Un Lago di acqua salata su marte, una scoperta che si attendeva da 40 anni
Una nuova scoperta tutta italiana è avvenuta nei meandri dell’universo conosciuto grazie al radar italiano Marsis della sonda Mars Express.
A un chilometro e mezzo sotto i ghiacci del Polo Sud di Marte c’è un grande lago di acqua liquida e salata.
La notizia è stata pubblicata su Science, la scoperta è stata presentata da Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), università Roma Tre, Sapienza e Gabriele d’Annunzio (Pescara), Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
Secondo una prima indagine il lago potrebbe avere tutti i requisiti per ospitare la vita.
Il grande lago sotterraneo su Marte è stato scoperto dai ricercatori italiani che hanno usufruito dei dati del radar Marsis, a bordo della sonda europea Mars Express.
Il lago, esistente già da lungo tempo, è formato da acqua liquida, sali ed è protetto dai raggi cosmici. Questi, secondo i ricercatori sono elementi che potrebbero far pensare anche a una nicchia biologica.
La conca d’acqua ha un diametro di 20 chilometri e una forma vagamente triangolare. Il lago, buio e salato, è probabilmente profondo qualche metro e si trova nella regione di Marte chiamata Planum Australe, nel Polo Sud del pianeta.
Il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Roberto Battiston ha così commentato la scoperta:
“È una delle più importanti degli ultimi anni. Sono decenni che il sistema spaziale italiano è impegnato nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa. I risultati di Marsis – ha rilevato Battiston – confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia e sono un’ulteriore riprova dell’importanza della missione europea a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul pianeta rosso alla ricerca di tracce di vita”
“C’è stato un tempo in cui Marte era abitabile, con un clima simile alla Terra, ma nel tempo il pianeta ha perso la sua atmosfera e con essa l’effetto serra che riscaldava, e di conseguenza l’acqua è ghiacciata e poi è scomparsa. Restavano i segni lasciati dalla presenza dell’acqua, ma restava da capire dove fosse finita e capire dove andare a cercarla”, ha detto Orosei, dell’Istituto di Radioastronomia di Bologna dell’Inaf.
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