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Silvio Berlusconi rosica per il risultato siculo e mal sopporta la “sfronzione” di Di Maio

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Silvio Berlusconi applaude, ma non vuole una coalizione anti sistema.  Luigi Di Maio guarda avanti: «Quest’onda ci porterà al governo». Nel suo editoriale Giovanni Orsina spiega l’«alchimia che ha deciso la sfida». Marcello Sorgi, invece, si addentra tra le pieghe del voto tra impresentabili e lo spirito di Pirandello

Intanto a Ostia CasaPound sfiora il 10%. E quando tra due settimane M5S e centrodestra si sfideranno al ballottaggio, l’estrema destra potrebbe essere il vero ago della bilancia.

La vittoria agrodolce di Berlusconi: “Ho fatto il gioco dei sovranisti”

Il leader di Forza Italia si aspettava di sfondare il 20% dopo l’impegno nell’isola. E adesso teme di apparire al traino di una coalizione anti-sistema

ROMA – Silvio Berlusconi non è affatto entusiasta del risultato: tra i trionfi della sua carriera, forse, è quello che più lo indispone. Tramite un video Facebook ha sostenuto l’esatto contrario, parlando di grande performance del suo partito, perché ammettere la verità sarebbe politicamente dannoso. Ma nella villa di Arcore l’aria che si respira è un mix di apprensione e inquietudine. Il Cav si aspettava di più. L’avevano illuso i bagni di folla nei quattro giorni passati in Sicilia, quando aveva messo in campo l’intero armamentario di lusinghe e promesse, compreso un ammiccamento al condono edilizio che in altri momenti avrebbe fatto faville. Perfino il suo assistente, Sestino Giacomoni, si è stupito di quanta energia avesse in corpo e quanta voglia di trasformare in voti le sue percentuali tuttora altissime di popolarità (superano il 30 per cento). L’immane fatica ha prodotto un 16,4 per cento che, di per sé, non sarebbe da disprezzare: in fondo è il triplo di quanto hanno raggranellato insieme Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Eppure, se si vanno a scartabellare i sondaggi di pochi mesi fa, già allora Forza Italia era stimata nell’Isola intorno al 16 per cento, appunto. Sfondare quota 20 era considerata riservatamente l’asticella minima, la dimostrazione che l’impegno diretto del leader paga ancora come una volta. Che Berlusconi non risulta solo simpatico e divertente come può esserlo un nonnetto arzillo, ma rimane il mago delle rimonte impossibili come nel 2006, come nel 2013. L’esperimento è andato così così: tanto valeva che il Cav restasse a casa e registrasse qualche appello-tivù.

Il patto col diavolo 

A

lla delusione (inconfessata) si aggiunge un altro tipo di ansia: quella di apparire succube degli alleati. Legato mani e piedi alla loro politica «sovranista» e trascinato in una competizione con i grillini tutta spostata sulla rivolta antisistema. Per Berlusconi, sarebbe un errore imperdonabile, lo sbaglio più tragico, che spalancherebbe davanti a Di Maio un’autostrada. Silvio sostiene l’esatto opposto, che per stoppare i grillini si debba far fronte comune tra tutti i «responsabili», cioè gli italiani con il sale in zucca che non accendono gli zolfanelli sotto la grande catasta del populismo. Si mangia le mani per quel patto col diavolo stipulato a settembre, quando fu costretto a barattare l’unità del centrodestra (unica soluzione per non auto-affondarsi) con la candidatura di Nello Musumeci. Il quale già gli stava poco simpatico per le origini finiane, e come se non bastasse si è pure permesso di snobbare l’unico consiglio datogli a quattr’occhi quando si sono visti («senti a me, da amico: tagliati quell’orribile ridicolo pizzetto»). Il pizzetto non è stato rasato. E adesso che il centrodestra ha vinto, Belzebù si è presentato puntuale a riscuotere nelle sembianze di Giorgia Meloni, con gli occhi celesti e la chioma angelica, ricordando in mille interviste come Musumeci sia uomo non di centro ma di destra, anzi di destra-destra, un vero fascistone. E per battere i grillini sul loro terreno ce ne vorrebbero tanti col pizzetto alla Italo Balbo nelle candidature comuni al Sud, e tanti con la ruspa come Salvini al Centro-Nord, perché la guerra si vince nella trincea degli istinti primordiali: rabbia, insicurezza, protesta, paura.

Gli «smoderati» di Arcore  

Berlusconi è corso ai ripari proclamando, nel monologo su Fb rilanciato da qualche Tg, che la vittoria è «moderata», e il moderatismo «azzurro» è «la sola alternativa al pericolo che il Paese cada in mano al ribellismo, al pauperismo, al giustizialismo». Ce l’ha coi grillini, l’ex-premier, ma per sua disgrazia gli «smoderati» se li ritrova in casa. E se mai dovesse vincere, li porterebbe a Palazzo Chigi. Diventerebbe il loro Cavallo di Troia.

ndr: “Sfronzione”, è un acronimo da noi creato per indicare quel misto tra Sfrontatezza e Presunzione che pervade Di Maio e che è da sempre, e resta, il primo peccato capitale del M5S
(Stanislao Barretta/redazione)

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