Si è dimessa a pochi giorni dagli arresti nell’inchiesta sulla sanità regionale che la vede indagata a Perugia insieme ad assessore e dirigenti.
La Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, del PD, ha comunicato le sue dimissioni dalla carica istituzionale, “ai sensi dell’art.64, comma 3, dello Statuto regionale”, si legge in una nota, con una apposita lettera inviata alla Presidente dell’Assemblea Legislativa, Donatella Porzi.
Il passo indietro dell’esponente del Pd è arrivato nel tardo pomeriggio di oggi (16 aprile), al termine di una lunga riunione nel palazzo che ospita la sede della Giunta, nel centro del capoluogo umbro.
Dal Pd è arrivato un duro attacco al Movimento Cinque Stelle “Caro Di Maio vergognati tu. Parli di Zingaretti e delle dimissioni della Marini, che ci sono state, mentre hai aspettato tre anni sulle inchieste e sui processi della Raggi senza fare nulla. Anzi hai pure modificato il codice etico per evitare qualsiasi provvedimento a carico del sindaco della capitale sotto inchiesta. Un minimo di decenza”, dice a caldo Paola De Micheli, coordinatrice del Pd.
I 5stelle hanno replicato ” Dopo averlo sollecitato per giorni, Zingaretti non ha avuto nemmeno il coraggio di mandarla a casa. E alla fine la Marini, messa all’angolo, si è dovuta dimettere. Felici? No, siamo delusi da questa vecchia politica che giorno dopo giorno prova a spacciarsi come il nuovo ma rimane sempre la stessa: attaccata agli interessi personali e affaristici, sacrificando il merito e i diritti dei cittadini. Non basta cambiare l’abito del Pd per spacciarlo come nuovo. Stiamo ripulendo il sistema da queste mele marce”, scrive il gruppo grillino alla Camera.
Com’è noto tutto è partito dall’inchiesta della Procura di Perugia e dalle prime ammissioni di chi ha ricevuto la spintarella e il non stupore di chi ha perso nei concorsi, come si fosse innanzi alla normalità di invece deviato sistema politico-elettorale.
Nei giorni scorsi erano stati conseguentemente arrestati, e poi messi ai domiciliari, per la vicenda il segretario del Pd dell’Umbria, Gianpiero Bocci, e l’assessore regionale alla Salute e coesione sociale, Luca Barberini. Stesso provvedimento per il direttore generale dell’azienda ospedaliera Emilio Duca e per il direttore amministrativo della stessa azienda.
La dimissionaria presidente della Regione Umbria risponde di cinque capi d’imputazione con accuse di abuso d’ufficio, falsità ideologica e materiale e rivelazione del segreto. Tra i fatti che le sono contestati c’è il concorso per assistente amministrativo categoria “C” che si preoccupa di far avere ad Anna Cataldi, nuora dello scomparso Valter Fascini, uomo forte della LegaCoop dell’Umbria. «Mettetela dentro» dice la Marini in una intercettazione con Duca.
Gli atti della Guardia di Finanza rappresentano i retroscena del «ruolo» della Marini, intercettata mentre parla con Duca nel giostrare i concorsi nella sanità regionale. Un «sistema» che avrebbe permeato anche le gare d’appalto, nonché il Piano di investimento nel digitale, nella parte relativa al Pathology, su cui sono previsti stanziamenti per 1,2 milioni di euro.
Secondo il Procuratore Luigi De Ficchy un’associazione per delinquere aveva preso il controllo della sanità regionale. Emilio Duca e Maurizio Valorosi, direttore generale e direttore amministrativo dell’Azienda ospedaliera perugina, erano ai vertici della «cupola» che aveva lo scopo di attuare «le richieste illegittime provenienti dalla classe politica e, nello specifico, dall’assessore regionale alla Salute Luca Barberini, dalla presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini e da Gianpiero Bocci, ex sottosegretario del ministero dell’Interno e segretario regionale Pd dell’Umbria». Barberini e Bocci, come Duca e Valorosi, sono ai domiciliari.
Stando alle intercettazioni la Marini è contattata direttamente da Marisa Fascini, moglie dello scomparso Valter Fascini. Per questo la stessa governatrice discute con Duca: «La moglie de Fascini (…) m’ha portato questa selezioni qua…tu ce l’hai tutte? Deve fare la selezione».
Secondo gli inquirenti la governatrice sta chiedendo se Duca è in possesso delle tracce, tanto che il dg risponde: «Le tracce non ci sono ancora».
Queste, però, arriveranno: c’è una fotografia che immortala una funzionaria, Maria Rosa Franconi, consegnarle a Duca. «A questo punto – riassumono gli investigatori – la Marini chiede a Duca se gli può mandare la “Marisa” a prendere le domande da consegnare alla candidata». L’operazione va in porto, tanto che lo stesso Duca chiama la segretaria particolare della Marini, Sonia Monaldi, per riferire a «Catiuscia, che capirà» il nominativo «Cataldi Anna».
Il Capo della procura Luigi De Ficchy e i sostituti Mario Formisano e Paolo Abbritti hanno iniziato a infilare le testimonianze di chi ha sfilato davanti alle commissioni addomesticate dei concorsi dell’ospedale finiti sotto inchiesta. E chi aveva il compito fatto in tasca ha ammesso. Con le domande in tasca è arrivata, secondo l’accusa, anche chi aveva come sponsor Catiuscia Marini, presidente Pd della giunta regionale. La Finanza ascolta Duca, dipinto come il grande esperto per sistemare i puzzle dei concorsi addomesticati, e ascolta anche la presidente.
«Gli ho detto “i posti sono già finiti”…». È Duca che si sfoga con il direttore amministrativo Valorosi (finito anche lui ai domiciliari assieme all’ex sottosegretario all’Interno e segretario regionale del Pd, Gianpiero Bocci, e all’assessore alla Sanità, anche lui del Pd, Luca Barberini) fotografando la situazione delle pressioni subite dai «referenti politici» per segnalare persone da far avanzare in uno dei concorsi finiti nel mirino degli investigatori.
Tra i referenti, almeno per un concorso e un nominativo, c’è anche Catiuscia Marini. Che si spende personalmente per una parente di un dirigente della Legacoop Umbria. Il tramite tra la governatrice e la candidata è una certa Marisa: «Ti mando la Marisa?» chiede la Marini a Duca per mandare «a prendere le domande da consegnare alla candidata, ma Duca tentenna e così la Marini chiama Valentino Valentini, suo consigliere politico (scrivono i Pubblici ministeri).
La Marini dice a Valentini di mettere le tracce della prova scritta in una busta e di portarle alla “…Marisa, quella della Lega Coop…”» così da farle avere alla candidata. «Mettetela dentro» raccomanda a Duca.
Ma qui sorge un problema: la donna non ha i titoli per partecipare al concorso. Sempre dai dialoghi intercettati e trascritti nelle oltre 500 pagine di richiesta di misura cautelare dei Pm perugini: «Marini: “Poi mettice anche, che c’ha la laurea…”. Duca: “e questa è la domanda… la domanda importante… dopo, adesso lo verifico”. Marini: “Quale domanda?”. Duca: “…di essere in possesso di diploma di istituto tecnico commerciale geometra conseguito…”. Marini: “No, geometra”. Duca: “Vabbé, comunque cercamo… sta tranquilla». Finirà che la candidata non potrà terminare il concorso perché non in possesso dei titoli richiesti, ma verrà spostata in un’altra selezione.
La Procura dopo avere acquisito le prime ammissioni ha dichiarato che «C’è stata una gara a fermare le indagini» dice De Ficchy in un contesto caratterizzato da una «profonda omertà» dove anche chi è stato danneggiato non ha avuto «il coraggio di denunciare».
C’è un passaggio sugli appalti che i Pm sottolineano in neretto «… Le uniche cose dove tu… ci puoi rimettere il fondoschiena per intero… sono …i concorsi e le gare d’appalto» dice Duca a una giovane dottoressa che si è presentata assieme alla zia dirigente comunale per avere un aiuto in vista di un concorso. E proprio gli appalti possono essere il prossimo passo dell’indagine. A partire da quella richiesta di aiuto in una selezione all’ospedale per la figlia del dirigente di un’azienda con cui l’ospedale ha firmato un appalto da oltre un milione d’euro.
L’opinione (amaramente ironica):
Buona parte (temo quasi una maggioranza) del trasversale e conclamato sistema pubblico-politico italiano, nazionale e regionale, esprime interiormente tutta la propria indignazione e solidarietà alla Giunta e burocrazia regionale dell’Umbria, poiché “così fan e hanno fatto da sempre tutti” in Italia. E con queste ultime norme, barbare e populiste, come la volgare “spazzacorrotti” oppure la “tagli ai vitalizzi” e altre plebee nefandezze analoghe, si mettono in discussione i “diritti acquisiti” di governare e amministrare questa Nazione, Regioni, Enti e Comuni, con il clientelismo, il voto di scambio, il mercimonio, l’ingordigia, lo sprezzo. Si vuole persino impedire di continuare a raccontare, come da sempre al popolino, retoriche propagandistiche tramite i nostri blasonati assoldati/e e avviati menestrelli/e, nelle televisioni pubbliche e ora sui social, oppure di foraggiare per fini elettorali, manifestazioni, eventi, passerelle, processioni e similari, i cui contributi per almeno un quarto ritornano in nero o in “prestazioni” alla politica o al funzionario che li ha erogati. Alla gente, da sempre, basta dare quanto dovuto al suo rispettivo livello intellettivo, come panem et circenses, molliche e avanzi a pioggia e poi facendola sfogare, azzuffandosi i cittadini tra di loro come buoi in un recinto, per poi comunque spremere loro il dovuto latte, carne e pelli (estorsione fiscale, vessazioni di vario genere, ecc.). Ma d’altronde, vi immaginate se le persone s’impicciassero di come si gestisce la Cosa pubblica ? Ma dove andremmo a finire ? L’Italia è culturalmente una e unita con l’ipocrisia, compiacenza, connivenza, convittualità, spartizione, prostituzione etica e deontologica, omertà sparsa, delinquenza e mafie native e d’importazione. Insinuare questi sacrosanti principi, sovvertire pertanto l’ordine delle cose, vuol dire compiere un atto blasfemo e anticostituzionale. Ricorreremo e reagiremo comprandoci ancora più elettori. La spalmata collettrice politico-pubblica-giuridica-burocratica-sociale umana che ha regnato incontrastata da decenni in questa Nazione, garantendo la generalizzata mangiatoia e culturale corruttela e quindi la mercenaria pace sociale, non si tocca, poiché è una profanazione e un’infamia. Noi siamo tutto e senza di noi i cittadini non sono nessuno.
N
ell’immagine di copertina, la Procura della Repubblica Presso Il Tribunale Di Perugia e il Palazzo Donini sede della Presidenza Regione Umbria.
Adduso Sebastiano
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