Pesano sulla consultazione il silenzio sulle scandalose “parlamentarie” a Salerno e l’inchiesta di Casavatore sulle infiltrazioni criminali nel Pd
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e primarie parlano e domenica si capirà cosa dicono.
Attirano ancora dopo inchieste e scandali? Restano un valido strumento di selezione o hanno smarrito lo spirito originario, che mobilitò nel 2005 quattro milioni e 300mila italiani per scegliere Prodi come candidato premier? Festa di popolo democratico o stanca mobilitazione di apparato? Napoli aspetta molte risposte. Le primarie, oltre al nome del candidato sindaco, diranno se il centrosinistra conta ancora in città, se riesce a mobilitare gli elettori. Se, in una parola, l’area riformista può competere all’elezione del sindaco, senza lasciare completamente il campo a de Magistris, ai Cinque Stelle e alla destra. Il Pd ha fissato a 30mila votanti la soglia di partecipazione giudicata soddisfacente. Molti meno dei 45mila delle disastrose primarie del 2011. Al di sotto dei 30mila sarà un pessimo segnale, a 20mila un flop. Alla eventuale crescita degli elettori viene collegato anche l’esito. Nel Pd si ascoltano ragionamenti di questo genere. Se l’area si espande molto oltre la soglia dei 30mila, coinvolgendo una fascia più ampia di popolazione, Antonio Bassolino potrebbe trarne vantaggio, beneficiando di una spinta civica e di una maggiore popolarità. Altrimenti potrebbe avere la meglio Valeria Valente, perché la maggioranza del partito è con lei. Naturalmente sono valutazioni sulla carta, perché il nodo vero, che sfugge a qualsiasi sondaggio e forse perfino al diretto interessato, è quanto resiste ancora l’antico legame tra Bassolino e i napoletani, dopo le tempeste politico-giudiziarie e gli anni dell’isolamento.
Il grado di partecipazione e la scelta del candidato consentiranno anche di rendere più precisi e credibili i sondaggi. Quelli fin qui emersi assegnano a de Magistris un consenso probabilmente sovrastimato, anche perché realizzati senza il candidato dei Cinque Stelle, senza quello del centrosinistra e con il centrodestra ancora fermo. Un’area che – almeno finora – si identifica in Gianni Lettieri più per l’iniziativa personale dell’imprenditore che per convinta spinta politica. Più probabile, allo stato dei fatti, una quadripartizione del consenso elettorale tra sindaco, Cinque Stelle, centrosinistra e centrodestra, in un quadro di forte astensionismo. Il fatto stesso che per il sindaco si profili il ballottaggio non è un buon segnale: chi ha ben governato dovrebbe mandare a gambe all’aria gli avversari fin dal primo turno.
Domenica lo scenario sarà più chiaro. Oltre ogni calcolo, però, queste primarie a Napoli raccontano anche il pessimo stato di salute del Pd, un partito che dialoga assai poco con la città. Il disastro del 2011 poteva essere l’occasione per risalire la china con una forte e credibile opposizione al radicalismo del sindaco, ma ciò non è accaduto. Ora Zapata ora Che Guevara, de Magistris si è preso tutta la scena.
Le primarie stesse potevano rappresentare un’occasione di dialogo sia pure tardivo con l’opinione pubblica, ma sono cadute quasi esclusivamente sulle spalle dei 4 candidati. Appena 25 manifesti giganti affissi in città per ricordare che domenica si vota. Una campagna sul web partita con decisione soltanto negli ultimi giorni. I seggi ridotti da 83 a 78 per il timore di brogli, il fantasma del 2011 che ha costretto il Pd a parlare più della “App” per evitare scandali, che del programma.
La “App”. Iniziativa apprezzabile e molto di moda. Tuttavia coperta dal fragoroso silenzio su ben altri imbrogli, per esempio quelli avvenuti a Salerno nel 2012 per scegliere i candidati al parlamento. Si contarono più voti dei votanti, alle “parlamentarie” prepagate addirittura con le monetine del Bingo. Di fronte a questa vergogna hanno taciuto il Pd e il governatore Vincenzo De Luca. Il silenzio non fa bene alle primarie. Non fa bene l’inchiesta su politica e camorra a Casavatore, che descrive un Pd permeabile alle infiltrazioni criminali, dominato da bande e gruppi di potere. Desolante. Quanto peserà Casavatore sulle urne di domenica? Queste votazioni hanno senso se sono uno strumento a prova di brogli dentro un quadro di regole certe, altrimenti si trasformano in una resa dei conti nel centrosinistra e nulla più. Le primarie parlano: ma cosa diranno domenica?
*larepubblica
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