SI PERDE NELLA TRINCEA DEI SUOI NAZIONALISMI
span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">Finché il vecchio continente resterà arroccato dietro le frontiere degli stati che ne fanno parte, difendendo i propri interessi nazionali, e considerando l’UE una struttura sovranazionale che non trova autentiche corrispondenze con le esigenze interne, non ci potranno essere passi in avanti per un progressivo trasferimento delle sovranità alle istituzioni comunitarie. Resta pertanto un’organizzazione intergovernativa, di carattere economico e politico, le cui risoluzioni non possono avere la stessa efficacia di un governo unico federale: gli Stati Uniti d’Europa, appunto, se mai si riuscirà a realizzare il sogno dei padri fondatori della Comunità Europea; ma l’obiettivo non sembra dietro l’angolo.
Un’iniziativa per dare uno stimolo in tal senso agli altri paesi membri, è stata presa a settembre scorso proprio in Italia, insieme ai rappresentanti della Germania, Francia, Lussemburgo. Si è trattato di un appello destinato al parlamento europeo, per indurlo a rendere più sollecita l’integrazione, in un momento delicato, in cui troppi avvenimenti internazionali, di carattere economico e geopolitico, stanno creando notevoli difficoltà al vecchio continente. Anche i flussi migratori provenienti dai paesi in via di sviluppo, e dei profughi richiedenti asilo per ragioni di conflitto nei loro paesi, segnano emergenze che non possono essere affrontate con il relativismo che finora ha riguardato la gestione di queste emergenze, occorrerebbe maggiore potere decisionale all’Unione per soluzioni molto più efficienti.
Era stato proprio uno dei grandi protagonisti dell’ultima guerra – Winston Churchill, convinto, dopo quella terribile esperienza, che solo attraverso la salda unione degli stati europei, sarebbe stato possibile garantire la pace, ad auspicare con forza l’istituzione degli Stati Uniti d’Europa. Credevano fortemente al progetto anche Adenauer, Monnet; due figure di primo piano della politica italiana: De Gasperi e Spinelli, oltre agli altri importanti rappresentanti dei paesi della CEE, tutti instancabili sostenitori della spinta verso l’Unità economica e politica dell’Europa. E ovviamente non sono stati i soli. Trattato dopo trattato, si è arrivati, sia pure tra indecisioni e incertezze, all’assetto odierno, che resta comunque un cantiere sempre aperto, perenne work in progress.
Ma la struttura attuale, anche se dotata di tutti gli organi che permettono all’Unione d’interagire a livello normativo su tutte le materie che abbiano per oggetto gli interessi dei paesi membri, nonostante sia stata adottata la moneta unica, con una Banca Centrale che consente di prendere risoluzioni nell’ambito della ‘monetary policy’, sul piano internazionale non ha la credibilità e il potere che dovrebbe avere. Questa condizione crea nodi e freni continui nella gestione della politica economica e nelle scelte delle istituzioni preposte a portarle avanti, sia per via delle intese difficili dovute all’attrito con gli interessi interni, sia per ovvie ragioni burocratiche di passaggio e applicazione delle deliberazione stesse. Ogni direttiva proveniente dall’UE, deve essere recepita e applicata nel territorio di ciascuno stato membro che ha inviato i suoi rappresentanti al parlamento europeo. Niente avviene, per ovvie ragioni, in modo diretto, e non sono rari gli attriti dovuti a interpretazioni a volte arbitrarie delle direttive, le contestazioni..
Ma forse i problemi dell’Unione Europea sono da ricercare nella libera interpretazione da parte della gente di questa struttura sovranazionale, che non attrae, non unisce realmente i popoli, non esprime la convinzione che si giungerà davvero al capolinea di questo lungo percorso compiuto dall’Unione, ovvero la realizzazione di un’organizzazione politica federale, retta da un solo governo. Basterebbe una semplice lettura delle ultime consultazioni elettorali, che esprimono, se non un netto dichiarato dissenso, sicuramente disaffezione, e aree di voto che presentano forti spinte populiste e perfino xenofobe. Altro che desiderio di unità e omogeneità culturale e sociale.. Di fatto, queste tendenze antieuropeiste, diventano sempre più marcate e risolute, e si sa: sono sempre stati i popoli a scrivere le pagine della loro storia, non sempre in modo pacifico, ma certo attraverso influenze e condizionamenti determinanti per gli sviluppi futuri e l’assetto del territorio. Sono troppi i venti che soffiano contro l’obiettivo di unire definitivamente il vecchio continente con un potere sovrano che rappresenti tutti i popoli che ne fanno parte. Anche i tumulti delle fazioni indipendentiste di alcune regioni interne, che chiedono a gran voce la totale autonomia dal governo centrale, rendono instabile l’Unione, la quale, anziché procedere verso l’Unità, tende a frammentarsi, ponendo al centro del bersaglio le differenze di carattere etnico-linguistico-culturali. E non è in discussione la protezione delle minoranze etniche, con tutte le prerogative e i pregi culturali che le caratterizzano. E’ semmai la smania di spezzare vincoli storici che durano millenni, ma per andare dove?
Neppure una Gran Bretagna che se ne sta con un piede dentro e uno fuori dall’Unione, contribuisce a rendere più spedito il processo verso il definitivo assetto federale dell’UE. Certo, se si fossero tenute vive le idee lungimiranti di Churchill, oggi le divisioni interne sarebbero state strappi di poco conto, piccoli incidenti di percorso che non avrebbero insidiato realmente la volontà comune di giungere al passo decisivo, fattibile già forse prima dell’inizio del terzo millennio.
L’Europa, vecchio continente che ha portato la sue radici culturali oltre oceano (con metodi discutibili), resta comunque, a prescindere dalla sua competitività in ambito economico, il centro di appartenenza, e l’origine di una grande Cultura; punto di riferimento fondamentale per il suo percorso storico. Da queste basi, non dalle divergenze ideologiche e nazionalistiche, si dovrebbe partire per costituire gli Stati Uniti d’Europa. Le fondamenta esistono già, basterebbe prenderne atto rinunciando ai propri nazionalismi, talvolta parossistici, per giungere alla fine di una strada, che i padri fondatori dell’Europa, tracciarono con spirito di vera fratellanza. E che i cittadini europei di oggi, stanno seminando di chiodi.
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