Sono trascorsi Sei anni da quell’alba del 28 dicembre del 2014, da quando a bordo di un traghetto battente bandiera italiana, il “Norman Atlantic”, divampò un incendio.
La nave proveniente dalla Grecia era diretta al porto di Ancona ma a 30 miglia dalla costa italiana, nei pressi del canale di Otranto, fiamme e fumo fecero scattare l’allarme. La macchina dei soccorsi si mise subito in funzione e la Marina Militare rispose alle richieste di aiuto del “Norman Atlantic”, intervenendo tempestivamente con mezzi e uomini per trarre in salvo le quasi 500 persone che si trovavano a bordo. Un’operazione rapida, pericolosa ma assolutamente necessaria da compiere e da portare a termine nel minor tempo possibile.
La situazione meteorologica era proibitiva: venti a 40 nodi (75 km/h), mare molto agitato con onde fino a 6 metri. Dalla StazioneAeromobili Marina Militare di Grottaglie si alzarono in volo tre AB-212 e un NH-90 che raggiunsero il traghetto per monitorare l’area ed avere immediatamente contezza della gravità della situazione, mentre dalla Stazione Aeromobili Marina Militare di Catania si involarono tre EH-101 puntando subito verso il medesimo obbiettivo. Dal porto di Brindisi, dopo un rapidissimo approntamento e richiamato a bordo l’equipaggio, nave San Giorgio mollò gli ormeggi e salpò verso il “Norman Atlantic”, seguito dal cacciatorpediniere Durand de La Penne, di stanza a Taranto. A partecipare alle operazioni di soccorso anche mezzi dell’Aeronautica Militare, della Capitaneria di Porto e alcuni natanti civili disponibili nelle immediate vicinanze.
L’obiettivo era quello di trarre in salvo i passeggeri e l’equipaggio di bordo nel più breve tempo possibile, considerata la gravità della situazione che non lasciava alcun margine. Le condizioni del traghetto erano infatti gravemente compromesse, per cui bisognava agire con estrema risolutezza. In quella circostanza, la componente aeromobili della Marina Militarerisultò determinante nella buona riuscita dell’impresa, impiegata al meglio da nave San Giorgio con l’appoggio di nave Durand de La Penne in un esemplare modello di “sea-basing”, autentico fiore all’occhiello della Squadra Navale.
Il racconto di quella lunga notte ci restituisce un quadro apocalittico fatto di fiamme alte che lambivano il ponte superiore dell’imbarcazione, i forti venti che rendevano particolarmente complesse le operazioni di recupero dei naufraghi, le onde impetuose che contribuivano a dare maggiore instabilità al traghetto. Il contrammiraglio Pierpaolo Ribuffo, a capo del 3° Gruppo Navale della Marina Militare, imbarcato sull’unità anfibia San Giorgio, assunse il comando delle operazioni, coordinando uomini e mezzi a sua disposizione. Nelle ore successive – con mare in burrasca e potenti venti – un’incessante sequenza di decolli e appontaggi degli EH-101, furono capaci di trasportare dal “Norman Atlantic” al ponte di nave San Giorgio fino a 20 persone alla volta, per un totale di 149 ore di volo complessive. Prezioso e fondamentale per la tempestività dei soccorsi fu il lavoro del personale medico e sanitario della Marina a bordo delle nostre unità, presente e operativo fin dalle fasi iniziali di recupero dei passeggeri.
Le operazioni del trasferimento dei naufraghi (184 recuperati da nave San Giorgio e 31 trasbordati da nave Durand de La Penne) terminarono nel primo pomeriggio del 29 dicembre, a conclusione delle quali si diede subito il via alla fase del rimorchio del “Norman Atlantic”.
Il 30 dicembre, con l’arrivo nel porto di Brindisi e l’ormeggio di nave San Giorgio, si concluse l’intervento della Marina, durante il quale la Forza armata mise in evidenza la propria vocazione a proiettare rapidamente preziose capacità per gestire al meglio situazioni critiche laddove esse si verifichino, e la versatilità di impiego anche in azioni non militari per dare un fondamentale contributo alla collettività in momenti di emergenze e di calamità naturali. Anche, e soprattutto, in quella occasione è venuta fuori una connotazione fondamentale della Marina Militare che – con l’impiego nelle operazioni della sua componente navale, aerea e sanitaria – ha espresso appieno la sua caratteristica expeditionary.
Il caso “Norman Atlantic”, in quello che è da molti definito un case history, è stato un esempio di eccellente gestione di una situazione critica in cui ogni attore ha contribuito con le proprie specificità e competenze a cooperare per il più nobile degli obiettivi: salvare vite umane
Cristina Adriana Botis su segnalazione di Daniela Napoli, Giampiero Maria Fabretti, MM
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