Rimuovere il sesso dai certificati di nascita pubblici: è quanto chiede l’AMA (l’American Medical Association) ed il movimento LGBTQ, ed è anche ciò che consiglia un grande gruppo di medici.
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uesto il tema sollevato da diverse associazioni e avvalorato anche dall’assenso di un numero sempre maggiore di dottori e scienziati e, a ben riflettere, è una cosa abbastanza logica visto che, al momento della nascita, NESSUNO può essere in grado di determinare, con sicurezza, a che genere appartenga il nascituro.
In quel momento, di fatto, si possono solo notare (magari annotare) alcune caratteristiche “fisiche” che esso, a grandi linee, presenta: pene o vagina; ma della loro effettiva corrispondenza ad un genere sessuale non si può avere alcuna certezza e, probabilmente, non la si avrà anche per diversi anni ancora.
Classificare quindi, come Maschio o Femmina, solo in funzione di quanto al momento si “vede”, è atto puramente arbitrario, magari fuorviante e quindi, alla lunga, penalizzante per chi, erroneamente, è stato catalogato nelle DUE SOLE categorie che la tradizione ha sempre considerato trascurando (spesso condannando ed esecrando) tutte le altre varianti di genere che oggi sono ben conosciute soprattutto perché NON si nascondono più.
È da questa innegabile considerazione che parte la ragionevole richiesta, da parte dell’AMA, LGBTQ e di un numero sempre maggiore di medici e scienziati, che il sesso sia rimosso come designazione legale dalla parte pubblica dei certificati di nascita, come anche dalla carta d’identità e passaporto, perché l’arbitraria assegnazione può portare a discriminazioni e oneri inutili per le persone la cui attuale identità di genere non è allineata con la loro designazione alla nascita, in particolare quando si iscrivono a scuola o sport, adottano, si sposano o richiedono documenti personali e, comunque, in tutte quelle occasioni nelle quali viene richiesta l’esibizione di un documento di identità.
La designazione del sesso di una persona alla nascita potrebbe comunque essere annotata nel certificato (estratto) di nascita unicamente per uso medico, sanitario e statistico.
Inoltre, cosa non marginale, l’eliminazione di questa “classificazione” non solo riconoscerebbe la “diversità dei corpi”, che esiste nello spettro di genere e sesso, ma toglierebbe anche ossigeno ai troppi gruppi omofobi che, proprio da questa “marcatura” alla nascita, fanno uno dei loro punti di forza per denigrare, e magari anche condannare, chi non è in linea con il “sistema binario” Maschio/Femmina.
È pur vero che, al caso, può essere richiesta, a posteriori, la modifica di un certificato di nascita e che la cosa non è costosa (comunque però NON gratuita) ma, il farlo, può richiedere molto tempo e spesso richiede conoscenze istituzionali: avere familiarità con il processo o avere qualcuno che può guidarti attraverso di esso.
La rimozione del sesso assegnato dalla parte pubblica del certificato di nascita non solo riconoscerebbe la “diversità dei corpi”, che esiste nello spettro di genere e sesso, ma potrebbe anche rimuovere una delle principali barriere che le persone non conformi al genere affrontano quando cercano di partecipare alla società
Inoltre, cosa non marginale, ” toglierebbe ossigeno” ai troppi gruppi omofobi che, proprio da questa “marcatura” alla nascita, fanno uno dei loro punti di forza per denigrare, e magari anche condannare, chi non è in linea con il “sistema binario” Maschio/Femmina.
Comunque sarebbe un ostacolo in meno con cui dovranno fare i conti i futuri bambini, e non sarebbe cosa di poco conto!
Questa la situazione al momento come anche la reale connotazione dell’essere umano che non è MAI STATO BINARIO, e sarebbe ora di farsene una ragione e di evitare anche questa discriminazione unitamente a tante altre: bianco, nero, giallo, rosso, cattolico, mussulmano, buddista ecc ecc .
Si suol dire che tutto arriva per chi sa attendere. Sarà anche vero ma c’è il fattore tempo di cui tener conto e che la lunghezza di una vita umana non è infinita; come anche la pazienza!
Rimuovere il sesso dai certificati di nascita (documenti) pubblici! / Cristina Adriana Botis / Redazione
