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“Prometeo incatenato” al teatro greco di Siracusa

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Il titanico dramma di “Prometeo incatenato” va in scena nella magica atmosfera del teatro greco di Siracusa

“Prometeo incatenato” al teatro greco di Siracusa

Nella magica atmosfera del teatro greco di Siracusa va in scena l’intramontabile dramma di Eschilo “Prometeo incatenato”. Dove i personaggi non sono uomini, ma “dei che parlano di uomini”.

Prometeo è un dio che si prende a cuore la sorte di questa umanità primitiva che vive di paure e di stenti, allo stato ferino. E la fornisce di conoscenze e di mezzi, primo fra tutti il fuoco, possente forza della natura capace di poter piegare la natura stessa ed i suoi elementi.

Prometeo archetipo dell’eroe

Egli è ormai il simbolo “archetipo dell’eroe che si schiera contro i forti per difendere i più deboli”.

Il padre degli dei, il potente Zeus vanaglorioso, si sente espropriato del suo potere e si adonta che gli uomini possano acquistare strumenti così efficaci per la loro emancipazione.

La remota Scizia

Subito punisce severamente e crudelmente il “benefattore” dell’umanità, relegandolo su una rupe sperduta ai confini del mondo, nella remota Scizia (oggi Ucraina!). Il “colpevole” è condannato ad avere le carni martoriate da un’aquila che va a straziarlo tutti i giorni.

Ma, supplizio più grande è che la notte le sue ferite miracolosamente guariscono, pronte per la tortura del giorno successivo. E così nella successione infinita dei giorni e delle notti, in “un’aura sanza tempo tinta”.

Il dilemma che ci pone Eschilo è: quello di Prometeo fu un furto o un atto di giustizia ? Da due millenni se ne dibatte. Ed ancora oggi alcuni liceali, seduti sulle gradinate, ne discutevano con interesse in attesa che lo spettacolo iniziasse.

La regia di Leo Muscato

La regia è di Leo Muscato, che ha immaginato di ambientare il dramma in un sito industriale dismesso, fatto di vecchie lamiere arrugginite e di un binario morto. A simboleggiare il degrado ambientale dove ci ha condotto un uso sconsiderato delle conoscenze e della tecnologia che Prometeo aveva donato all’Uomo.

Nel dettaglio la scenografia è stata curata da Federica Parolini, nel tentativo – riuscito – di “raccontare un’epoca tecnica esaurita e fallita”.

I costumi curati da Silvia Aymonino sono riusciti a vestire gli dei che venivano a trovare lo sventurato Prometeo di panneggi e vesti solenni e senza tempo.

Le musiche sono state curate da Ernani Maletta, riuscendo a non estraniare suoni e parole, ma armonizzandole a comporre una polifonia teatrale capace di “stimolare l’immaginazione” dello spettatore.

Il coro è stato diretto e preparato da Francesca Della Monica, tenendo conto che nella tragedia greca la coralità è fatta di parole, di gesti di danza e di canto. Armonizzare verbalità, sonorità e geometrie coreografiche, è stato un compito arduo ma ben riuscito.

Cast di attori

Cast di attori di consumata abilità e di conclamata bravura, scenica e recitativa: Alessandro Albertin, ha impersonato un Prometeo fiero, solenne che difende con convinzione la sua dolorosa scelta; Deniz Ozdogan, è stata una Io drammaticamente consapevole della sua sventurata sorte.

Alfonso Veneroso (Oceano), Pasquale di Filippo (Ermes), Davide Paganini (Kratos), Michele Cipriani (Efesto) e Silvia Valenti (Bia) sono stati altri valenti comprimari che hanno reso efficacemente varie sfaccettature del dramma che si consumava.

Brave singolarmente e coralmente le dodici interpreti del corteo delle Oceanine.

La traduzione dal greco del testo di Eschilo si deve alla penna del poliedrico Roberto Vecchioni, che ha prodotto un copione agile e moderno senza perderne in efficacia, sia teatrale sia letteraria.

Gradinate della cavea piene fino alla saturazione. Pubblico empatico, composto soprattutto di scolaresche liceali provenienti da tutta la Penisola. Scontati e meritati gli interminabili applausi finali, intercalati da acclamazioni di autentico giovanile entusiasmo, da autentica standing ovation.

di Carmelo TOSCANO

 


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