio così, nel maggio di due anni fa. Arrivi sempre più frequenti e numerosi, finché il 13 giugno la Francia decise di blindare la frontiera.
I migranti, a centinaia, incalzati dalla polizia italiana che voleva sgomberarli dal grande piazzale al confine (ora reso impraticabile da grossi massi), fuggirono sugli scogli dei Balzi Rossi e si accamparono lì, fino al definitivo sgombero del 30 settembre. Una crisi durata 109 giorni che Ventimiglia non vuole più vedere e i segni premonitori che affiorano in questi ultimi giorni destano inquietudine, risvegliano preoccupazioni. «Ricordiamo – aggiunge ancora il direttore della Caritas – che se ci troviamo in questa situazione la colpa è della Francia: ha chiuso il confine discriminando chi cerca di varcarlo sul colore della pelle, respinge persino i minorenni da soli». Ma le recenti polemiche sulle Ong e i 68 arresti per lo scandalo dell’accoglienza a Crotone hanno lasciato il segno tra chi ha sempre aiutato la Caritas? «È presto per dirlo, ma certamente c’è turbamento, la gente purtroppo fa di ogni erba un fascio». Invita alla calma il sindaco Enrico Ioculano, Pd: «Stiamo reggendo, i disagi sono ridotti, vorrei vedere altre città nelle nostre condizioni».
I gendarmi, alla vecchia dogana, fanno la faccia dura da anni, figuriamoci ora che Schengen è sospesa, dal 10 maggio e fino al 30, per il G7 di Taormina. Obbligatorio mostrare il documento, aprire il bagagliaio, far passare l’abitacolo ai raggi X. Eppure qualcuno, negli anni, è riuscito a passare. «Lo suggerisce la logica – spiega il responsabile del campo della Croce Rossa Walter Muscatello – perché da quando la nostra struttura è aperta sono transitate qui 11 mila persone e oggi ce ne sono 150. Sì, qualcuno ce l’ha fatta». Gli altri, invece, sono stati ricacciati indietro, al ritmo di 50 al giorno.
Qualcuno non è più tornato. Ci sono stati sette morti in sette mesi, dal 9 settembre dell’anno passato. Sfracellati ai piedi dei piloni dell’autostrada, travolti dai Tir o dai treni nelle gallerie ferroviarie, oppure folgorati sul tetto dei vagoni. Oppure giù, come nell’ultimo caso del 21 aprile, dal Passo della Morte. Solo una di loro, una ragazza di 17 anni, ha avuto un nome e cognome. Gli altri? Fantasmi. Chi è costretto a tornare in Italia che fine fa? Almeno due sere la settimana arrivano a Ventimiglia i grandi pullman della polizia, gli agenti controllano le strade della città, li invitano a salire a bordo. La destinazione più frequente? L’hotspot di Taranto. C’è però chi non si arrende mai. Il Papillon delle evasioni dal centro pugliese si chiama Achmed Omar, ha trent’anni, è sudanese. Per quattro volte è fuggito, è tornato a Ventimiglia, ha provato a passare il confine. Per quattro volte è stato riacciuffato dalla polizia francese e riportato in Italia.
Il nuovo afflusso dei migranti in città si scontra con un problema. Proprio il centro della Cri, dopo un incendio (non doloso) di alcuni moduli abitativi, può ospitare solo 250 persone quand’era arrivato, nei momenti più difficili, ad accoglierne 900. Ovvio che non bastino. «Ma non ci sarà – ci rivela un poliziotto – una nuova estate dei migranti sugli scogli». Rivela il piano che sottintende un accordo: «Se proveranno a varcare il confine in massa, non li fermeremo: ci penseranno i francesi, che sono già pronti per l’eventualità e si fanno meno problemi di noi».
vivicentro.it/cronaca
vivicentro/Ventimiglia, boom di arrivi. Centinaia di persone chiedono: «Fateci andare in Francia»
lastampa/Ventimiglia, due anni dopo torna l’assedio al confine. “Fateci andare in Francia” MARCO MENDUNI – INVIATO A VENTIMIGLIA (IMPERIA)
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