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Castellammare di Stabia

Premiata ditta Lega-CinqueStelle: incassiamo di meno e spendiamo di più

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on è corretto fare le pulci ad una norma di legge ancora in gestazione. Ma visto che lor Signori si trastullano da più di due mesi con incontri, anatemi, veti incrociati, forni che si alternano e si escludono a vicenda … ed altre amenità simili, noi proviamo intanto a fare due conti alla spiccia.
Come un buon padre di famiglia farebbe.
La faccenda ormai è nota: la Lega vuole abbassare le tasse per i ricchi ed i 5stelle vogliono dare un sussidio ai poveri, disoccupati. Lodevoli entrambe le intenzioni. Far del bene nella vita è sempre cosa buona e giusta.
Ma quando si tratta di soldi (che siano Euro o LIRE, visto che si ventila anche l’uscita dall’euro!) i numeri hanno la loro importanza e la fanno da padrone. Proviamo a vederne qualcuno, con l’aiuto di esperti del settore economia (ambiente bocconiano per intenderci).
Il reddito di cittadinanza targato 5stelle dalle stime ultime di un cattedratico romano, Pasquale Tridico, ammonterebbe a 17 miliardi di euro. Di diverso parere il presidente dell’INPS, Tito Boeri, in qualità di futuro, eventuale, ufficiale pagatore. Egli in una audizione parlamentare ha dichiarato ufficialmente che il suo Istituto stima in 30 miliardi di euro di maggior spesa l’importo per erogare il beneficio ipotizzato dal reddito di cittadinanza. A noi ci sta bene, se si tratta di far star meglio chi sta male, che ben vengano simili previdenze. Certo tutti ci auguriamo
che non siano un pozzo di San Patrizio inconcludente, che appiattisca e non stimoli all’operosità.
Comunque sia, tra le due stime, pensiamo che 20-25 miliardi sia una cifra verisimile.
La flat tax ipotizzata dalla Lega prevede una tassazione “appiattita”, con una aliquota del 15% per tutti, ricchi e poveri. Si calcola che per lo Stato centrale ciò comporterebbe un minore introito di 40 miliardi l’anno, cui vanno aggiunti 17 miliardi di tasse regionali e comunali. Per un totale di 57 miliardi di euro in meno all’anno che vengono a mancare alle casse statali. Per quel che vale il nostro modesto parere, ci permettiamo di ricordare il 2° comma dell’art. 53 della nostra Costituzione (che ci risulta essere ancora in vigore!): “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il dettame ci appare lapidario in tutta la sua solennità democratica – solidaristica: chi più ha, più dia. In una visione del bene comune che miri alla redistribuzione della ricchezza verso chi nella vita è stato meno fortunato. Ma queste, ormai, sembrano parole e concetti obsoleti. Tuttavia la cogenza della norma costituzionale resta e la futura legge sulla flat tax rischia di essere impallinata dalla Corte Costituzionale. A meno di non fare una modifica costituzionale con le complesse ed opportune garanzie previste, a mente dell’art. 138 della stessa Carta fondativa.
Ebbene: se fosse mirato ad un alleggerimento della pressione fiscale per tutti, che se ne parli pure. Però , un “però” non da poco c’è ed è stato sollevato dall’ “Associazione per legalità e l’equità fiscale”. Si fa notare che i vantaggi di sgravio fiscali previsti dalla flat tax andranno a beneficio di chi dichiara più di 20 mila euro l’anno di reddito, con benefici di risparmio sostanziosi, nellordine delle decine di migliaia di euro annui. Chi dichiara, invece, meno di 20
mila euro, per ironia della sorte, finirà per pagare centinaia di euro di più dell’attuale tassazione e di non usufruire nemmeno delle norme di semplificazione fiscali previste dalla ventilata riforma.
Chi è più povero, oltre che rischiare di pagare di più, è obbligato ad invocare una clausola di salvarguardia e produrre a proprio carico documentazione che attesti l’indigenza famigliare tramite certificazione Isee. E poi come “vantaggio” otterrà di mantenere la tassazione attuale.
Cioè: continuare a pagare quella che ha sempre pagato. Per i poveri non è previsto alleggerimento fiscale. Il tutto in nome dell’equità! Senza voler fare dell’inutile moralismo, ci sembra una beffa però. Vedremo.

Tornando ai nostri inesorabili numeri, proviamo a fare due somme: 25 miliardi di aumentate spese per il reddito di cittadinanza sommate a 57 milardi di minori entrate per gli sgravi della flat tax, come risultato danno 82 miliardi. Una bella cifra ragguardevole che viene a mancare, a vario titolo, nel bilancio dello stato. Incasseremo di meno (57 mld) e spenderemo di più (25 mld).
Dovremo necessariamente fare dei tagli drastici alla spesa pubblica. Non ci sono alternative.
Quando si guadagna di meno bisogna guardare alle priorità e poi tagliare con drasticità le riamanenti spese. In tutto il cicaleccio di queste vacue settimane di schermaglie varie, nessuna delle forze politiche in ballo ha parlato o accennato a tagli della spesa pubblica. Ce li hanno in mente e non ce li dicono per non farci impressionare? A parte la retorica del taglio dei vitalizi, dove si abbatterà la scure dei tagli? Sanità? Scuola? Cultura?
Oppure pensano più semplicemente di poter continuare a vivere allegramente e fare debiti? Fino a quando si è credibili e solvibili. Quando i debiti diventano insostenibili si dichiara fallimento, con disagi ed ignominia. E noi rischiamo di andarci vicino. Dio salvi l’Italia!

Carmelo Toscano


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