Incriminato per ribellione, il leader indipendentista catalano Carles Puigdemont fugge a Bruxelles con cinque ministri. Ora sarebbe pronto a chiedere l’asilo politico e Madrid è pronta a diffondere il mandato d’arresto.
Incriminato per ribellione Puigdemont fugge a Bruxelles
Il leader indipendentista lascia Barcellona con cinque ministri: «Chiesto l’asilo politico». Attesa la mossa di Madrid: pronto il mandato di arresto se non va all’interrogatorio
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assa meno di un’ora dall’annuncio del magistrato ed ecco la bomba: Puigdemont è in Belgio. Le informazioni arrivano frammentarie, «è solo una riunione». Ma si capisce subito che c’è di più. Il presidente è nell’unico Paese dell’Ue che ha mostrato qualche timida apertura e non può essere un caso. E infatti viene avanzata una richiesta d’asilo. I dettagli del viaggio emergono nel pomeriggio: la comitiva del governo ha lasciato la Catalogna in auto, ha attraversato il confine francese ed è arrivata a Marsiglia. Da lì in aereo fino a Bruxelles. Si aprono scenari di tutti i tipi: la trasferta potrebbe avere più tappe, si racconta nei corridoi del Parlamento (quasi deserto ieri), se il Belgio non dovesse accogliere il «governo in esilio», ci sarebbero altre mete da esplorare, la Russia, l’Ossezia o addirittura Israele, che nei giorni scorsi non ha preso le distanze dalla dichiarazione d’indipendenza. L’avvocato spagnolo di Puigdemont dice di non sapere «quando il presidente tornerà ». Di certo c’è che se non si dovesse presentare all’interrogatorio a Madrid, ancora non fissato, scatterebbe il mandato di cattura. Molti misteri circondano la fuga: l’ex presidente della Generalitat aveva una scorta dei Mossos, è un uomo libero (per ora), ma è possibile che le altre forze dell’ordine non sapessero che stesse espatriando? Difficile crederlo. Qualche dubbio potrà essere fugato oggi: alle 12.30 è infatti prevista una dichiarazione di Puigdemont.
A Barcellona regna lo sconcerto. È passata solo qualche ora dalle feste repubblicane di venerdì ed ecco che non si trova più nessuno dei suoi protagonisti. I partiti indipendentisti non commentano, essendo già concentrati sulle elezioni anticipate del 21 dicembre, definite da molti abusive, per esser state convocate da Rajoy, ma alle quali nessuno vuole mancare. Solo in serata interviene l’ex vice presidente Oriol Junqueras, rimasto in Catalogna, che resta però vago: «Puigdemont aiuterà comunque la nostra battaglia».
Ieri era un giorno chiave per capire che piega prendessero gli eventi. Entrava di fatto in vigore l’articolo 155, che sospende l’autonomia catalana e ne decapita i vertici. Qualcuno si aspettava resistenza a oltranza, con i ministri che si aggrappavano alle poltrone per dimostrare l’usurpazione da parte del governo spagnolo. E invece nulla. Solo un «ministro» si presenta in quello che, per decreto reale, non è più il suo ufficio. Si chiama Josep Rull, responsabile del Territorio, ed entra al mattino con finta normalità , si siede alla sua scrivania e si preoccupa di postare il tutto su Twitter, rischiando una denuncia (un’altra) per aver disobbedito al 155. Ma la scena dura pochi minuti.
È una giornata strana per molti dei 200 mila lavoratori della Generalitat, molti di loro non hanno più il capo che hanno lasciato prima del fine settimana. La Spagna però ha preferito un intervento morbido: non si vedono i nuovi funzionari mandati da Madrid, si preferisce riorganizzare gli uffici con calma, attraverso mail e telefono. Sul Palazzo della Generalitat sventola ancora la bandiera spagnola. Dal profilo Instagram di Puigdemont arriva un indizio, sono le guglie del Palau, la sede del suo governo, una foto postata per confondere chi lo cerca. A mezzogiorno arriva il colpo atteso: il procuratore generale spagnolo Maza presenta, con una certa solennità , le accuse contro l’ex presidente e i suoi consiglieri: sedizione, malversazione (utilizzo di fondi pubblici per il referendum illegale) e anche ribellione. Quest’ultimo reato prevede una pena fino a 30 anni, «uno sproposito configurarlo», secondo l’avvocato di Puigdemont e molti altri giuristi, visto che non si è vissuto alcun episodio di violenza. Il «fiscal» Maza non chiede la carcerazione preventiva, ma pretende una cauzione di 6,2 milioni di euro. Prigione e un versamento milionario: buone ragioni per farsi trovare altrove.
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vivicentro/Puigdemont scappa in Belgio
lastampa/Incriminato per ribellione Puigdemont fugge a Bruxelles FRANCESCO OLIVO – INVIATO A BARCELLONA
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