OGGI l’Europa si trova a un bivio. La crisi del debito non è del tutto terminata, e in molti Stati membri la disoccupazione rimane elevata. L’ascesa del terrorismo e l’ingente afflusso di profughi sono dei problemi che non potranno rimanere senza risposta. In Francia come in Germania, qualcuno può avere la percezione che la solidarietà europea, su questi due punti, sia carente. Altri arrivano addirittura a rimettere in discussione il progetto europeo, e le tendenze nazionaliste in diversi Stati membri si stanno accentuando. Tuttavia, come cittadini europei impegnati, noi siamo del parere che il futuro dell’Europa non possa poggiare su una rinazionalizzazione, ma al contrario debba passare attraverso un rafforzamento delle sue basi. Gli europei condividono valori forti, un modello sociale equo e una moneta solida. È questo il patrimonio su cui dobbiamo costruire. Premesso ciò, va detto che la crisi del debito sovrano ha scosso la fiducia nell’Unione economica e monetaria europea. Malgrado le differenti misure in atto per migliorare la stabilità della moneta unica, il quadro strutturale presenta insufficienze gravi. Non solo: la zona euro patisce la debolezza della crescita economica. Se è vero che la politica monetaria ha apportato sostegno all’economia della zona euro, è vero anche che non è in grado di generare una crescita duratura, dunque non costituisce l’argomento principale di questo editoriale. Sono necessare altre politiche economiche. Per rafforzare la prosperità e la stabilità della zona euro è necessario erigere tre pilastri economici: programmi di riforme strutturali nazionali portati avanti con determinazione, un’unione ambiziosa di finanziamenti e investimenti e una gestione migliore dell’economia.
Il fardello demografico. Programmi di riforme strutturali condotti con determinazione sono essenziali per rafforzare crescita e occupazione. Cominciamo dalla Francia: il funzionamento del mercato del lavoro necessita di miglioramenti e va affrontato il dualismo fra contratti a tempo determinato e indeterminato; al di là del credito di imposta per competitività e occupazione, sono necessarie altre misure per ridurre il costo degli impieghi non qualificati; il sistema di istruzione e formazione va riorganizzato per creare vie d’accesso al lavoro per i giovani, la promozione dell’apprendistato potrebbe rappresentare la via migliore. Sui mercati di beni e servizi, la concorrenza va rafforzata sopprimendo le barriere in entrata e in uscita, in particolare nei servizi. Sul debito pubblico, si dovrebbero proseguire gli sforzi intrapresi per raggiungere livelli più sostenibili: la disciplina di bilancio va rafforzata con una gestione più rigorosa delle spese.
Anche la Germania, a dispetto della situazione economica più favorevole, deve proseguire sulla strada delle riforme: le tendenze demografiche dovrebbero comportare una diminuzione della popolazione attiva, e l’afflusso di rifugiati a cui assistiamo non cambierà le cose in modo significativo. Il risultato sarà un rallentamento della crescita nel lungo periodo. Due sono le leve principali per agire: innalzare l’età di pensionamento, per allinearla all’aspettativa di vita, e accrescere il tasso di attività, in particolare incoraggiando più donne a prendere parte al mercato del lavoro. I servizi per l’infanzia e i servizi educativi vanno migliorati e sviluppati. Il sistema fiscale e di ridistribuzione tedesco può essere modificato per stimolare la ricerca di un impiego retribuito. È necessario varare misure decise per garantire ai rifugiati che resteranno nel Paese le conoscenze linguistiche e le competenze professionali necessarie per trovare lavoro. Inoltre, gli ostacoli all’aumento della produttività potrebbero essere eliminati riducendo le barriere in entrata, per esempio con la liberalizzazione e la deregolamentazione delle professioni, o con la rimozione dei vincoli alla creazione di un’impresa.
Un’insufficiente mobilizzazione del risparmio.
Oltre a riforme strutturali su scala nazionale, sono necessarie misure a livello europeo per rafforzare la crescita. La soppressione delle barriere esistenti alla creazione di un mercato comune nei servizi e nel digitale consentirebbe di moltiplicare i benefici prodotti dall’integrazione dei mercati dei beni.
La seconda tappa importante sulla strada del rafforzamento della zona euro riguarda l’implementazione di un programma ambizioso di “unione dei finanziamenti e degli investimenti”. Infatti, una delle sfide principali riguarda il paradosso di un risparmio abbondante che non viene sufficientemente mobilizzato per investimenti produttivi. L’Europa può fare di più per colmare il divario, l’emissione di azioni sembra l’evoluzione più promettente. In Europa il peso dell’emissione di azioni fra gli strumenti di finanziamento delle imprese è la metà che negli Stati Uniti, mentre il finanziamento attraverso il debito è il doppio. Questo è un problema, perché il finanziamento attraverso l’emissione di azioni è il modo migliore per condividere i rischi e le opportunità, e per sostenere l’innovazione. Per esempio, il mercato borsistico americano, caratterizzato da una forte integrazione, è in grado di ammortizzare il 40% di uno shock economico che interessa un singolo Stato, perché i guadagni e le perdite delle imprese vengono distribuiti fra i proprietari sull’insieme del territorio.
Condivisione di sovranità. Nella zona euro, questa forma di condivisione dei rischi è quasi inesistente. Avvicinarsi ai livelli Usa consentirebbe di diventare un’unione monetaria più solida. Il progetto della Commissione europea di creare una “unione dei mercati dei capitali” offre risposta ad alcuni problemi. Prese singolarmente, iniziative come “l’unione dei mercati dei capitali”, il piano Juncker per gli investimenti e il completamento dell’unione bancaria (una volta soddisfatte le condizioni preliminari) non sarebbero realmente significative, mentre sotto una forma più razionalizzata e ribattezzata “unione dei finanziamenti e degli investimenti” riuscirebbero, collettivamente, a canalizzare meglio il risparmio verso investimenti produttivi.
Infine, sulla politica economica e di bilancio, è necessario rafforzare la governance della zona euro. L’asimmetria fra sovranità nazionale e solidarietà comune costituisce una minaccia per la stabilità della nostra unione monetaria. Sfortunatamente, il quadro di coordinamento che era stato istituito come meccanismo di salvaguardia non è bastato a evitare il deterioramento delle finanze pubbliche e l’accumulo di squilibri economici, come ha dimostrato in particolare la crisi greca. Ci troviamo a un bivio e la domanda a cui rispondere ora è: come uscire da questa situazione subottimale? Una maggiore integrazione appare la soluzione più semplice per ripristinare la fiducia nell’euro, perché favorirebbe strategie comuni su finanze pubbliche e riforme e, di conseguenza, favorirebbe la crescita. A tal fine, sarebbe necessario che gli Stati membri della zona euro acconsentissero a una condivisione della sovranità e dei poteri a livello europeo, cosa che comporterebbe una più grande responsabilità democratica.
In questo nuovo contesto, la zona euro poggerebbe su una base istituzionale più solida, che dovrebbe fondarsi sull’idea centrale dell’integrazione monetaria europea, quella per cui l’Unione economica e monetaria apporta stabilità e crescita. Concepire il nuovo quadro è un compito che spetta ai leader politici, ma potrebbero partire, per esempio, dai seguenti elementi: un’amministrazione europea efficace e meno frammentata per costruire un Tesoro unico per la zona euro, con un consiglio di bilancio indipendente; un organo politico più forte per prendere le decisioni politiche, sotto il controllo del Parlamento. Queste nuove istituzioni consentirebbero di ristabilire l’equilibrio fra responsabilità e controllo.
Responsabilità e controllo. Tuttavia, se i governi e i Parlamenti della zona euro dovessero tirarsi indietro sulle implicazioni politiche di un’Unione vera e propria, l’unica opzione rimarrebbe un approccio decentralizzato fondato sulla responsabilità individuale e su regole più stringenti. In questo scenario, le regole di bilancio, già rafforzate, con il fiscal compact e il semestre europeo, dovrebbero essere completate. In questo sistema di maggiore responsabilità individuale, dovremmo assicurarci anche che il rischio, compreso quello legato alle esposizioni debitorie degli Stati, venga tenuto in considerazione da tutti gli operatori, non foss’altro che per ridurre la vulnerabilità delle banche in caso di turbolenze che interessano il debito sovrano.
Inoltre, sarebbe necessario esaminare come coinvolgere meglio gli investitori privati nei piani di salvataggio previsti nel quadro del Meccanismo europeo di stabilità, e come concepire un processo di ristrutturazione del debito sovrano che non metta a rischio la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso. Andare in questa direzione consentirebbe di conservare la sovranità nazionale in seno alla zona euro, con un livello di solidarietà conseguentemente più basso. È questa l’altra opzione nella direzione di un riequilibrio fra responsabilità e controllo.
* Jens Weidmann è presidente della Bundesbank, François Villeroy de Galhau è governatore della Banca di Francia
(Traduzione di Fabio Galimberti)
* Jens Weidmann è presidente della Bundesbank, François Villeroy de Galhau è governatore della Banca di Francia
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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i JENS WEIDMANN e FRANCOIS VILLEROY DE GALHAU *
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