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ECHINO – Si è spento Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace e da undici anni in carcere per “incitamento al sovvertimento dello stato”. Lo scorso 26 giugno era stato trasferito all’ospedale di Shenyang perchè malato terminale.
Un comunicato stampa dell’ospedale dice che nelle ultime ore i medici hanno proposto l’intubazione per cercare di mantenerlo in vita, e che la famiglia avrebbe rifiutato. Eppure nei giorni scorsi la stessa famiglia ha messo in guardia dal prendere per vere tutte dichiarazioni dell’ospedale.
Fino all’ultimo Liu chiedeva di lasciarlo curare in Germania o negli USA. La cancelliera Angela Merkel ha chiesto al governo cinese di usare “compassione”. Il Dipartimento di Stato ha detto che gli USA erano pronti a riceverlo. La UE ha invitato la Cina a liberare lui e la moglie. Chiacchiere. Liu Xiaobo è morto nel letto dell’ospedale di Shenyang nello stesso modo in cui ha vissuto gli ultimi undici anni della sua vita: da prigioniero.
DISSIDENTE E LEADER
Classe 1955, critico letterario e impegnato già giovanissimo nella lotta per una maggiore democrazia. Leader del Pen Center, l’associazione internazionale degli scrittori, Xiaobo partecipa alla rivolta di Tienanmen culminata nella sanguinaria repressione nel 1989. Comincia così una lunga sequela di arresti e persecuzioni che lo porteranno nel 1996 nel campo di lavoro dove conobbe la sua futura moglie, la poetessa Liu Xia.
Nel 2008 diventa promotore di “Charta 08”, il manifesto pubblico ispirato alla famosa Charta 77 redatta negli anni Settanta dai dissidenti cecoslovacchi. All’interno del manifesto, Xiaobo sostiene la necessità di introdurre riforme democratiche nel sistema politico e il rispetto dei diritti umani.
Simbolo della lotta portata avanti da molti cinesi in favore dei diritti fondamentali, Liu riceve nel 2010 il premio Nobel per la pace. Nei giorni seguenti all’annuncio, tutti i membri della sua famiglia sono costretti agli arresti domiciliari per impedire che qualcuno di loro andasse a ritirare il premio a Oslo.
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