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roina, piccola cittadina sui Nebrodi – nel cuore della Sicilia – con poco meno di 10 mila abitanti, scarsamente conosciuta dai più per essere stata capitale del regno Normanno, è invece molto famosa per il suo ospedale. Si tratta di una struttura socio-sanitaria di eccellente livello che, in mezzo a tante realtà mediocri circostanti, costituisce veramente un’oasi di ristoro per malati e sofferenti di malattie neurologiche. Ed, in effetti, così volle appunto chiamarla – “Oasi Maria SS.” – il suo vulcanico e geniale fondatore, il sacerdote Luigi Ferlauto, recentemente scomparso.
Da piccola realtà, prima cittadina e poi regionale, l’Oasi è diventata nel corso dei decenni una eccellenza nel campo della neuropsicologia, dove vengono curati malati neurologici e disabili non solo del circondario ma anche di tanta parte della Sicilia. L’Oasi è stata riconosciuta sin dal 1988 come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) per il ritardo mentale e l’involuzione senile, oltre che come centro di ricerca scientifica qualificata. Entrando all’interno non sembra di entrare in un ospedale, ma in un ambiente che somiglia un po’ ad un albergo ed un po’ ad un collegio-pensionato fatto di accoglienza sobria ma tangibile, in cui relazione umana e comunicazione interpersonale sono le cifre caratteristiche. I malati ricevono cure appropriate e personalizzate mentre le famiglie ottengono conforto e sostegno per poter assistere al meglio i loro infermi. La struttura vanta 350 posti letto, 5 mila ricoveri l’anno per un totale di centomila giornate di degenza, il tutto gestito da 700 dipendenti. L’approccio diagnostico-terapeutico è sempre stato multidisciplinare, grazie alla collaborazione con qualificate Fondazioni scientifiche e con svariate Università, italiane e straniere. Parte di questo accredito accademico-scientifico è sfociato ultimamente nella creazione di un Corso di laurea triennale in “Terapia occupazionale”, in partnership con l’Università di Catania, che partirà con l’imminente anno accademico 2018-19. Quindi, grazie all’Oasi, Troina diventa anche sede universitaria. Un bel traguardo per il sogno di un prete “visionario” che comincia a intelaiare la sua tela nel lontano 1953. Ed è certo comprensibile e condivisile l’affermazione che per Troina l’Oasi equivale a quello che la Fiat fu per Torino: è inevitabile che in una zona – altrimenti rurale – essa sia diventata volano occupazionale per gli abitanti del circondario, senza contare poi l’indotto che a cascata ne scaturisce.
Quindi tutto perfetto come in un’isola (oasi) felice?
Non proprio perché la struttura è afflitta da crisi finanziarie che si ripetono con ciclica periodicità. Recentemente le Organizzazioni sindacali sono scese sul piano di guerra perché i dipendenti non ricevono lo stipendio da cinque mesi. Per chi ha famiglia da mantenere, figli da mandare a scuola, affitto e bollette da pagare… non è cosa da nulla il vivere confidando nella tolleranza dei creditori. A qualcuno cominciano a tagliare le utenze per morosità, qualcuno finisce in mano agli usurai per prestiti non onorati… Insomma si rischia una tragedia sociale, in una piccola comunità con poche altre alternative di reddito e di occupazione. I sindacati stigmatizzano l’operato della dirigenza dell’Oasi in questo anno trascorso dalla morte del fondatore don Ferlauto. Secondo loro è stata disattesa la realizzazione di un piano industriale, di un piano delle prestazioni, di una pianta organica che preveda il fabbisogno di personale eventualmente da assumere. I sindacati affermano di non capire come mai la Regione paghi l’Oasi regolarmente per le prestazioni che effettua e l’Oasi non riesca a pagare con cadenza mensile i suoi dipendenti.
Sarebbe ottima cosa riuscire a capire le cause di questa “impasse” e cercare di metterci riparo. Nell’interesse della struttura stessa, dei malati che ricevono cure e, non ultimo, dei 700 lavoratori che, nonostante il disagio economico cronico, continuano a prodigarsi con immutato senso del dovere e dedizione incondizionata verso chi soffre. A loro va il nostro plauso, con l’auspicio che in “alto loco” chi possa prendere decisioni in merito, le prenda finalmente. Ed una volta per tutte!
Carmelo Toscano
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