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Castellammare di Stabia

Presentato “Visitammo i carcerati” il libro di Ansalone e Varrella

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Grande interesse dei tanti cittadini intervenuti alla presentazione del libro scritto a due mani dalla sociologa Ansalone e dalla psicologa Varrella

Presentato “Visitammo i carcerati” il libro di Ansalone e Varrella

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Castellammare di Stabia – Numerosi i cittadini che sono intervenuti alla presentazione del libro scritto da due professioniste e volontarie, l’assistente sociale Anna Ansalone e la psicologa Rosaria Varella, dal titolo “Visitammo i carcerati” (neomediaitalia edizioni).

Un sottotitolo all’interno del quale è contenuto parte del filo conduttore del lavoro di Ansalone e Varrella: “Come cambia la vita di chi svolge volontariato in carcere. Le esperienze sociali e psicologiche”.

A moderare i lavori, la presidente dell’Associazione Achille Basile Carmen Matarazzo che introducendo l’argomento ha evidenziato come sono state trattate con delicatezza le pesanti problematiche legate alle case circondariali e ai problemi dei e delle detenute.

Ben rese comprensibili anche una serie d’informazioni non note ai più, ha ancora detto la Matarazzo, le nuove procedure e i diritti degli stessi detenuti, oltre che l’importanza del ruolo del sociologo e dello psicologo all’interno di dette strutture.

A sottolineare l’importante del volontariato negli istituti penitenziari anche Concetta Felaco direttrice dell‘ICAT (Istituto Custodia Attenuata Tossicodipendenti) di Eboli, che nel suo intervento ha da subito sottolineato l’importanza del volontariato che si svolge negli istituti penitenziari. “Strutture precarie con tante problematiche, con disagi e difficoltà che attestano come il carcere nei fatti è la proiezione di quella che è la società”.

Soggetti che provengono prevalentemente, ha ancora affermato, da ambienti degradati, da determinate aree sociali e dunque il loro percorso di recupero e reintroduzione nella società implica necessariamente il coinvolgimento della società esterna.

Efficace e importante, in queste strutture complesse, l’azione del volontariato per offrire a questi soggetti strumenti per provare a ricostruire il loro percorso di vita, con la consapevolezza, ha ancora aggiunto la direttrice Felaco, che “esso svolge anche un ruolo di facilitatore rispetto alla burocrazia esistente”.

La direttrice ha concluso il suo articolato e complesso intervento sostenendo alcuni concetti non proprio comuni, che il carcere deve intervenire solo quando non c’è nessun’altra forma di pena e che la stessa deve essere eseguita con modalità diverse. Non una pena in termini rigidi ma all’interno di un percorso di responsabilizzazione e rieducazione.

“Oggi è il battesimo di questa pubblicazione – ha esordito intervenendo l’editore Francesco de Rosa – un libro che può e deve essere portato in giro e promosso in tutta Italia, che racconta il vero. Ho creduto nel lavoro che le due autrici mi hanno proposto, due persone che credono in quello che fanno”.

L’editore è poi entrato nel merito del libro, che ha comunque il pregio di evidenziare le competenze, mettendo in risalto alcuni dei temi in esso trattati, l’importanza del volontariato finalizzato anche al recupero delle persone “perché in carcere possono crearsi situazioni ancora più gravi”.

Per dar forze a questo concetto ha proposto alcune righe di un concetto riportato nel libro “La resilienza (la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici), proprio come una sorte di protezione, aiuta ad affrontare le difficoltà nel corso della vita del detenuto, lo aiuta a riparare gli schiaffi inferti dalla sorte, anche quelli più bassi e infidi”.

E’ toccato poi alle due autrici che inizialmente hanno ringraziato l’editore, gli ospiti e i tanti cittadini intervenuti che con dimostrata attenzione e interesse hanno ascoltato quanto sino a quel momento detto di un argomento non sempre ben conosciuto, difficile nelle sue dinamiche e nei suoi aspetti e il lavoro di volontariato che è svolto in strutture difficili e particolari come gli istituti penitenziari.

L’assistente sociale Anna Ansalone ha parlato del problema del superaffollamento e le condizioni difficili degli interventi del volontariato per far emergere in questi soggetti l’umanità soprattutto nella bella esperienza del lavoro di gruppo che si fa.
“La mia professione – ha anche affermato la Ansalone – è di aiuto, è di un vero e proprio segretariato sociale all’interno del carcere”.

Affermare i diritti dei ristretti, ha aggiunto, e tra questi quello dell’affettività e “mi piacerebbe che si lavorasse più sulla persona senza mettere in discussione il controllo”.

“L’argomento che affronta il libro – ha affermato la psicologa Rosaria Varrella – non è molto accettato dalla società, anche se tanta gente vuole conoscere quanto accade nei carceri”.

La Varrella ha evidenziato il concetto delle emozioni dei detenuti, e non solo, la loro gestione e la necessità di entrare in contatto con loro possibile solo se si considerano persone e basta, senza analizzare il loro passato e le motivazioni che l’hanno portati alla limitazione della loro libertà.
“Indispensabile è intervenire subito sui detenuti per recuperare il loro percorso. Lasciarli soli vuol dire rafforzare il negativo concetto di vita che hanno”.

Il libro, ha concluso la Varrella, si pone anche l’obiettivo di stimolare il concetto per far qualcosa per gli altri, all’interno del lavoro di rete per cambiare i detenuti e le detenute.

La serata è terminata con attestazioni di complimenti per il lavoro svolto e la richiesta, alle due autrici, di dedica e firma sui libri.
Giovanni Mura

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