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i Maria D’Auria
Roma- Teatro Tordinona. A 50 anni dalla scomparsa di Ernesto Guevara, che ha segnato indelebilmente la storia creando “la leggenda del Che”, Luca Milesi rende omaggio al rivoluzionario più noto dei nostri tempi, adattando con una versione teatrale il libro di Edgardo de Habich. Impresa ardua ma ben riuscita, andata in scena per la prima, giovedì 16 novembre, al Teatro Tordinona di Roma e in replica fino a domenica 19. Giovani e anziani, alcuni nostalgici con basco e borse raffiguranti l’universale volto del Che, affollano il piccolo Teatro di via Acquasparta.
Un’antica cassapanca al centro della scena. Una musica suggestiva che introduce la presenza forte di un uomo, il giovane medico Ernesto Guevara, in un dialogo appassionato con il padre al quale comunica la sua decisione: partire, andare in giro per il mondo, lì, dove occorre il suo aiuto. La consegna di un basco per salutare il figlio. L’abbraccio tra i due ed inizia così il racconto di un uomo che esprime i suoi pensieri, le sue perplessità, i suoi tormenti. La leggenda è ancora lontana mentre sul palco le parole cedono il posto alla mimica. L’immobilismo degli attori fungono da coreografia all’alternanza degli altri protagonisti: un prete (interpretato da Maria Concetta Liotta), che incalza con la lettura dei versetti della Bibbia, e un colonnello (Serena Renzi), giunto in quella parrocchia, si interrogano sul mito del Che: un martire cristiano del XX secolo o solo un uomo buono? Un eroe, un medico o un guerriero spietato? Si sovrappone la similitudine tra il Che-Don Chisciotte e il martirio del Cristo. Il dubbio è forte e permane per tutta la durata del dramma.
Si alternano le scene. Il medico Guevara-Chisciotte tra i lebbrosi, cura i malati senza temere il contagio come colui che esercita un sacerdozio. Guevara che legge, che scherza con i compagni. Il Che che prepara la rivoluzione e la liberazione dal tiranno. Il Che che supera la debolezza del corpo con risoluta volontà. Lo “straniero” dai polmoni di porcellana soccorre i compagni di avventura. Inizia la rivoluzione. La storia anche. Il Che è acclamato come un eroe trionfante, come il Cristo: entrambi osannati e amati ma con una Croce nel loro destino. Il Che diventa leggenda, El Che diventa Ministro di Stato, ma sul palco appare sempre l’uomo con i suoi dubbi, con le sue fragilità. Stretto dalla burocrazia e dai Ministeri, l’uomo Guevara soffre, si tormenta, divorato da un incessante dilemma: fare ancora il Ministro o continuare ad aiutare? Il suo posto è accanto ai contadini della Sierra con i quali aveva combattuto. Lascia il governo e va incontro al suo appuntamento con la morte.
Il ruolo del Che, magistralmente interpretato da Antonio Nobili, trasmette forti emozioni. Una somiglianza fisica dell’attore con la leggenda del Che ne favorisce l’assimilazione del personaggio fino a renderlo quasi reale. Una mimica scandita con ritmi sapienti ed armoniosi, conferisce alle scene un tocco di suggestività. Altri interpreti di questo lavoro impegnativo e ricco di sfaccettature -Maria Concetta Liotta, Alberto Albertino, Serena Renzi, Francesco Sotgiu, Ilario Crudetti, Stefano Di Giulio ed Eleonora Zepponi- hanno arricchito la rappresentazione consegnandola ad un successo inevitabile.
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