“Momento o motivo della vita affettiva caratterizzato da uno stato di violenta e persistente emozione, spec. in quanto riconducibile a un ambito erotico-sentimentale o in contrasto con le esigenze della razionalità e dell’obiettività”. Questo il significato della parola ‘PASSIONE’ almeno secondo il dizionario Zanichelli. Daniele De Rossi è senza dubbio un passionale. Gli indizi? Molteplici: bacia la maglia giallorossa (l’unica che abbia mai vestito, se si esclude quella bianca e viola dell’Ostiamare, società nella quale ha militato fino all’età di 16 anni prima con il ruolo di terzino, poi di attaccante) e gli si gonfia la giugulare quando esulta. La giugulare è quella vena che riporta il sangue carico di anidride carbonica dalla testa al cuore affinché venga drenato. Testa-cuore è il dualismo spesso irriducibile che dà corpo alla passione, anche a quella per i due colori di una casacca. Tutto torna.
AB INITIO – Il ragazzino biondo oggi capitano, nasce il 24 luglio del 1983 (che è anche l’anno in cui al cinema esce Scarface e l’anno della scomparsa di Emanuela Orlandi oltre che del caso Enzo Tortora) e ben presto comprende che la sua vita sarà fatta di pane e calci ad un pallone. Dicevamo delle prime esperienze calcistiche nella squadra della sua città, Ostia, e poi a 17 anni l’approdo nel settore giovanile giallorosso dove il padre Alberto era già allenatore della Primavera. È Bencivenga a ritagliargli il ruolo che farà le sue fortune sul rettangolo di gioco: lo prova come centrocampista ed il ragazzino va. E come se va…nel 2001 Daniele viene convocato in prima squadra. Sembra un sogno: nell’anno dello scudetto, lui appena diciottenne ha la possibilità di giocare gomito a gomito con mostri sacri come Batistuta, Montella, Totti, Samuel, Cafu, Zago, Del Vecchio, Aldair, Emerson e lo stesso Eusebio Di Francesco, che oggi a distanza di 16 lunghi anni, si ritrova come allenatore. A piccoli passi, già nella stagione 2001-2002 riesce ad accumulare 194′ giocati tra Coppa Italia e Champions League (in cui entrò al 70′ della sfida contro l’Anderlecht che finì con il risultato di 1-1). Stagione 2002-2003, 344′ giocati in totale tra tutte le competizioni, 4 presenze in Serie A e le prime 2 reti segnate con la maglia della sua amata Roma, una contro il Torino il 10 maggio 2003 ed un’altra il 23 maggio contro l’Atalanta (entrambe all’Olimpico, davanti al suo pubblico, per iniziare ad educare la giugulare). Da allora, una crescita esponenziale, tanto che nel 2003-2004 sfonda il tetto dei mille minuti disputati sul campo, nel 2004-2005 sono più di 3000 i minuti totalizzati con 38 presenze complessive e 4 gol. Nella stessa stagione arrivano anche le prime gioie legate alla Nazionale, alla quale De Rossi tiene tantissimo: vince l’Europeo Under 21. Nell’anno successivo va a segno addirittura per 6 volte, un bottino considerevole per uno di soli 22 anni che ormai di mestiere fa il mediano. Del resto, a stare a sentire Ligabue il mediano è quello che “segna sempre poco, che il pallone deve darlo a chi finalizza il gioco“. Il 2006-2007 l’anno campale: si laurea campione del mondo con la spedizione azzurra guidata da Lippi e conquista il primo trofeo vinto da vero protagonista con la sua Roma: la Coppa Italia. Nella finale di andata di quella competizione, segna un gol decisivo contro l’Inter, sempre all’Olimpico, sempre davanti al suo pubblico che lo acclama come figlio di Roma di cui potersi vantare. Nel 2007-2008 arrivano la seconda Coppa Italia e la Supercoppa Italiana da mettere in bacheca. Anche in Supercoppa, il gol decisivo, sempre contro l’Inter, porta la sua firma. Nel 2009/2010, la sua stagione più prolifica, con ben 11 reti all’attivo. Ad oggi, le statistiche contano 561 gare ufficiali e 419 partite giocate in Serie A, 41 reti complessive in Serie A e 59 totali tra Coppa Italia, Champions League, Europa League, Coppa Uefa, qualificazione Europa League e Supercoppa Tim, tutte con un’unica maglia.
Dal 30 giugno 2017, con l’addio al calcio giocato di Francesco Totti, capitan futuro è diventato ufficialmente capitan presente a 34 anni di età compiuti quest’oggi.
ODI ET AMO – Dopo Roma-Inter del 27 marzo 2010, disse: “La Roma la amo troppo, viene dopo mia figlia. Non è ruffianeria. Mi viene da baciarla la Roma.” Ma si sa, questa è una città particolare. Se ne era già accorto Goethe agli inizi dell’800, quando, strabiliato dalla bellezza dell’Urbe, scriveva che “solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma”. E forse Daniele De Rossi dalla sua Roma non è mai stato compreso fino in fondo. Il malumore per uno stipendio elevato e le chiacchiere da bar di una parte della tifoseria e degli addetti ai lavori sulla sua vita privata si sono fatte negli anni insistenti e fin troppo indiscrete. Male, perché il pollice verso non dovresti mai riservarlo ad un figlio che fa di tutto per renderti fiero, ad un ragazzo di quelli a cui si gonfia il petto pensando a “mamma Roma”. Ora tutto questo rappresenta un capitolo concluso e da fine agosto in poi quella fascia al braccio di Daniele cancellerà ogni asprezza passata, presente e futura. Lui, nonostante tutto, è rimasto sempre fedele a sé stesso e a quella passione che forse soprattutto quando ti fa soffrire merita di essere vissuta. Ma questa è una cosa che non a tutti è concesso di comprendere. Forse, solo agli stessi che si sono lasciati rigare il volto da una lacrima quando Daniele ha detto: “Ho un unico rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera“.
Claudia Demenicao
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