Paul Manafort, l’ex capo della campagna elettorale di Trump, e Rick Gates, uomo d’affari legato al tycoon, raggiunti da un ordine di arresto, si sono consegnati all’Fbi. Sono 12 i reati contestati nell’ambito dell’inchiesta Russiagate, anche se i capi d’accusa si riferiscono principalmente a riciclaggio e frode fiscale. Manafort, che si è dichiarato “non colpevole”, rischia fino a 80 anni. Gianni Riotta ne racconta il personaggio, da membro influente nella squadra del presidente a personaggio scomodo, spiegando che l’Fbi sta seguendo la difficile pista dei “dollari riciclati”.
Russiagate, Manafort accusato di cospirazione rischia 80 anni di carcere
L’ex manager della campagna di Trump ai domiciliari. Con lui arrestati il suo vice Gates e Papadopuolos
Qualora gli venissero riconosciuti tutti i reati a lui iscritti, potrebbe essere condannato sino a 80 anni di reclusione, oltre a milioni di dollari di multa. È questo il primo esito dell’inchiesta condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, un risultato non certo inatteso dal momento che lo stesso Manafort, ieri mattina, si è recato spontaneamente negli uffici dell’Fbi di Washington, ancor prima che fosse resa pubblica l’accusa a suo carico. E poco dopo è comparso dinanzi al giudice federale dichiarandosi «non colpevole» per le imputazioni a lui ascritte. Stessa sorte è toccata al suo pupillo Rick Gates, ex numero due della campagna di Trump, per il quale la procura ha chiesto una cauzione di 5 milioni di dollari a fronte dei 10 milioni di Manafort. Anche Gates è ora agli arresti domiciliari.
I fatti «risalgono ad anni fa, prima che Manafort fosse parte della campagna. Perché il focus non sono la corrotta Hillary e i democratici? – commenta su Twitter il presidente americano -. Inoltre, non c’è alcuna collusione». Occorre però dire che i reati contestati a Manafort e Gates riguardano un periodo che inizia oltre dieci anni fa, nel 2006 ma arriva sino al 2017. Secondo fonti informate, la squadra legale di Pennsylvania Avenue sta discutendo col presidente su eventuali risvolti dell’inchiesta. Parlare di «impeachment» è fuori luogo al momento, anche se il popolo anti-Trump già si frega le mani, mentre una certa stampa liberal inizia a ipotizzare scenari da messa in stato di accusa.
Il punto è capire cosa succederà nelle prime battute del processo, anche perché a Manafort avvocato – lobbista per leader stranieri controversi come Viktor Ianukovich, ex presidente ucraino filorusso, clienti vicini al Cremlino, e consulente politico di diversi presidenti da Gerald Ford a Ronald Reagan, e George H.W. Bush – viene contestato un ulteriore reato quello di evasione fiscale. Sui suoi conti nei paradisi fiscali (e su quelli dell’ex socio) sono transitati oltre 75 milioni di dollari, di cui 18 milioni riciclati. Bisognerà capire la stratega difensiva degli imputati e quanto l’inchiesta possa allargarsi ad altri collaboratori di Manafort. Come George Papadopoulos, che sebbene con ruoli più limitati, è stato a suo modo complice, tanto da presentarsi spontaneamente ieri dichiarandosi colpevole di false dichiarazioni all’Fbi sull’inchiesta.
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