“CR7 non è com Messi, Pelè o Maradona”
Mario Sconcerti, alla vigilia della prima giornata del nuovo campionato di Serie A, ha parlato attraverso il suo editoriale per l’edizione odierna del Corriere della Sera del nuovo torneo e di Cristiano Ronaldo.
Ecco le sue parole:
“La sua sigla onnipresente sembra quella di un’auto da Formula 1 pronta a scattare o di un modulo per pagare le tasse prossime alla scadenza. CR7 è un po’ tutte e due le cose: l’atleta-macchina che ha portato il calcio nel futuro adesso è pronto a godersi il suo primo giro d’Italia, a cominciare da Verona. Ma Ronaldo, che ha lasciato stizzito il Real Madrid e la Spagna dopo i trionfi ma anche i processi e i maxi risarcimenti fiscali, è pronto a diventare la tassa del weekend per tutti gli avversari, proprio come lo è stata la Juventus negli ultimi sette anni di vittorie: la fusione tra le due aziende, quella del portoghese e quella bianconera, non promette sentimentalismo e sogni, ma solide realtà e trofei da toccare con mano.
Per questo la frase più importante dell’estate, da stampare sui muri juventini è quella pronunciata da Massimiliano Allegri durante la tournée negli Stati Uniti: ‘Basta euforia, Ronaldo deve essere la normalità’.
Ma soprattutto all’inizio, se arriveranno esibizioni muscolari o al contrario passi falsi inattesi, non sarà così semplice trattare CR7 come un giocatore normale. Anche perché l’attesa per l’epifania del Campione venuto a salvare il calcio italiano nell’estate dei senzamondiale è stata isterica e ha travolto anche gli avversari, chiamati ad alzare l’asticella ben più del previsto.
Quando Cristiano studiava da leader del Manchester United, Sir Alex Ferguson gli mostrava i vhs della Juventus, per inoculargli la fame di vittoria dello squadrone di Fabio Capello. E in fin dei conti lo sbarco del portoghese a Torino chiude anche un ciclo, quello della rinascita bianconera, che però deve davvero compiersi anche in Europa. Perché Ronaldo in fatto di successi è un campione molto democratico: ha vinto cinque campionati (tre in Premier e due nella Liga), cinque Champions (una coi Red Devils e quattro con il Real) e naturalmente cinque palloni d’oro. La Juve che punta all’ottavo scudetto consecutivo può stimolarlo ad essere sempre sul pezzo in campionato, anche se la gestione fisica andrà calibrata. Ma in Europa sarà Cristiano a dare a tutto l’ambiente qualcosa in più: un mix di autostima, istinto killer nelle partite decisive e fisicità debordante che un certo Gonzalo Higuain, non ha quasi mai portato in valigia al di là del confine.
Anche per questo, ciò che andrà in scena da domani sarà qualcosa di completamente diverso: Ronaldo non ha la classe pura di Messi, Pelé, Maradona, Platini o Cruyff. Ma a 33 anni, pur avendo giocato finora quattro stagioni in meno rispetto al grande olandese, ha già disputato oltre 250 partite più di lui: un’enormità, un dato tra mille altri che serve a capire l’evoluzione della specie calcistica e il suo simbolo più potente e più moderno, che esce dal campo con la testa alta anche quando perde, come al Mondiale russo, eliminato dall’Uruguay agli ottavi dopo la pirotecnica tripletta all’esordio contro la Spagna.
Chissà se Cristiano avrà l’opportunità di mostrare subito anche in serie A la sua classica esultanza, esportata in tutti gli stadi spagnoli e in buona parte d’Europa: quella in cui salta di gioia, indicando il terreno appena annesso, l’ennesimo.
Un movimento tellurico in cui il confine si sposta sempre più in là. Non solo il confine di Ronaldo il Conquistatore, ma quello di tutta la squadra, quasi «costretta» a tirare fuori il meglio di sé per inseguire il proprio capobranco. Per gli avversari, più che una linea immaginaria è un solco concreto. Che sembra già preoccupante prima ancora di cominciare”.
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