Dopo un’intervista rilasciata dal Pm Di Matteo a La7 sulla Strage di Capaci il Procuratore capo ha rimosso ol Magistrato dal neonato pool stragi.
Le risposte alla intervista di Andrea Purgatori, per la trasmissione di La7 “Atlantide”, sono costate a Nino (Antonino) Di Matteo, il pm che ha istruito il processo sulla Trattativa Stato-Mafia, la rimozione dal neonato pool sulle stragi, che era stato costituito da un paio di mesi per far luce sulla presenza di “entità esterne nei delitti eccellenti di mafia”.
Lo riporta il quotidiano nazionale La Repubblica. Dopo la puntata di “Atlantide” andata in onda sabato 18, il Procuratore capo Federico Cafiero de Raho ha deciso la rimozione del Magistrato Di Matteo. Provvedimento immediatamente esecutivo da martedì. E stato anche comunicato al Consiglio Superiore della Magistratura ma il cui fascicolo non è stato ancora incardinato nei lavori della rispettiva Commissione che si occupa di assegnazioni e revoche.
Le domande durate l’intervista in causa sono quelle che: da quel 23 maggio 1992 in cui sull’autostrada vicino Capaci fu ucciso il Magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la loro scorta composta da Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani; e da qual 19 luglio 1992 in Via D’Amelio a Palermo venne assassinato il Magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
“Fu solo la mafia ad organizzare le stragi mafiose del 1992 che uccisero i giudici Falcone e Borsellino? Secondo Nino Di Matteo, Sostituto Procuratore della Dna, l’uomo piu’ scortato d’Italia, impegnato da 27 anni con le indagini sulle stragi di mafia e sugli attentati a Falcone e Borsellino, sui rapporti tra cosa nostra e parti delle istituzioni, e PM nel processo sulla trattativa Stato – mafia, c’è un latitante come Messina Denaro che sa molte cose ed è in grado di ricattare lo Stato. Per questo, secondo Di Matteo, il boss andrebbe preso il prima possibile: la sua latitanza, così come quella di Provenzano e altri capi mafiosi, è protetta da qualcuno“.
Il Procuratore capo Cafiero de Raho contesta a Di Matteo di aver interrotto il «rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia» impegnate nelle indagini sulle stragi. Ovvero, di avere risposto al conduttore della trasmissione, Andrea Purgatori, con delle analisi che ricalcano le piste di lavoro riaperte sulle stragi, su cui si sta discutendo in riunioni riservate.
Qualcuno osserva però che Di Matteo ha fatto riferimento esclusivamente ad elementi noti che sono legati alla strage di Capaci che il 23 maggio 1992 portò alla morte Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. E sarebbero, secondo “Repubblica”, il ritrovamento, accanto al cratere di Capaci, di un biglietto scritto da un agente dei servizi segreti e di un guanto con Dna femminile; ma anche la scomparsa del diario di Falcone da un computer del Ministero della Giustizia e l’ipotesi che alcuni appartenenti a Gladio, un’organizzazione paramilitare, abbiano avuto un ruolo nella fase esecutiva della strage. Elementi che appunto porterebbero Di Matteo a sospettare di presenze esterne sul luogo dell’eccidio. Il Pm, che nel pool era affiancato da un altro paio di Magistrati palermitani, Franca Imbergamo e Francesco Del Bene, tornerà quindi al vecchio incarico della Direzione Nazionale Antimafia, in attesa della decisione del CSM.
In un articolo scritto da queste pagine qualche anno addietro “Il Magistrato dr. Giovanni Falcone”, si evidenziavano alcune parti sottolineandole poiché eloquenti di quanto dovette combattere anche contro le Istituzioni. E qualche significativo paragrafo di quell’articolo si ritiene di doverlo qui brevemente richiamare: <<Il 20 giugno 1989 si verifica il fallito e oscuro attentato dell’Addaura presso Mondello a proposito del quale Falcone affermò “Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi”>>; <<Fernanda CONTRI, già componente del C.S.M. il 15 dicembre 2016 “… ho molta fatica a venire al Consiglio Superiore perché i quattro anni di vita che io ho passato al Consiglio Superiore sono stati i più brutti anni della mia vita. È la verità, era la consiliatura 1986-1990, pensate al caso Falcone, Borsellino. Sono stati per me strazianti e ancora adesso quando passo, perché sono venuta a Roma per altri quindici anni poi, ma quando passo da Piazza Indipendenza dico all’autista “Vada via” perché ho paura di essere risucchiata dentro. Ovviamente il problema era la mafia, era Giovanni Falcone, era Paolo Borsellino. Voglio ricordare una cosa in positivo, in una notte famosa nello studio del Vice Presidente del C.S.M., quando alcuni suoi colleghi tentarono di mandarlo sotto processo disciplinare, con Elena Paciotti riuscimmo a ottenere una mediazione che non arrivasse a quel punto …”>>.
A
dduso Sebastiano
Lascia un commento