Il terrorismo torna a New York con due bombe artigianali nel quartiere di Chelsea. Si tratta di pentole a pressione, con dentro dell’esplosivo. Una esplode sulla 23ª strada, l’altra viene disinnescata sulla 27ª. I feriti sono 29, non gravi. C’è un altro ordigno che esplode, in New Jersey, attivato anch’esso con l’uso di cellulari. Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo parla di “terrorismo” ma non vi sono ancora conferme su una pista internazionale. L’Fbi ipotizza la matrice islamica, forse con l’obiettivo di colpire la comunità gay – molto presente a Chelsea – come avvenuto a Orlando. In Minnesota è un immigrato somalo che gridando “Allah hu-Akbar” accoltella otto persone dentro un grande magazzino di St. Cloud. E l’Isis rivendica: “È un nostro soldato”.
Bombe nel cuore di New York, l’incubo della pista islamica
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unti Chiave Articolo
Esplosione nella zona dei locali gay a Chelsea, 29 feriti. Su un altro ordigno vicino trovata una lettera in arabo. Sospetti legami con una deflagrazione in New Jersey
Così la paura esce dai telegiornali e dai social media, per invadere le case di New York. Chiunque abbia messo quell’ordigno, e i sospetti svariano dai «lupi solitari» ispirati dal jihadismo, all’omosessuale risentito contro la società, o al terrorismo interno, voleva ricordare a Manhattan che resta il primo obiettivo di ogni terrorismo.
Esplosione di una bomba a New York
La domanda di John è la stessa che si sta ponendo la polizia. Una signora chiama il centralino delle emergenze 911 per avvertire che sulla 27esima strada, poco a Nord dell’esplosione, ha visto una strana pentola a pressione. A quel punto parte il messaggio di allarme verso tutti i cellulari di New York. Gli agenti arrivando di corsa, chiudono la via, fotografano e sequestrano la pentola. C’è un video che riprende chi l’ha lasciata.
La notte finisce come quella dell’11 settembre, paura e insonnia. Anzi peggio, perché stavolta nessuno sa cosa sia successo, nessuno è stato arrestato, e magari fra qualche minuto la polizia ci avverte che ha trovato un’altra bomba. Nel frattempo in Minnesota, al Crossroads Center Mall di St. Cloud, un tizio con l’uniforme delle guardie di sicurezza ha accoltellato otto persone. Inneggiava ad Allah, chiedeva alle vittime se erano musulmane: un poliziotto fuori servizio lo ha ammazzato.
La mattina di domenica, alle 10, la 23esima strada è ancora bloccata, quando il governatore Andrew Cuomo viene ad aggiornare: «Se scoppia una bomba a New York, è chiaro che si tratta di terrorismo. Però non abbiamo la conferma del collegamento internazionale». Cuomo rivela che la bomba esplosa era simile a quella trovata sulla 27esima strada: sorvola, però, sul fatto che nella seconda c’era una lettera scritta in parte in arabo. Dice che l’ordigno del New Jersey era diverso, ma si sbaglia: i cellulari erano uguali e quindi c’è una possibile connessione. Invece i 29 feriti, per grazia di Dio, sono stati tutti dimessi: «Vista la dimensione dei danni, è un caso che non ci siano stati morti». Due ore dopo il sindaco De Blasio sembra smentire Cuomo: «Non sappiamo se è stato terrorismo, non possiamo escluderlo». Il sospetto è che si stia ripetendo il corto circuito di Bengasi, con i democratici che vogliono negare la pista del terrorismo internazionale, per non compromettere la corsa di Hillary Clinton alla Casa Bianca.
Una fonte autorevole del mondo impegnato nelle indagini mi dice: «Non c’è una rivendicazione credibile o conferme forensiche, perciò si dice che non abbiamo prove di terrorismo internazionale. Un pazzo è sempre possibile, però il livello di sofisticatezza è un po’ troppo alto. L’estremismo domestico non ha mai preso di mira i civili così: anche ad Oklahoma City l’obiettivo era un edificio federale. Resta forte l’ipotesi del terrorista interno ispirato dall’estero, o dei terroristi, visto l’attacco anche nel New Jersey. Come alla maratona di Boston, dove sono state usate pentole bomba simili. Forse hanno sbagliato a costruire gli ordini, oppure volevano lanciare un segnale senza fare troppe vittime, perché altrimenti potevano metterli in luoghi diversi, non davanti a un edificio in costruzione. Da domani c’è l’Assemblea Generale dell’Onu, con tutti i capi di Stato qui. È preoccupante che nessuno sia stato arrestato, ma tra la bomba non esplosa, il cellulare, i video, abbiamo parecchie tracce. Chiunque sia stato, ha le ore contate».
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