Ricerca scientifica. A PEER REVIEW ha un problema. Ormai nel mondo della scienza se ne parla da diversi anni. Anche perché il numero di articoli scientifici ritrattati è cresciuto smisuratamente negli ultimi quindici anni.
Ricerca scientifica. Il numero di articoli scientifici ritrattati è cresciuto smisuratamente negli ultimi quindici anni. E continua a crescere. Al punto che negli Stati Uniti se ne sono occupate anche testate come il New York Times e il Wall Street Journal. Il caso recente più clamoroso, non più tardi di una settimana fa, è stato quello di un articolo di biomeccanica pubblicato su Plos One, i cui autori facevano più riferimenti al “corretto progetto del Creatore” per indicare la perfetta funzionalità della mano umana. Inutile dire che la rivista, dopo un diluvio di proteste dei biologi evoluzionisti, ha ritirato l’articolo. Anche se in realtà potrebbe trattarsi di un equivoco. Gli autori, cinesi, hanno subito tenuto a precisare che non intendevano proporre un’ipotesi creazionista, incolpando la loro scarsa dimestichezza con l’inglese.
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a è possibile che a tutti i revisori sia sfuggita una leggerezza così evidente? Diverso è il caso accaduto sempre a Napoli, ma all’Università Federico II, con gli articoli sui pericoli dei mangimi contenenti Ogm del gruppo di ricerca coordinato da Federico Infascelli. Perché in quel caso si trattava di una frode scientifica, molto più sottile e difficile da individuare. E ancora diverso è il caso della Seconda Università di Napoli, in cui gli autori speravano probabilmente di passarla liscia, perché chi mai sarebbe andato a riconoscere le analisi del paziente?
Però il problema generale resta. E che sia alimentato da semplici errori, o dalla determinazione a ottenere gli esiti desiderati a dispetto dei dati sperimentali, o ancora dalla sempre pressante massima publish or perish, “pubblica o muori”, per poter continuare ad attingere a fondi di ricerca, poco importa. Scovare una frode scientifica è difficile, quando non impossibile. E anche se le ritrattazioni non sono molte in assoluto (nel 2011 riguardavano 35 articoli su 100.000), rischiano di gettare un’ombra sull’efficacia del processo di peer review. Il problema è che non ne abbiano uno migliore.
*lastampa / Ricerca scientifica. La truffa dei dati ritoccati e l’ansia da prestazione di MARCO CATTANEO
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