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Adnkronos) – “Nel primo Rapporto nazionale sulla Scuola, pubblicato dal nostro Istituto nel 2003, molte questioni che possiamo oggi ritenere ancora attuali e irrisolte avevano costituito una parte considerevole del piano di ricerca e dell’indice.Questioni come la dualità del sistema dell’istruzione e della formazione professionale o il travagliato processo della ricerca scientifica costretta a muoversi tra riforme e stentata, se non mancata o assente, competitività.
Ci si chiese, allora, se mortalità e dispersione scolastica fossero fenomeni imputabili alle caratteristiche strutturali del sistema e come eventualmente questa coincidenza potesse trovare una plausibile spiegazione nella diversa efficacia dei sistemi scolastici regionali”.Lo ha detto il presidente di Eurispes Gian Maria Fara alla presentazione del 2° Rapporto sulla scuola e l’università (edito da Giunti Scuola) , che si svolge presso la Biblioteca Nazionale Centrale, a Roma. “Quando si parla del sistema dell’istruzione si ha l’impressione di essersi lasciati alle spalle opere incompiute o forse troppo rapidamente accantonate. È difficile infatti trovare un settore come quello della scuola in cui si sia cimentata con così tanta insistenza la verve riformistica dei politici italiani. – ha continuato Fara – Del gran numero di riforme o di progetti di cambiamento, di cui gli studenti sarebbero dovuti diventare i diretti destinatari, si lamentano spesso gli insegnanti, le cui voci sono la cartina di tornasole del sistema dell’istruzione nel nostro Paese.
Non c’è discorso istituzionale a loro rivolto che non ricordi ogni volta che la scuola è una priorità.Ma viene da chiedersi se esiste una visione comune di quello che dovrebbe essere il sistema dell’istruzione nel nostro Paese”. “Negli ultimi vent’anni – ha spiegato il presidente dell’Eurispes – sono stati sistematicamente smontati progetti di riforma della scuola, sopravvissuti solo pochi giorni alla caduta delle forze di governo che li avevano partoriti.
Non deve perciò sorprendere più di tanto se anche oggi, e non solo perché ne ricorra il centenario, accada di dover fare i conti con la ‘riforma Gentile’.E ciò significa valutare l’incidenza dell’onda lunga dei suoi effetti, riconoscerne innanzitutto la presenza, prendere in esame le ragioni che possono aver determinato il fallimento, più o meno parziale e più o meno doloroso, di molti tentativi di cancellarla.
Rispetto a vent’anni fa, dopo l’esperienza dell’emergenza sanitaria che ha colpito il pianeta, sarà più che legittimo attendersi novità e qualche soluzione in più.Pensiamo all’uso, da tutti rivendicato, delle nuove tecnologie e all’impatto che dovrebbero avere avuto sulla didattica.
Sul tappeto ci sono però tante altre non meno urgenti questioni.Non ci dispiacerebbe chiamarle ‘vertenze di prospettiva’, volendo pensare che la loro soluzione sia, se non dietro l’angolo, comunque possibile”. “Ci si chiede infine: se la scuola sia effettivamente una priorità nell’agenda nazionale, visto che la voce del Pil relativa all’istruzione va sempre più assottigliandosi.
Negli ultimi 25 anni abbiamo visto ridursi dal 5,5% al 4% la spesa nazionale per la scuola.Un paradosso, dal momento che, almeno a parole, diciamo di considerare la scuola la grande priorità del Paese.
Proprio per questo – ha concluso Fara – restiamo fiduciosi sul buon uso che dovrà essere fatto dei finanziamenti del Pnrr, sulla cui efficacia l’Italia si gioca una buona fetta della sua credibilità e delle sue prospettive di crescita.L’Istruzione, d’altronde, più di qualsiasi asset, rappresenta oggi il futuro dell’Italia.
Comprendere questo vorrà dire avere anche lungimiranza nel governare i processi di cambiamento già in atto nel mondo della Scuola, dell’Università e, dunque, di conseguenza negli strati più profondi della società e nelle economie che compongono la ricchezza del nostro Paese”. Al presidente Fara hanno fatto eco le parole del direttore dell’Osservatorio dell’Eurispes sulle Politiche educative, Mario Caligiuri: “Il tema dell’educazione non è uno tra i tanti.Nella società della conoscenza rappresenta il settore decisivo del progresso e dell’innovazione, per cui l’educazione dovrebbe venire prima dell’economia ma i Parlamenti si occupano di economia più che di educazione e per una ragione molto semplice: la prima offre risposte immediate mentre la seconda produce risultati a distanza di decenni. – ha continuato Caligiuri – Oggi l’educazione rappresenta un’autentica necessità sociale, dato che di fronte a ogni problema che si manifesta, la risposta che viene sistematicamente proposta è sempre la stessa: più educazione.
Siamo di fronte a trasformazioni epocali con il confronto con l’Intelligenza Artificiale che diventa sempre più serrato e i cui esiti in ogni caso non oggi non conosce nessuno.Di sicuro stiamo vivendo contemporaneamente in tre mondi: fisico, virtuale e ibridato tra uomo e macchina.
Ma tutta l’organizzazione sociale, educativa e legislativa è impostata ancora sulla dimensione fisica.C’è allora bisogno di riforme strutturali, profonde che possano anticipare le inevitabili trasformazioni che sono già in atto”. “Appunto per questo il Rapporto dell’Eurispes intende rappresentare un’occasione per porre al centro del dibattito politico e culturale il tema dell’educazione, che è fondamentale per la democrazia, l’economia e la qualità della vita.
Gli indicatori dell’istruzione del nostro Paese, a cominciare dalla povertà educativa, farebbero già prevedere un futuro difficile, soprattutto nel Sud dove la qualità dell’istruzione è più debole.Scuole e università – ha concluso Caligiuri – sembrano essere ammortizzatori sociali più che luoghi dove si costruisce il futuro e si attenuano le diseguaglianze.
Proprio per questo, a cento anni dalla riforma Gentile, è indispensabile identificare l’educazione di qualità basata sul merito come fattore dello sviluppo e di riduzione delle ingiustizie sociali, elaborando una pedagogia della nazione che consenta al nostro Paese di continuare a rimanere una delle potenze culturali e industriali del pianeta”. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)