Cronaca: il blitz della scorsa settimana è il frutto di 2 anni di indagini, i retroscena riportano Torre Annunziata agli anni ’80.
I retroscena del blitz di Torre Annunziata
S
ette clan per sette rioni.
Sette padrini, uno contro l’altro, pronti a farsi la guerra e a riempire di piombo e sangue le strade di Oplonti.
Una faida fatta di alleanze e tradimenti, agguati e vendette.
Una partita a scacchi giocata nei vicoli dei rioni di Fortapàsc.
Ogni volta che un giocatore cade ne subentra uno più organizzato e potente pronto a prendere lo scettro del monopolio delle estorsioni e dello spaccio.
I Gionta e I Gallo, i 2 sodalizi storici di Torre Annunziata, negli anni sono stati falciati da arresti e pentiti lasciando uno spazio di comando alle nuove cosche scollegate dai vecchi boss.
Negli ultimi anni dopo il Terzo Sistema, il clan dei ragazzini nati da una costola dei Gionta, si è fatto avanti la cosca dei Sauriello-Scarpa, meglio noti come il Quarto Sistema.
Nelle 100 pagine del provvedimento emesso dal gip di Napoli che ha portato,la scorsa settimana, a 12 arresti, è racchiuso uno stralcio di quello che è stata la camorra degli ultimi 2 anni a Torre Annunziata.
Tra questi spiccano nomi di rilievo nel panorama criminale oplontino riconducibili al clan Gallo- Cavaliere e Quarto Sistema, in particolare 2 dei presunti killer di Maurizio Cerrato, l’uomo brutalmente ammazzato per aver difeso la figlia da una lite per un parcheggio, Antonio Cirillo e Giorgio Scaramella.
Blitz nella notte a Torre Annunziata: scacco matto ai Gallo-Cavalieri e al Quarto Sistema
Un indagine partita nell’agosto 2020, precisamente quando Giorgio Scaramella venne pestato fuori il suo chiosco di fiori situato di fronte il cimitero di Torre Annunziata.
Scaramella dichiarò di essere stato investito, ma sul posto venne ritrovato un proiettile.
Un particolare che catturò l’attenzione delle autorità giudiziarie, che da quel momento misero sotto torchio Scaramella e la sua famiglia.
Le intercettazioni hanno ricostruito il movente: il pestaggio di Scaramella, come scrive il gip, fu frutto della faida tra il clan Gionta, Gallo Cavaliere e Quarto Sistema.
Sono stati ricostruiti episodi di stese, spaccio, le vendette per il pestaggio a Scaramella nei confronti della famiglia degli Specchini di cui fa parte Umberto Perna, i nascondigli delle armi dei clan e la ricostruzione dell’agguato a Giuseppe Carpentieri, genero del super boss al 41 bis Valentino Gionta.
Ma procediamo con ordine.
Lo spaccio delle sostanze stupefacenti era gestito da Giorgio, Rosa e Giovanni (per cui si è proceduto distintamente) Scaramella, che misero in piedi una roccaforte dello spaccio nei pressi della loro abitazione.
I tre fratelli distribuivano cocaina, canapa indiana e amnesia.
La droga veniva nascosta in ogni angolo possibile della piazza e veniva venduta in piccole dosi per illudere i controlli delle forze dell’ordine.
Secondo la ricostruzione delle autorità giudiziarie, la piazza di spaccio veniva gestita per conto della famiglia Gallo e Chierchia, alias “fransuà”, sodalizio criminale che sarebbe gestito da Giuseppe e Alfonso Chierchia.
Anche grazie alla vicinanza alla stazione ferroviaria, la droga veniva venduta a clienti provenienti da tutta la provincia di Napoli.
Una serie di combinazioni che portarono gli introiti della cosca a migliaia di euro alla settimana.
Un giro d’affari che non venne vista di buon occhio dai clan rivali che si vendicarono con il pestaggio di Scaramella nell’Agosto 2020.
A certificare ulteriormente l’esistenza di conflitti tra le cosche oplontine, I carabinieri hanno sequestrato un vero e proprio arsenale di guerra composto da Kalashnikov, mitragliette, bombe, e pistole.
Le armi, ritrovate in parte nell’abitazione di Giorgio Scaramella, erano a disposizione della famiglia Gallo e Chierchia.
Dall’inchiesta condotta dall’antimafia emerge come il clan usasse questa potenza di fuoco per intimorire le cosche rivali.
Ne è un esempio l’episodio del 22 agosto 2020, quando Antonio Gallo esplose 14 colpi di pistola contro l’auto della moglie di uno dei componenti del clan dei Tittoni.
Il sodalizio mise in piedi una vera e propria strategia del terrore per stravolgere gli equilibri della mala organizzata torrese.
I fatti dimostrano che Torre Annunziata è ancora una polveriera.
A distanza di 37 anni dall’omicidio del cronista del Mattino, Giancarlo Siani, qualcosa è cambiato, ma in peggio.
a cura di Michele De Feo
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