I
diciottenni, ovvero i neoelettori, alla prova del voto: con un referendum sulla Costituzione. Abbiamo svolto un’inchiesta tra Milano, Napoli, Roma e Torino. Sono informatissimi grazie alla rete – “ne sappiamo più dei nostri genitori” – e divisi come lo è il resto del Paese. Sono determinati ad andare a votare: “Non farlo sarebbe un insulto”.
I diciottenni alla prova del voto
Sono oltre 500 mila i neomaggiorenni che debutteranno ai seggi con il voto sul referendum costituzionale. Divisi sul Sì e il No, ma uniti nel voler arrivare preparati
Da Torino a Catania, da Roma a Milano la parola chiave per tutti è informarsi.
Attraverso dibattiti, gare sulla Costituzione, lezioni integrate con pillole di attualità. Sono più scettici degli adulti rispetto alle bufale e agli slogan che circolano sui social network e nei programmi tv. «Grazie alla scuola siamo preparati su questo referendum, sappiamo che è un tema fondamentale per il futuro del Paese, ma temiamo che la maggioranza dei votanti non si sia documentato quanto abbiamo fatto noi in questi mesi», dicono i neomaggiorenni torinesi. Gli stessi, insieme ai loro coetanei di tutta Italia, che quest’anno riceveranno il bonus cultura da 500 euro: «Mossa elettorale? Non funzionerà – dicono i ragazzi da Nord a Sud-. La Costituzione è troppo importante e a determinare il nostro voto sarà solo il merito e il contenuto della riforma»
QUI TORINO
“Grazie ai dibattiti con i docenti siamo più informati dei genitori”
«Noi grazie alla scuola siamo preparati sul referendum, là fuori la maggioranza temo di no». Matteo Balbi all’uscita dallo scientifico Copernico, a due passi dal Lingotto, spiega: «Per noi è un dovere informarci, molti di noi sono al primo voto». I diciottenni sono avvantaggiati per gli sforzi di tanti istituti. Dibattiti, gare sulla Costituzione, lezioni integrate con pillole di attualità.
Davanti alle impalcature della facciata del classico D’Azeglio, frequentato da Bobbio e Pavese, sembra di ascoltare navigati costituzionalisti. Un insulto è dare del populista a chi la fa troppo semplice. «Siamo più informati dei nostri genitori», conferma Federico. «Che ne sarà del porcellum con il no?» domanda uno ai compagni. Stretti nei Moncler discutono di decreti, liste bloccate o aperte, articoli del Financial Times e rispondono senza una piega se gli si chiede cos’è il Cnel. «Fuori, al bar, su Facebook, si sentono tante stupidaggini – dice Tommaso Perosino, pallanuotista, farà scienze gastronomiche – mi informo il più possibile, ma temo saranno elezioni politiche».
C’è chi non si rassegna alla disinformazione. «Sul WhatsApp di classe abbiamo chi ci manda Bignami per il sì», racconta Matteo del compagno Tommaso Seita. «Non ho resistito. Avevo visto su Facebook una delle tante bufale, che il Senato sarà indiretto», si giustifica lui, che sogna un lavoro nella Silicon Valley. Pietro Geuna coi compagni ha dato vita a un giornalino che come primo numero si chiama «Sì o no» e ha organizzato un confronto tra Zagrebelsky e il deputato Mattiello. Pietro, che ha vissuto a New York coi genitori, prof universitari, è per il no. «Un voto consapevole», rivendica. Il no sembra farla da padrone, ma gli studenti conoscono la riforma? «Interessa chi è già un po’ informato. Molti seguono i genitori o sono ammalati di antipolitica. Qualcuno non conosce neppure gli organi dello Stato».
Anche a scuola c’è chi rimane impermeabile. «Voto no per non annullare la democrazia», dice secca Elisa Demarchi, del Copernico, che si informa un po’ in tv, un po’ sul Web, «ma nulla di particolare». Maria Chiara Daniele, D’Azeglio, ammette: «È un referendum difficile». David Comiato, che studia all’istituto Luxemburg ed è un piercer, spiega che molti in classe non sono preparati: «Almeno però abbiamo ricevuto un’infarinatura».
Si parla del bonus cultura per i 18enni. «Mossa elettorale? Con me non ha funzionato», dice Marco. Ma tutti andranno a votare. «Voto sì per ridurre i parlamentari e semplificare la burocrazia, penso che il 90 per cento dei miei compagni voti no», spiega Mario Masullo, del professionale Boselli. C’è chi punta su informazioni last minute, ma la docente Natalia Ferrazza che gira le classi per spiegare i nodi della riforma non si stanca di ripetere: «Per farsi sentire bisogna conoscere. Mi chiedono cosa voto, lo dirò lunedì».
Fabrizio Assandri
QUI MILANO
Nel liceo che fu di Pisapia tanti indecisi ma prevale il No
Qui al Berchet i maggiorenni andranno a votare tutti, perché è in gioco il nostro futuro». Gli studenti di uno dei licei classici più blasonati di Milano, a fine lezione fuggono via rapidi. A Milano 700 diciottenni il 4 dicembre vivranno il debutto ai seggi consapevoli che «questo referendum ci riguarda davvero». Ne è convinto Arturo Alì, che si affaccia al portone in tenuta sportiva – poi c’è la partita di calcetto – e con le cuffie appoggiate dietro l’orecchio: «Io vado e voto sì. Per me questa è una buona riforma, mi convince in tutto. E poi la campagna del no, fatta solo contro Renzi, non mi è piaciuta». Ma Arturo è in minoranza, qui a scuola: «In classe ne abbiamo parlato e secondo me, tra noi, vincerà nettamente il no». Un amico di qualche mese più giovane lo affianca e conferma: «Non ho ancora compiuto i diciotto e purtroppo non posso votare, ma sceglierei sicuramente il no». Come lui Andrea Troisi, alto e nascosto dietro alle lenti degli occhiali da sole nonostante la giornata invernale: «Io non ho dubbi, voto no, perché la riforma è pasticciata e se passa il sì chi vince le elezioni ottiene troppo potere».
Nelle aule dove da oltre un secolo si formano i rampolli della borghesia milanese – tra loro anche l’ex sindaco Giuliano Pisapia, oltre a registi, scrittori, cantanti e giornalisti – prevale soprattutto una convinzione: è necessario votare nel merito della riforma, e per farlo bisogna conoscerla. «I nostri studenti sono preparati, non si perdono in risse politiche», ci tiene a sottolineare una professoressa di passaggio. Eppure molti sono ancora in dubbio e avranno bisogno di un ulteriore ripasso prima di andare alle urne. «Non ho ancora deciso, ci sono punti a favore di entrambe le parti – ammette Giuseppe Balice soppesando i pro e i contro – Superare il bicameralismo perfetto sarebbe anche un’idea carina, ma questa attuazione non mi convince più di tanto. Ho anche paura che l’immunità data ai sindaci diventi un favore alla criminalità. Ma sinceramente devo guardare meglio il testo». Anche Giorgio Tonon si concede ancora qualche giorno di riflessione: «Non so ancora cosa votare, ma di sicuro non mi convince l’idea di abbassare la soglia di voti per eleggere il presidente della Repubblica. Un metodo che velocizzerebbe la procedura, ma il sistema com’è adesso garantisce che il presidente eletto sia il migliore possibile».
Simone Gorla
QUI ROMA
Nella capitale è testa a testa: “Ma è vietato restare a casa”
Scende sconsolato i gradini di scuola, Enrico. «Mi sono informato tutta l’estate sulla riforma costituzionale e alla fine non potrò votare perché compirò diciotto anni il sei dicembre». Oltre la delusione – che passerà – due ingredienti lo accomunano ai più fortunati compagni di scuola maggiorenni dei licei Visconti e Tasso, chiamati a partecipare all’appuntamento referendario del 4 dicembre: passione e preparazione.
Questo voto, per molti, è doppiamente importante. «C’è un po’ di emozione perché per me sarà la prima volta alle urne – ammette Lorenzo, all’ultimo anno nel liceo Tasso -. E poi, è un tema fondamentale per il futuro del Paese». Per questo, aggiunge Gloria, se ne parla spesso «tra gli amici e i compagni di classe ma anche con i docenti. E la scorsa settimana c’è stato un incontro con Marco Travaglio e Stefano Ceccanti, venuti a spiegare le ragioni del no». Ma lei, come Lorenzo, ci tiene a precisare che voterà sì. Fuori dalle mura di scuola ci sono le discussioni in famiglia che proprio tra i millennials vengono preferite all’informazione su Internet. Con i genitori ci si confronta, nella maggior parte dei casi, senza subire pressioni. In alternativa, si sopporta: «Non ce la faccio più a sentire mia madre che mi ripete ogni giorno che voterò no come Salvini o Berlusconi», sbotta una ragazza che – dice con un sorriso – preferirebbe mantenere l’anonimato «per evitare ritorsioni».
Nel sostanziale equilibrio tra favorevoli e contrari, c’è una leggera propensione per il no, come confermano Susanna e Rosaria, che avvolte nei loro sciarponi snocciolano i motivi per cui voteranno contro. «Le regioni svuotate dei loro poteri, il taglio poco incisivo dei costi della politica e poi i nuovi articoli riscritti in maniera confusa». Ma anche la «forte personalizzazione voluta da Renzi», che però, interviene Lorenza, non deve diventare «un pretesto per votare contro il governo. Io voterò no, ma vorrei che Renzi rimanesse, qualunque fosse l’esito».
Si confessa appassionata di politica Arianna, a cui «la riforma piace. Non cambierei nulla – dice – Certo, non è perfetta, ma è frutto di un compromesso, come è giusto che sia». L’amica, Sveva, apprezza «la volontà di mettere fine al bicameralismo perfetto e al ping-pong tra Camera e Senato». Con loro, determinate per il sì, c’è anche Ludovica, indecisa: «Mi sto informando». E come lei, tanti altri. In pochi, pochissimi, rimarranno a casa. E chi lo fa, è malvisto. «Pigri», dicono le tre amiche all’unisono.
Federico Capurso
QUI CATANIA
“Temiamo l’immunità dei sindaci, si rischia di agevolare i criminali”
Informati, determinati, con le idee chiare. A nessuno dei neo diciottenni catanesi passa per la testa di non andare al seggio domenica: «Non me la perdo questa occasione – dice Alessandra, liceo classico Spedalieri – è la mia prima volta e mi sono preparata bene sia per conto mio sia qui a scuola, anche se non mi è piaciuto come hanno gestito alcuni incontri». Tra gli studenti il «no» è favorito ma, qualunque sia la scelta, dicono di averla ponderata bene: «Il mio “no” non è perchè non mi piace Renzi – dice Andrea Caudullo, 5 H allo Scientifico Galileo Galilei dove ha studiato pure l’astronauta Luca Parmitano – non mi piace l’idea che la Costituzione si possa cambiare con una parte importante del Parlamento contraria». «A me non piace il fatto che sia diventato un voto su Renzi – ribatte Sebastiano Giuffrida, 5 C – le modifiche mi convincono, si tagliano costi, e sulle Camere è così in tutti gli altri Paesi».
I pareri sono discordi ma non c’è mai superficialità: «Guardo poco i dibattiti in tv perchè lì lanciano slogan – dice Federico dello Spedalieri – per decidere mi sono procurato i due testi e ho cercato analisi e commenti sui giornali». Giovanni frequenta una quinta allo Scientifico Boggio Lera e non ha ancora deciso: «Ieri ho partecipato a un’assemblea di istituto perchè volevo capire qualcosa di più ma mi è sembrata solo campagna elettorale; i dubbi sono rimasti». Come nelle scuole di Catania città, anche in quelle dell’hinterland sono stati organizzati incontri. Al Classico Gulli e Pennisi di Acireale uno dei più convinti che il referendum sia un’occasione storica è un ragazzo che non voterà perchè ha 17 anni: «Mi mangio le mani – dice Marco Russo – avrei proprio voluto votare. I nostri nonni hanno lottato per questa Costituzione e ora c’è chi la vuole cambiare così». «Ne abbiamo discusso tra noi e con i nostri prof – spiega Rosario Mussumeci, 3 C – con la riforma si rischia un concentramento di poteri assurdo». «La scelta non è facile – dice il suo compagno Salvatore Marino – sarebbe stato meglio votare su singoli argomenti». Lo pensa pure Noemi Di Mauro, che frequenta il liceo per le scienze umane Regina Elena: «Nella riforma ci sono materie troppo differenti; io come molti altri sono favorevole a una parte e contraria a un’altra ma non voglio pensare a cosa accadrà a un Senato dove andassero sindaci e consiglieri regionali con l’immunità. Vivo in un paesino qui vicino e il mio ex sindaco, campione di voti, è stato appena arrestato»
Fabio Albanese
vivicentro.it/politica
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lastampa/I diciottenni alla prova del voto LIDIA CATALANO
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