Sugar e Plastic Tax, l’azienda siciliana che imbottiglia Coca-Cola lancia un un grido di allarme: -27% del fatturato e 185 lavoratori a rischio.
Tasse su contenitori e bevande zuccherate: il grido di allarme del colosso siciliano
«Se la parola “green” diventa sinonimo di tasse e balzelli, allora le aziende rischiano davvero di essere messe al muro compromettendo lo stato di salute dell’economia. La declinazione della filosofia “green” dev’essere quella degli incentivi, dei sostegni alle industrie, delle misure che non penalizzano i consumi ma i comportamenti». Luca Busi, amministratore delegato di Sibeg – azienda siciliana che imbottiglia bevande a marchio Coca-Cola – non ci sta, e commenta così la Sugar e la Plastic tax, «due provvedimenti che non hanno finalità ambientali ma che rappresentano unicamente un’imposizione diretta con l’obiettivo di far cassa e recuperare risorse con ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese».
«Una stangata per le aziende che penalizza l’intera filiera produttiva in un momento di grande recessione, soprattutto per il Mezzogiorno. La tassazione sugli imballaggi in plastica e quella sullo zucchero contenuto in bevande e soft drink si aggiungerebbe al contributo destinato al sistema nazionale per la raccolta differenziata degli imballaggi – continua Busi – gravando sul costo dei prodotti e su un comparto che già da tempo ha avviato una transizione verso soluzioni più sostenibili».
Come si tradurrebbero in numeri queste imposte? «Abbiamo già fatto una stima precisa delle ricadute che avrebbero queste tasse su Sibeg, un’azienda che in Sicilia ha sempre lottato, non con poche difficoltà, per valorizzare il territorio e per contribuire allo sviluppo: l’impatto della tax sugar sarebbe di 13,7 milioni di euro, mentre quello della tax plastic di 3 milioni, per un totale di 16,7 mln di euro. Le tasse, che determinerebbero un fisiologico aumento dei prezzi, influirebbero anche sulla perdita di volumi, incidendo negativamente sull’intero fatturato: abbiamo stimato – dati alla mano – una perdita in bilancio di 31 milioni di euro sui volumi di un anno, ovvero un calo del 27% del fatturato che passerebbe da attuali 115 a 84 milioni. Numeri che costringerebbero a una riduzione drastica delle risorse, che si attesterebbe intorno al 55%, ovvero 185 dipendenti – sottolinea con forza Luca Busi – questa manovra ha deciso di affossare uno dei pochi settori che è ancora in salute, minando il Pil del Paese e generando un’influenza negativa su una domanda che è già stagnante: sapevate che in Italia il consumo pro-capite delle bevande è il più basso in Europa e allo stesso tempo il tasso di obesità italiano è quello più alto? Ci sembrano due fattori che non sono immediatamente correlati, così com’è stato più volte detto».
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Non possiamo consentire che ciò avvenga – conclude Busi – faremo di tutto per opporci, anche portando in tribunale una vicenda che riteniamo davvero discriminatoria per tutte quelle aziende di acqua e bibite che hanno un grande impatto sull’economia italiana e soprattutto su quella siciliana, dove ci sono tantissime piccole realtà sul territorio che sono ancora più a rischio. Non si agevola l’ambiente tassando gli imballaggi: se aumenta il costo della plastica, aumenta il prezzo allo scaffale e di conseguenza la forbice dei consumi si stringe sempre più fino a soffocare l’indotto: faremo sentire ad alta voce il nostro disappunto, opponendoci con forza alla volontà del Governo di annullare con un colpo di penna la competitività delle aziende e la spinta delle dinamiche di mercato che si poggiano su logiche imprenditoriali portate avanti con grande sforzo. Un vero disastro dal punto di vista produttivo, ma soprattutto sociale, lì dove c’è già carenza di politiche industriali serie. Non si tratta solo di difendere i meri interessi di un settore d’eccellenza, ma di evitare il tracollo di un intero sistema che oggi spinge l’economia».
L’opinione.
Fermo restando, come incessantemente ribadito da queste pagine: norme chiare, serie, efficaci e severissime per tutti e si spera, nessuno esente; bisogna anche fare molta attenzione a non penalizzare le aziende private, poiché il guadagno collettivo vero non viene dal pubblico. Quest’ultima teoria, di tutta evidenza propagandistica che il pubblico crei produttività, è un inganno conveniente per tanti, specialmente mantenuti di Stato, Regioni, Comuni e rispettive propaggini, poiché questi ultimi, a cominciare dallo Stato, per pagare se stessi fanno solo debito pubblico, in quanto l’introito se non viene da una fonte esterna bensì è un giro interno contabile, sostenuto con la scopertura finanziaria e l’imposizione (in Italia ormai estorsione) fiscale. Ma se come da decenni in Italia, si continuano a gravare di tributi, quindi a penalizzare, le aziende private come pure i cittadini, il risultato non può che essere quello che da anni ci sta falcidiando, ovverosia una persistente recessione economica, pertanto anche esternalizzazione di aziende e persone, con tutto quanto il resto a cascata di negativo, cioè crisi e deserti produttivi territoriali, locali, disoccupazione, emigrazione, ecc. Con questo non si vuole di contro consigliare di dare ancora soldi (contributi) alle aziende private, ma quanto meno di non gravarle sempre di imposte e al solo (mistificato) scopo di foraggiare ancora innumerevoli quanto intoccabili annosi carrozzoni (elettorali e feudali) del sistema pubblico-politico. La qual cosa protratta nei decenni, si è da sempre dimostrata un baratro e lo sarà ineluttabilmente così seguitando, dal quale si rischia di uscire solo con lacrime e sangue, come d’altra parte è accaduto nella Storia e tutt’oggi nel mondo in altre Nazioni.
Adduso Sebastiano
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