Il gasdotto fornirà a Tokyo 25 miliardi di metri cubi l’anno di metano. Il progetto voluto da Putin e Abe mira ad arginare lo strapotere della Cina. Intanto Pechino rilancia un’alleanza hi-tech con Israele. Al centro del progetto lo sviluppo di progetti sull’intelligenza artificiale ma anche il trasferimento di conoscenze e tecnologie per la lotta all’inquinamento e la protezione delle risorse idriche.
Una maxi-intesa sul metano, la sfida di Russia e Giappone
Un gasdotto fornirà a Tokyo 25 miliardi di metri cubi l’anno di energia
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e l’intesa verrà formalizzata, avrà non solo un valore economico ma anche geopolitico, e da molteplici punti di vista. Senza dubbio rafforzerà i due Paesi contro lo strapotere cinese. Ma anche l’Occidente sarà coinvolto. Mosca dopo l’intervento in Ucraina e l’imposizione delle sanzioni economiche occidentali ha diversificato le sue esportazioni di gas per non dipendere troppo dal mercato dell’Europa. Anche se le sanzioni non hanno coinvolto il metano, Putin teme che in futuro arrivi qualche brutta sorpresa da quel fronte, perciò vuole allargare il novero dei clienti. Dopo la Cina, il Giappone è benvenuto.
Però le relazioni fra Mosca e Tokyo sono complicate. A più di settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, russi e giapponesi hanno ancora un contenzioso aperto su quattro isolette, le Kurili meridionali. Mentre l’appartenenza del resto di quest’arcipelago alla Russia non è disputata, le quattro isole più vicine alla giapponese Hokkaido, occupate dai russi nel 1945, sono considerate irrinunciabili da Tokyo. Non ci sono risorse economiche nelle Kurili meridionali, a parte la pesca dei granchi, eppure né Tokyo né Mosca sono disposte a rinunciarvi. È una questione tutta politica, di prestigio, di puntiglio. Forse addirittura un fatto di psicologia sociale.
Comunque per Mosca potrebbe trattarsi di una carta da giocare per ottenere molto in cambio di poco. Di tanto in tanto se ne torna a parlare. Nel dicembre scorso l’attività diplomatica fra russi e giapponesi si è infittita ed è stato valutato un compromesso: dividere due per parte le quattro Kurili meridionali. Per ora non se n’è fatto nulla, ma Mosca accompagnerebbe di sicuro ogni concessione a clausole accessorie che la rafforzerebbero.
Guardando le cose dal punto di vista di Tokyo, per il Giappone il gas siberiano potrebbe diventare una necessità più che una scelta. Al momento il Paese dipende per il 30% dall’energia nucleare, che però è in discussione dopo l’incidente nella centrale di Fukushima. Ora il Giappone valuta di disfarsi completamente dell’atomo, ma con che cosa sostituirlo? Le energie verdi e il risparmio energetico fanno passi da gigante ma ancora per decenni non basteranno a tutto. Un bel flusso di metano dalla Russia risolverebbe questo problema.
I giapponesi al momento sono i maggiori importatori mondiali di gas naturale liquefatto (Gnl). Il gas liquefatto costa circa il doppio di quello naturale. Perciò un bel gasdotto fra l’isola russa di Sakhalin e quella giapponese di Hokkaido potrebbe aumentare la disponibilità locale di metano, o dimezzarne il costo a parità di import, o un mix fra le due cose. Ma poi Tokyo sarebbe più dipendente da Mosca, e quindi ricattabile in caso di crisi politiche internazionali future?
Il Giappone vorrebbe anche qualcos’altro dalla Russia, oltre alle Kurili meridionali. Per esempio Tokyo si aspetta più aiuto da Mosca nel contrastare l’atomica nordcoreana. Ma finora la Russia non si è spesa. Nei rapporti col Giappone, Putin sembra avere il coltello dalla parte del manico.
vivicentro.it/economia
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