A
ll’aeroporto, ad esempio, almeno una decina di medici impegnati per i tamponi hanno presentato fatture mensili fino a 27mila euro lordi
Tamponi, fino a 27 mila euro al mese per certi medici di Catania
Ne riportava ieri la somma mensile il quotidiano la Repubblica annunciando nel rispettivo articolo che adesso ci sarebbe stata una stretta sugli straordinari per i medici delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) le task force che prendono in carico i positivi isolati a casa. Il tetto è stato stabilito in 36 ore settimanali per tutti quelli con contratto da liberi professionisti impegnati negli screening in aeroporto, nei Comuni, nella sorveglianza sanitaria.
A inizio febbraio infatti dall’Azienda sanitaria provinciale di Catania è partito il tentativo di mettere ordine nelle spese per il personale sanitario reclutato a causa dell’emergenza Covid. E questo alla luce di alcuni eccessi che si sarebbero verificati nei mesi precedenti, soprattutto tra chi lavora con un contratto da lavoratore autonomo.
Si era arrivati, ad esempio, all’aeroporto, con almeno una decina di medici impegnati per i tamponi che avevano presentato fatture mensili tra 14 e 27mila euro lordi. Compenso, quest’ultimo, che supera quello del Presidente della Repubblica ed è cinque volte superiore a quello di un primario di un reparto Covid. In alcune Usca, in particolare nel distretto di Gravina di Catania, si sono superati i 16mila euro, equivalenti a poco più di 400 ore al mese. Cifre raggiunte perché figlie di contratti che garantiscono ai professionisti 40 euro l’ora (per i medici non specializzati) o 60 euro (per chi ha la specializzazione).
Significa, ad esempio, che chi a gennaio ha fatturato 27mila euro ha rendicontato 450 ore di lavoro, 15 al giorno, sette giorni su sette.
«Nessun eccesso – replica il commissario Covid Pino Liberti, che ha anche il coordinamento dei medici in aeroporto – perché abbiamo garantito la presenza dei nostri operatori dal primo volo all’alba fino all’ultimo. Avanzare critiche e sospetti vuol dire soffiare sull’invidia sociale e mettere in croce chi lavora sodo. La verità è che mancano i medici, anche perché molti sono entrati nelle scuole di specializzazione. Quando ne verranno assunti a sufficienza, si potrà ridurre il monte ore dei singoli».
Stando ai numeri, nel mese di gennaio circa 500 medici impegnati a vario titolo nell’emergenza sanitaria con contratti di lavoro autonomo hanno presentato una fattura all’Asp etnea. Di questi, circa 35 sono stati impegnati in aeroporto, nei terminal A e C, dove hanno effettuato 27mila tamponi rapidi, in media 900 al giorno.
Tornando alle ore certificate, se nei mesi di piena emergenza certi numeri venivano considerati naturali, a gennaio, con un carico di lavoro che si è via via ridotto, è suonato qualche campanello d’allarme, alimentato dai malumori di molti medici che lavorano negli ospedali.
«Dopo la prima settimana di febbraio — spiega un professionista sanitario impegnato nelle Usca — ci è stato detto di limitarci all’orario previsto da contratto. Ci sono stati periodi in cui ho lavorato dalle 8 alle 20, ho fatto qualcosa come 150 tamponi al giorno. Ma arrivati a un certo punto, nel mese di gennaio, questa necessità era venuta meno. C’è stata la percezione che qualcuno se ne sia approfittato, si sono visti fogli firma con monte ore innaturali».
A inizio febbraio una nota, a firma del direttore del dipartimento Attività territoriali Franco Luca e del direttore dell’unità Cure primarie Domenico Torrisi, ha invitato tutti i direttori dei distretti sanitari e i medici ad attenersi al contratto (sul modello di quelli della guardia medica): per alcuni 12 ore, per altri 24ore settimanali.
Ma è tra i camici bianchi con contratto di lavoro autonomo che i compensi sarebbero lievitati ancora di più. Per questi, infatti, fino a poche settimane fa non era previsto alcun limite orario (anche se la normativa nazionale prevede un tetto di 48 ore settimanali).
Da alcuni giorni, invece, nei nuovi contratti e nelle proroghe viene indicato il limite di 36 ore, ma derogabile nel caso di necessità.
«Se dovessimo applicare questo tetto in maniera rigida — precisa il commissario Liberti — potrei chiudere i drive-in per mancanza di medici». Uno scenario che anche dall’Asp di Catania escludono, sottolineando che rimarrà sempre prioritario garantire ai cittadini tutti i servizi necessari.
L’opinione.
Insomma, l’Usca, quale Unità speciale creata per organizzare la lotta alla pandemia, in Sicilia (come d’altronde da anni tanto altro specialmente nel sistema pubblico-politico e quanto annesso e connesso) sarebbe divenuta anch’essa una specie di “pozzo senza fondo” (termine questo solitamente usato per indicare il legale spreco, sperpero e ingordigia in tutto ciò che è dello Stato, Regioni, Enti e Comuni), in grado di dispensare vantaggi a destra e a manca, indifferente a regole ed esigenze concrete.
Ci si dovrebbe porre una domanda, ma da siciliani (e italiani) sappiamo da sempre che come per tutto in questa Isola (e Penisola) non ci sono controlli e anzi spesso i controllori, sono compiacenti o implicitamente o trasversalmente coincidenti agli stessi controllati.
Come sempre in Sicilia, alcuni (generalmente ben messi nelle corporazioni, ordini professionali, associazioni di categoria, intrecci politici, istituzionali, giudiziari, burocratici e anche altro) delegittimano l’impegno etico e il lavoro irreprensibile di tanti, nella fattispecie di molti medici, tantissimi, che lavorano appassionatamente e con coscienza civile e umana.
Ma come se ne esce dalla costituzionalizzatasi consorteria trasversale predominante da decenni nella società siciliana (e italiana) ?