S
econdo Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, il collasso dell’area Schengen, la zona di libera circolazione dei cittadini, distruggerebbe il mercato unico e l’euro. Ora che anche l’Austria si è unita ai Paesi europei che hanno reintrodotto i controlli alle frontiere, questo collasso potrebbe essere più prossimo di quanto possa immaginare. Sarebbe meglio, a questo punto, se prendesse lui l’iniziativa: una sospensione organizzata, concordata di Schengen sarebbe molto meglio dell’attuale disordine, del processo di divisione in corso. È tempo di sospendere Schengen per salvarlo.
La credibilità, come di certo Juncker sa bene, è vitale per tutti i politici e i governanti. L’anno scorso il flusso di oltre di un milione di immigrati e richiedenti asilo che ha attraversato i confini dell’Unione europea, accolto solo da indecisione, mezze misure e spesso caos, ha già inferto un duro colpo alla credibilità dell’Ue. Quest’anno ne arriverà almeno un altro milione, sia in Italia, per mare, attraverso il Mediterraneo, vuoi per via terra passando dalla Turchia. La fiducia nell’Unione nel suo insieme o nei confini nazionali è a pezzi.
Ecco perché Schengen è ormai indifendibile – o per dirla con parole diverse, già sconfitto. La risposta dell’Unione europea alla crisi dei migranti, grazie alle profonde divisioni esistenti tra i governi nazionali, è consistita fin qui in una serie piuttosto patetica di mezzi accordi che nessuno si aspetta seriamente che entrino pienamente in vigore: intese per ridistribuire i rifugiati pro quota, per creare una polizia di frontiera europea, per implementare l’Accordo di Dublino che stabilisce per i richiedenti asilo l’obbligo di registrazione nel Paese d’arrivo. A queste condizioni continuare a pensare al libero movimento di persone e mezzi senza controlli di frontiera significa solo coltivare un’illusione.
Ciò che occorre, innanzitutto, è far rinascere la fiducia nell’Unione europea, e per questo bisogna mettere fine alle divisioni e alle accuse reciproche fra gli Stati membri. Per avviare questo percorso, la Commissione europea, con il supporto cruciale della Germania, deve far partire una specie di processo di pace fra gli Stati membri e la piena sospensione di Schengen sarebbe un’ottima base di partenza. Facciamo tutti la stessa cosa, sarebbe il messaggio di un’iniziativa del genere, con termini condivisi e modalità comuni: possiamo quindi smetterla di accusarci a vicenda.
I francesi dicono: «Indietreggiare per prendere meglio lo slancio». Certo, sarebbe un peccato dover di nuovo mostrare il passaporto passando il confine fra Italia e Francia. Ci sarebbe un costo economico da pagare per ripristinare i controlli dei camion alle frontiere e più burocrazia. Ma ne varrebbe la pena se tutto ciò potesse essere usato come base per un accordo europeo destinato a garantire l’indirizzo di molte più risorse ai compiti di sorveglianza e monitoraggio dei confini esterni dell’Ue e alla realizzazione di centri adeguati e umani per l’accoglienza dei richiedenti asilo.
La Germania, al solito, pagherebbe di più, e sarebbe vista come il Paese più impegnato. È la generosa politica umanitaria delle porte aperte inaugurata dal cancelliere Angela Merkel largamente e giustamente biasimata per la rapida accelerazione impressa negli ultimi sei mesi all’immigrazione. Anche gli esperti in materia dell’Onu convengono sul fatto che offrire una tale accoglienza significa semplicemente incoraggiare i rifugiati a muoversi, rischiando così la vita.
Perciò il presidente Juncker e la cancelliera Merkel devono guidare congiuntamente questo processo: sospendere Schengen e dare il via a un nuovo fondo capace di affrontare la crisi dei migranti. L’alternativa rischia davvero di essere il collasso dell’intera Unione Europea.
* Traduzione di Carla Reschia /lastampa
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