Il sequestro è stato disposto dopo la condanna di primo grado a 11 anni per estorsione e trasferimento fraudolento di valori con aggravante mafiosa.
La Dia di Messina, su disposizione della sezione misure di prevenzione del Tribunale, ha sequestrato il patrimonio, quantificato in sette milioni e 200mila euro, di Domenico Molino imprenditore edile della zona tirrenica della provincia messinese ritenuto vicino a cosa nostra.
Il sequestro riguarda due imprese (la Gramey srl e la Edil Delta srl), 21 immobili a Barcellona e Crotone, oltre a vari beni mobili e rapporti finanziari, per un totale, come detto, di oltre 7 milioni, cifra in totale incapienza reddituale, risultato anche degli accertamenti finanziari sui conti bancari intestati a terzi compiacenti.
L’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale è stata chiesta dal Direttore della Dia, Generale Giuseppe Governale, in collaborazione con la Dda di Messina, guidata dal Procuratore Maurizio De Lucia.
Il provvedimento del Tribunale di Messina, sezione Misure di Prevenzione, avvalora quanto emerso dall’operazone Gotha 7. Il Molino risulta infatti ben inserito nel contesto della criminalità organizzata riconducibile al “clan dei barcellonesi” con esponenti del quale ha intessuto, fin dagli anni ’80, stretti legami di tipo “familiare-affaristico”.
A riprova, il Giudice della prevenzione ricorda che al matrimonio di Molino era presente anche lo storico boss barcellonese Giuseppe Gullotti. I collaboratori di giustizia Carmelo D’Amico, Santo Gullo e Carmelo Bisognano indicano Molino come facente parte del “Gruppo di Gala”, poi confluito nel sodalizio criminale capeggiato da D’Amico. Ha ripetuti contatti con noti pregiudicati ed è vincolato alla famiglia Milone, in quanto genero di Filippo Milone e cognato di Agostino Milone, persone coinvolte in diversi procedimenti penali, anche per droga ed estorsione.
Durante il processo abbreviato del 3 aprile 2019 svoltosi a Messina e scaturito dall’operazione “Gotha VII”, l’inchiesta della Dda che ha svelato l’organigramma e le attività della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto che stava cercando di ricompattarsi, nonostante tutti i boss storici fossero detenuti al “41 bis”, attorno a vecchie e nuove figure imponendo estorsioni a commercianti e imprenditori, erano state ventinove le condanne, per un totale di 180 anni di carcere, ed un’assoluzione.
La sentenza è del Gup Salvatore Mastroeni aveva disposto condanne che andavano da un anno e mezzo di reclusione a 12 anni. La condanna più elevata fu data ad Antonino D’Amico e Agostino Milone, mentre 11 anni per Giuseppe Domenico Molino. Condanna a 9 anni e 6 mesi per Mariano Foti mentre 9 anni per Sebastiano Chiofalo, Fabrizio Garofalo, Giuseppe Antonio Impalà. Condannato a 4 anni in continuazione con un’altra sentenza Tindaro Calabrese. Assolto Alessandro Maggio con la formula “perché i fatti non costituiscono reati”.
Il precedente 4 febbraio, i Pubblici ministeri Vito Di Giorgio e Fabrizio Monaco avevano chiesto trenta condanne. L’operazione “Gotha 7” scattò nel gennaio 2018 e portò a 40 arresti da parte dei Carabinieri del Comando provinciale di Messina e del Ros e della Polizia di Stato. A vario titolo furono contestati i reati di associazione mafiosa, estorsione, minaccia, violenza privata ed altro. Nell’ambito delle indagini fu fatta luce anche su estorsioni e rapine nella zona tirrenica tra il 1990 ed il dicembre 2017.
Il Gup aveva anche deciso il risarcimento per le parti civili costituite, e la confisca di quanto era stato sequestrato, anche per le imprese e i beni “di Molino e della Milone”, provvedimento adesso eseguito.
A
dduso Sebastiano
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