Non c’è pace nei palazzi della regione siciliana. Non si placano le polemiche e anzi montano di livello.
A
ncora strascichi sulle dimissioni dell’ex assessore Figuccia, che nei giorni scorsi ha abbandonato il suo incarico all’Energia in polemica con le intenzioni manifestate dal presidente Miccichè di voler aumentare gli stipendi ai megaburocrati regionali. Il gesto polemico di Figuccia ha, però, sollevato un polverone e costretto il Consiglio di Presidenza dell’ARS a pronunciarsi a favore del mantenimento degli attuali stipendi. Praticamente dandogli ragione.
I due presidenti, Musumeci e Miccichè, si son dovuti affrettare a correre ai ripari. Ma nessuno dei due ha avuto parole di approvazione per il Figuccia, se non per il gesto delle dimissioni, almeno per la questione etica che ha sollevato. Sostanzialmente hanno condiviso la sua polemica. Quindi avrebbero dovuto, almeno formalmente, respingere le sue dimissioni. Invece nulla.
Ufficialmente nessuno glielo riconosce. Anzi si insinua che egli si sia dimesso per incomprensioni col suo partito e perché l’incarico assessorile conferitogli non era di suo gradimento, in quanto doveva occuparsi della patata bollente dello smaltimento dei rifiuti e della gestione delle discariche. Notoriamente, settori molto scottanti in Sicilia. A noi non interessa la dietrologia. Potrebbe anche essere vero che l’assessore Figuccia si trovasse non a proprio agio nel suo incarico. Ma in ogni caso ha avuto il merito di sollevare ufficialmente il tema degli stipendi “sproporzionati” che ripugnano ormai al sentire comune. L’obiettivo di “scuotere le coscienze” è stato centrato e la levata di scudi è stata generale.
Ma le grane per il governo della Sicilia non finiscono qui. L’altra patata bollente nelle mani del presidente Miccichè è stata la votazione in Aula per l’approvazione dell’esercizio provvisorio prorogato fino al 31 marzo 2018. C’è stato scontro furente tra maggioranza ed opposizioni per il risultato delle votazioni circa il calcolo del numero legale.
Su un totale di 70 eletti ne erano presenti 60. Alla prima votazione per l’esercizio provvisorio votano solo in 32 dei presenti, ed il presidente rinvia la seduta per “mancanza di numero legale”.
Si rivota una seconda volta, presenti ancora 60, e i votanti stavolta addirittura 31. Ma il presidente Miccichè ha ritenuto valida la votazione. Egli dichiara di rifarsi a precedenti illustri della Camera dei Deputati, nella XIII legislatura. L’allora presidente Luciano Violante considerò come presenti in Aula anche coloro non avevano azionato il dispositivo elettronico di voto. Il tutto fu fatto per non far decadere un importante decreto, allora. E per far passare l’esercizio provvisorio, adesso.
Ma le opposizioni non ci stanno e, prevedibilmente, sono insorte con parole di fuoco, denunciando che è stato perpetrato un “vulnus” all’applicazione dei Regolamenti Parlamentari di Sala d’Ercole. Ed insinuano, che dopo l’incidente delle dimissioni di Figuccia, la maggioranza parlamentare si è disgregata alla prima prova di voto in Aula. Secondo loro il disegno di legge è passato con un colpo di mano. E pertanto chiedono a viva voce la convocazione della Commissione del Regolamento, per esaminare il caso che a Sala d’Ercole dicono non aver precedenti.
Insomma l’atmosfera si scalda e rischia di surriscaldarsi. Ne vedremo delle belle, probabilmente…
Sicilia: Beni Culturali in balia di Assessori “(di)stolti”… (di Carmelo Toscano)
Carmelo Toscano
Lascia un commento