Nella nota trasmissione televisiva Matrix, condotta da Nicola Porro, il 25 aprile si è parlato del bullismo nelle scuole italiane, riflettendo sul caso dell’insegnante di un istituto tecnico di Lucca, umiliato in classe dai suoi alunni, episodio che ha avuto un’enorme risonanza mediatica. (ndr: per chi non avesse seguito la trasmissione, può vedere la parte inerente al problema qui trattato cliccando su questo link ed andando poi alla traccia che parte da: 36’40” )
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l video dell’accaduto, caricato in rete e diventato virale, ha suscitato infatti enorme sdegno nell’opinione pubblica.
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Il ragazzo quindicenne, che insieme ad altri cinque compagni si è reso colpevole di questo brutto episodio, è stato intervistato da “Le Iene” e si è detto profondamente pentito di quanto ha commesso. Intanto i sei ragazzi sono stati denunciati e sospesi e saranno bocciati a causa della loro condotta.
Sotto accusa, anche il docente che, a detta del dirigente scolastico dell’istituto dove insegna, avrebbe avuto un comportamento inadeguato, dimostrando scarsa autorevolezza, e pertanto sanzionato.
La domanda posta è questa: la Scuola e/o i professori aggrediti dai bulli hanno delle colpe? A questa domanda ha risposto, in rappresentanza dei dirigenti scolastici, il prof. Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio.
Il prof. Rusconi, difendendo la categoria, ha rilevato che in istituti scolastici di notevoli dimensioni, come quello in cui si è verificato l’episodio, non è facile per il dirigente essere a conoscenza di tutto ciò che succede nelle varie classi e prendere gli opportuni provvedimenti. Ha poi parlato di incompetenza professionale del docente di Lucca, che non avrebbe avuta un’adeguata reazione.
Se è una colpa non reagire alle provocazioni, non rispondere con offese alle offese e con la violenza ad altra violenza, allora l’insegnante di Lucca è colpevole e come lui le migliaia di altri che ogni giorno, nelle classi delle scuole italiane, sono costretti a subire simili aggressioni verbali e non, senza poter reagire.
Se il docente infatti alzasse la voce potrebbe essere accusato di abuso di mezzi correttivi, se dovesse usarele mani verrebbe denunciato. Se chiamasse in aiuto un collaboratore, non troverebbe quasi mai nessuno, a causa della carenza di personale. Se si lamentasse col dirigente spesso verrebbe accusato di non saper “tenere” le classi.
Quando poi convoca le famiglie dei bulli, queste difendono per principio i figli (che ovviamente hanno dato tutt’altra versione dei fatti). Oltre al danno anche la beffa.
Gli adolescenti (e le loro famiglie) non riconoscono più il ruolo fondamentale che gli insegnanti e l’istituzione scolastica svolgono.
Occorrono allora delle punizioni adeguate, dei seri provvedimenti per quanti non rispettino il regolamento scolastico e le più elementari norme di convivenza civile. Le punizioni inflitte ai sei studenti di Lucca potrebbero quindi fungere da deterrente per tali o simili eventi.
In una società sempre più violenta, in cui l’aggressività è percepita dai giovani come una qualità per farsi strada nella vita, con una notevole gamma di tipi e comportamenti da imitare, il docente o il compagno di classe non violento sono visti come dei perdenti, da deridere o insultare.
Ecco perché il caso di Lucca, assurto agli onori della cronaca perché postato sui social e diventato virale, potrebbe essere emblematico di un fenomeno più esteso di quanto si possa pensare.
Lo psicologo Paolo Crepet, intervenuto alla trasmissione, sottolinea ancora una volta quanto la famiglia odierna non sia più in grado di svolgere il suo tradizionale ruolo educativo.
Egli conclude causticamente dicendo: “Come mai il nostro Ministero non si chiama dell’Educazione, ma dell’Istruzione? Per la semplice ragione che è più facile istruire che educare. Abbiamo pensato che questo dovesse appartenere alla famiglia. Nel frattempo non ci siamo accorti che la famiglia è morta.”
Adelaide Cesarano
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