Marulo: «Questa città non ci merita. Subiamo attacchi continui. C’è tanta rabbia»
Torre Annunziata – Alla conferenza stampa indetta per chiarire la situazione e lo scenario futuro del CMO, il Centro Medico Polispecialistico tra i più grandi in Campania, erano presenti, oltre a Luigi Marulo, anche il fratello Francesco, legale rappresetante del Lido Nettuno, il padre e fondatore del CMO, Agostino, l’architetto e consulente di parte Alberto Coppola, e l’avvocato Alfredo Sorge che, insieme ai colleghi Orazio Abbamonte e Giuseppe De Luca .
Secondo quanto annunciato da Marulo, settanta dipendenti perderanno il loro posto di lavoro.
Dopo il sequestro dei locali del CMO, l’imprenditore torrese si vede costretto a dover fare delle scelte drastiche:
«Il CMO è una realtà sanitaria complessa, che dà lavoro a oltre 200 persone tra dipendenti e collaboratori. Ogni anno sono 150mila i pazienti che si rivolgono a noi, di questi il 15-20 per cento provenienti da fuori regione. Eroghiamo 800mila prestazioni sanitarie all’anno e siamo una delle poche aziende private del settore ad avere una migrazione sanitaria attiva, come forse non si registra in tutta la Campania.
La nostra è una impresa sociale, cioè al servizio della realtà in cui siamo radicati. Grazie ai nostri investimenti è rinata una zona di Torre Annunziata prima degradata. Oggi sono sorte attività commerciali, B&B. Siamo attrattori di “cervelli” che operano con professionalità nel campo sanitario. Si è creato, insomma, un circolo virtuso che tuttavia è stato spezzato da provvedimenti giudiziali interlocutori».
Dopo che il tribunale non ha accettato la proposta di dissequestro, si dovrà procedere al licenziamento di 70 dipendenti, la metà della forza lavoro impiegata presso il Centro:
«Saranno avviate nei prossimi giorni tutte le procedure previste dalla legge per poter addivenire ad una soluzione che tuteli tutti i dipendenti allo stesso modo», afferma Marulo
Aggiunge: «Abbiamo incontrato molte resistenze e reazioni negative da parte delle Istituzioni. Eppure lo stesso Consiglio comunale aveva conferito all’iniziativa lo status di attività di interesse e pubblica utilità. E altre iniziative che avremmo potuto intraprendere sono ora in fase embrionale. Come famiglia imprenditoriale di Torre Annunziata, non abbiamo potuto eludere alcune amare domande: è il caso di proseguire nell’impegno in questo territorio? Sarebbe opportuno trasferire tutto? Non ci conviene vendere quanto finora realizzato? A queste domande, sapremo risponderci nei prossimi mesi. Andiamo avanti con determinazione con ciò che resta delle nostre aziende, ma faremo il possibile per trovare risposte a questi quesiti, che ci assillano quotidianamente».
«Diamo lavoro a 350 persone, cioè 350 famiglie e quindi più di mille persone sono quelle che beneficiano delle nostre attività. Ma la chiusura della Medicina Nucleare inevitabilmente finisce col ripercuotersi sulla nostra realtà aziendale».
L’imprenditore conclude con una provocazione e con uno sfogo:
«Ci siamo resi conto che alcune categorie sociali non sono pronte al nostro concetto di impresa sociale, ovvero, forse, siamo noi a non essere adeguati per questo territorio. Realizzare una struttura capace di attirare 150 mila pazienti l’anno, a 400 metri da Palazzo Fienga è una sfida che, probabilmente, avrebbe dovuto determinare un concreto entusiasmo nelle Istituzioni. Al contrario, non abbiamo riscontrato alcuna forma di partecipazione istituzionale. Una sconfitta per tutti. Ora però – e qui sta la provocazione – resta una domanda doverosa da porre alle Istituzioni: chi ha vinto in questa vicenda?».
«Questa città non ci merita. Subiamo attacchi continui. C’è tanta rabbia»
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