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Castellammare di Stabia

Quarto, i dubbi dei pm. La sindaca di nuovo convocata in Procura

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Il prefetto chiede gli atti al pool anticamorra per valutare l’invio della commissione d’accesso

Non è ancora finita. Rosa Capuozzo  non ha convinto la pubblica accusa e la Direzione distrettuale antimafia torna a sentire, oggi pomeriggio, la sindaca di Quarto.

Intanto il prefetto di Napoli Gerarda Pantalone, come annunciato da Repubblica, ha chiesto per iscritto alla Procura gli atti depositati e quindi non più coperti da segreto, sui quali procedere alla valutazione degli elementi che potrebbero giustificare l’invio di una commissione d’accesso nel comune felgreo. Sono le stesse carte dalle quali ormai emerge con chiarezza che nel primo filone, quello del racket sulle pompe funebri, ci sono già almeno 13 persone indagate.

La Capuozzo si ripresenterà dunque nel palazzo di via Grimaldi alle 14. Per la sindaca di Quarto, è la sesta volta dinanzi agli inquirenti, sempre nella veste di testimone: ma stavolta a porre le domande sarà il procuratore aggiunto antimafia Giuseppe Borrelli, che coordina l’inchiesta del pm Henry John Woodcock.

Saranno verosimilmente affrontati ancora una volta, i nodi che riguardano il voto di scambio aggravato dalla finalità mafiosa, la tentata estorsione messa a segno ai danni del primo cittadino dal suo ex consigliere grillino Giovanni De Robbio, e i tentativi di infiltrazioni mafiose che sarebbero state portate con l’aiuto dell’imprenditore vicino al clan Polverino, Alfonso Cesarano.

Oltre tre ore di faccia a faccia non sono bastate evidentemente, martedì sera, alla Capuozzo, per colmare tutte le lacune della storia e fornire elementi utili al pm. Il primo cittadino, appena espulsa dal Movimento Cinque stelle, sarà poi, martedì prossimo, a Palazzo San Macuto per rispondere alla commissione parlamentare Antimafia.

Intanto la prefettura diretta da Gerarda Pantalone ha chiesto ai pm le carte dell’inchiesta nell’intento di verificare se sussistano i presupposti per insediare la commissione d’accesso nella città dove da venti anni nessun sindaco porta a termine un mandato: un comune già sciolto due volte per infiltrazioni camorristiche.

Ma è l’istruttoria della Procura, a tenere banco in queste ore. Perché, si chiedono i pm, la Capuozzo non ha denunciato le pressioni di De Robbio, il più votato dei grillini? E soprattutto, quando e come erano stati informati i vertici del Movimento di ciò che stava accadendo nell’unica amministrazione campana a guida pentastellata? Nel verbale di martedì, la sindaca ha sostenuto aver compreso solo in un secondo momento la portata intimidatoria delle azioni di De Robbio. Non ho denunciato, ha aggiunto, perché volevo tutelare il Comune. Capuozzo ha inoltre escluso di aver mai parlato direttamente con i leader di M5s di ricatti né delle amicizie pericolose di De Robbio, confermando così quanto affermato dal presidente della commissione di Vigilanza Rai Roberto Fico e dal vice presidente della Camera Luigi Di Maio. Ma questa ricostruzione contrasta con altri elementi investigativi emersi dalle intercettazioni.

“Le conversazioni via whatsapp che ho avuto con Di Maio rappresentano unicamente la condivisione con i vertici del M5s delle difficoltà politiche che stavamo affrontando”, ha ribadito ieri la Capuozzo in una nota con la quale ribadisce stima al capogruppo Alessandro Nicolais, perquisito insieme a lei lunedì e sentito in Procura come teste.

“È una persona la cui onestà intellettuale e rettitudine morale non sono in contestazione. La decontestualizzazione delle conversazioni pubblicate può indurre in errore”, ha sottolineato il sindaco.

All’esame della Procura ci sono ora 13 nomi. I filoni sono tre: la tentata estorsione aggravata ai danni del sindaco, contestata a De Robbio e al geometra Giulio Intemerato. Il sostegno elettorale garantito a De Robbiodall’imprenditore Cesarano in cambio della possibilità di ottenere la convenzione con lo stadio comunale (ma il sindaco Capuozzo, dopo aver tolto la gestione alla squadra antiracket Nuova Quarto per la legalità, ha affidato l’impianto al Comune), vicenda in cui è indagato anche l’ex consigliere comunale del Pd Mario Ferro. E il racket delle pompe funebri. Proprio da qui, è partita l’indagine che ha scatenato il terremoto nei Cinque Stelle.

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dai nostri inviati DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO

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