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Castellammare di Stabia

Roberto, il precario del No

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Roberto: giardiniere, barista, operaio in una fabbrica di giocattoli, magazziniere in un ospedale, educatore e vice-sacrestano in parrocchia.

Vita – senza miracoli – di Roberto, 43 anni di cui 25 vissuti da precario, costretto a campare soprattutto grazie alla pensione dei genitori. Due certezze: al Referendum ha votato No, se avesse avuto un lavoro avrebbe votato Sì.

Il racconto di Mattia Feltri.

“Dai volantini al giardinaggio: 25 anni da precario. Avessi un lavoro avrei votato Sì”

Roberto, 43enne di Milano costretto a vivere con la pensione dei genitori

M

ILANO – «Mi chiamo Roberto Montino, ho 43 anni, e sono precario da venticinque». Dove vive? «Qui a Milano, in zona Romolo, insieme con i miei genitori». Che lavori ha fatto nella vita?«Il primo impiego è stato nel ’91, barista in una pasticceria di Porta Romana, poi all’Associazione Arcobaleno dove assemblavo giocattoli, poi lo scaffalista in un supermercato, il magazziniere all’ospedale San Luca, volantinaggio, l’educatore in parrocchia, il vicesacrestano cioè allestivo la messa e aprivo e chiudevo la chiesa, ho caricato e scaricato i camion della Caritas, ho aiutato Giovanni Toti in campagna elettorale, ho fatto lo scrutatore, il rappresentante di lista, l’ascensorista e sono stato all’ufficio smistamento lettere per i programmi di Mike Bongiorno. Mai a tempo indeterminato. Sicuramente dimentico qualcosa. Infine ho lavorato per una cooperativa nella manutenzione del verde ed è il mestiere che mi piace di più perché ho un attestato da vivaista».

SENZA OCCUPAZIONE  

Lo ha lasciato? «Ho preso una pausa perché guadagnavo 14 euro al giorno per quattro ore che diventavano cinque o sei, per cinque giorni la settimana». Fanno trecento euro al mese. «Anche meno. Forse a gennaio riprendo, perché non è lo stipendio a spaventarmi. Certo, è pochissimo, ma mi basterebbe se fossi assunto a tempo determinato perché almeno potrei programmare la vita su un’entrata certa». Che cosa fanno i suoi genitori? «Sono pensionati. Mio padre era grafico pubblicitario, mia madre impiegata in un ufficio marketing. Mia madre mi passa sette euro al giorno, mio padre quando può altri tre o quattro. Quando ho comprato un pacchetto di sigarette ho già speso metà della mia somma».

VITA DA EMARGINATO  

Siamo in un bar vicino alla fermata Romolo, periferia sud di Milano. Ogni tanto a Roberto si arrossano gli occhi. Ha una ragazza? «Ne frequento una da quattordici anni». Vorrebbe andare a vivere con lei? «No, no, adesso vorrei soprattutto dare una soddisfazione ai miei genitori. Non gliene ho mai data una. Vorrei un lavoro, così sarebbero più sereni e orgogliosi di me». Esce alla sera? «Mai. Torno a casa alla intorno alle diciannove, ceno e spesso vado subito in camera mia. Io non sono in grado di offrire un caffè a un amico. Uscire alla sera significa spendere venti euro come niente». Al cinema? «Non ci vado da vent’anni, penso. E nemmeno alla stadio». Di che squadra è tifoso? «Del Milan. Quando ero ragazzino, mio padre lavorava per il Milan. Avevo l’abbonamento al secondo anello. Erano i tempi di Gullit, Van Basten e Rijkaard. Mio padre ha l’abbonamento via cavo, vedo la partita in tv».

LA RABBIA CONTRO L’EURO  

Vacanze? «Sono andato l’anno scorso in Romania con la parrocchia, abbiamo portato vestiti e giocattoli in un campo rom. Dormivo in una stanza con cinque o sei ragazzi rom, ragazzi meravigliosi. Mi è piaciuta la Romania. Al ristorante mangiavamo e bevevamo e pagavamo dieci euro. Ecco, io odio l’euro. Con la lira pagavo un pacchetto di sigarette duemila e cinquecento lire, adesso cinque euro, cioè diecimilalire. Quale inflazione può quadruplicare i prezzi in quindici anni?». Per chi vota? «Non mi va di parlare di politica». Le piacciono Grillo e Salvini? «Lasciamo perdere». Loro sono contro l’euro… Mi dica almeno che cosa ha votato al referendum. «Ho votato No». Perché? «Perché la Costituzione va bene così». Se avesse trovato un posto di lavoro, avrebbe votato Sì? «Penso di sì». Che c’entra il suo lavoro con la Costituzione? «Se avessi un lavoro fisso, e tutta l’economia andasse meglio avrei fatto in modo che Renzi non si dimettesse». Che colpe ha Renzi? «È proprio questo mondo che non mi piace. Vedo troppe differenze fra ricchi e poveri. C’è chi spende e spande oltre ogni necessità o desiderio, e gente che vive sulla strada di carità. Come è possibile tollerarlo? Qualche giorno fa ho dato trenta centesimi a un senza tetto e lui mi ha detto che Dio ti benedica e gli ho detto che benedica te, che hai più bisogno di me. A me non sembra così difficile fermarsi a pensare ogni tanto».

NESSUNA ASPETTATIVA

Roberto, lei ascolta musica? «Sì, ho una collezione di qualche centinaio di sigle di telefilm e cartoni animati degli anni Settanta, Ottanta e Novanta». Dove la ascolta? «Nel telefonino». Non ha un amplificatore? «No». Un computer? «No». Cosa fa tutto il giorno. «Mi alzo presto alla mattina, faccio commissioni per delle persone che mi danno la mancia». Non ha altre passioni? «Le fiction, The Mentalist, Bones, questo genere». Non vorrebbe figli? «Non ci penso». Non ha un sogno? «Vorrei dare una soddisfazione ai miei genitori, che forse non gliel’ho mai data». Me lo ha già detto. «Sì, ma loro sono i miei genitori adottivi. Mi hanno adottato quando avevo due mesi. Mia madre, quella biologica, mi ha dato il nome Roberto ma non l’ho mai conosciuta, né lei né mio padre e non ho voglia di conoscerli. Sono così grato a mamma e papà, quelli veri, quelli che amo, quelli adottivi, che davvero vorrei tornare a casa e dire: ho trovato un lavoro, ho una busta paga. Invece mi offrono tirocinii, e non capisco: è un tirocinio per prepararmi a un lavoro o è un tirocinio a vita?». Quando parlavo di sogno intendevo proprio un sogno, un viaggio New York, un attico in centro a Milano. Chiuda gli occhi e sogni. «Sogno di essere una persona più considerata».

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