La questione si ripresenta ogniqualvolta un Comune decide di interrompere il servizio idrico ad un cittadino che non paga.
È il caso di un Comune della provincia di Messina, Furci Siculo, dove il Sindaco leghista avrebbe emanato un avviso che dal 1° aprile nelle case delle famiglie morose sarà tagliata l’acqua e che non saranno più concesse deroghe.
Il documento: “L’Amministrazione Comunale avvisa che dal prossimo 1 aprile l’Ufficio Tecnico, insieme al Corpo di Polizia Municipale, riprenderà l’attività di sospensione del servizio idrico per le utenze domestiche in stato di morosità. La stessa iniziativa è stata già efficacemente portata a termine per le utenze commerciali, che hanno risposto pagando subito i debiti arretrati. Per sanare la propria posizione i cittadini potranno recarsi, anche previo appuntamento, presso l’Ufficio Tributi (Servizio Acquedotto), dove potranno consultare la propria situazione debitoria e saldare tutto quanto dovuto. Sarà anche possibile effettuare i pagamenti tramite il nuovo servizio POS che gli Uffici Comunali metteranno a disposizione, senza commissioni e costi aggiuntivi. Si invitano dunque i cittadini interessati ad attivarsi sin da ora adempiendo ai propri doveri ed evitando le spiacevoli conseguenze imminenti”.
La giurisprudenza sul punto è in parte divisa tra chi ritiene ciò illegittimo (almeno senza previa autorizzazione del giudice) e chi invece lo consente. Per superare l’ostacolo ed evitare di subire azioni di responsabilità, gli amministratori tendono ora a farsi prima autorizzare dal Tribunale presentando un ricorso d’urgenza. Il procedimento è volto a ottenere un’ordinanza con cui viene consentito di interrompere il servizio come appunto l’acqua potabile.
Secondo una ord. del 17.07.2015 del Tribunale di Alessandria, lecito sospendere la fornitura d’acqua (in realtà non sospesa del tutto, ma soltanto ridotta) effettuata da parte dell’ente erogatore a causa della persistente morosità.
In senso contrario si era pronunciato il Tribunale di Brescia con sent. del 29.09.2014, secondo cui tra i servizi suscettibili di godimento separato e dunque di sospensione non rientra l’acqua potabile. L’erogazione del servizio idrico difatti non spetta al condominio ma all’impresa di somministrazione che è, in effetti, il solo soggetto che si cura della materiale fornitura. Il condominio, benché firmatario del contratto con la società, è solo un intermediario sul quale grava l’onere di anticipare il corrispettivo dovuto dai condomini, effettivi beneficiari del servizio. Di conseguenza l’acqua potabile non potrebbe essere suscettibile di godimento separato e quindi staccata a chi non è in regola con i pagamenti.
Altrettanto analogamente ha deciso il tribunale di Modena con una ord. del 5.06.2015.
Tuttavia nella innumerevole ermeneutica giuridica italiana si accostano altre pronunce a cui bisogna prestare attenzione, specialmente quando di terzo grado. Infatti la Cassazione con sent. n. 47276 del 5.11.2015 ha confermato il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni Art. 392 cod. pen. (Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa) a carico di colui che, nella sua qualità di gestore di un residence, disattiva la derivazione della corrente elettrica verso l’unità abitativa di un condomino moroso nel pagamento di utenze condominiali; secondo la Suprema Corte l’imputato, seppure non sia il rappresentante della società che amministra il condominio, si deve ugualmente considerare come il gestore di quest’ultimo quando agisce in maniera costante per conto della suddetta società, provvedendo direttamente a pagare le spese condominiali e le utenze elettriche.
Nel frattempo è stato emanato il 29 agosto 2016 il decreto del presidente del consiglio dei ministri (d.p.c.m.) pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 241 del 14 ottobre 2016, con cui si è deciso di diversificare il trattamento in base alle tipologie di utenza (domestiche residenziali, seconde case, commerciali) e di tutelare in ogni caso i soggetti che sono in condizioni socio-economiche disagiate. A questi ultimi sono infatti garantiti in ogni caso 50 litri di acqua al giorno per persona. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha compito di disciplinare nel dettaglio la materia. In primo luogo deve individuare le «condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale» in base alle quali gli utenti che non sono in regola con i pagamenti hanno diritto ai 50 litri di acqua a persona. Al di fuori dei casi di disagio economico-sociale, l’impresa può interrompere la fornitura idrica solo se il debito dell’utente è maggiore una certa soglia (corrispettivo annuo dovuto in relazione al volume della fascia agevolata).
Di recente, con ordinanza del 8.02.2019, il Tribunale di Cassino in totale accoglimento del ricorso cautelare avanzato dall’utente, ha ordinato al gestore idrico ACEA ATO5 di “procedere immediatamente alla riattivazione del servizio idrico posto a servizio dell’abitazione della ricorrente sita nel Comune di Arpino…” condannando al contempo ACEA ATO5 alla refusione delle spese di lite.
Come si vede, la questione, taglio non taglio, non è così giuridicamente scontata, da lato dell’ente erogatore e dall’altro dell’utente moroso.
A
dduso sebastiano
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