La data dell’eruzione del Vesuvio resta un giallo
Metti una scritta con il carboncino. Aggiungi che la frase è in latino. Considera che è stata trovata a Pompei su una parete delle casa con il giardino, una di quelle che si stanno riportando alla luce nelle Regio V, su quell’area detta del ‘cuneo’ che affaccia sulla Via di Nola. Fai tradurre a un epigrafista d’eccellenza come Antonio Varone quanto riportato sull’intonaco e cioè “XVI (ante) K (alendas) Nov (embres) in ulsit pro masumis esurit” ovvero “il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato” ed ecco che il giallo è servito.
Quella data, secondo il direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, riposizionerebbe nel tempo il giorno dell’eruzione con la quale il Vesuvio distrusse Pompei, Ercolano, Stabiae e Oplontis. Non più dunque il 24 agosto del 79 dopo Cristo, come si era sempre detto, bensì il 24 ottobre dello stesso anno.
I codici di Plinio riportano tutti “nonum kalendas semptember”, ovvero “nove giorni prima delle calende di settembre”, tranne uno che annota “nonum kalendas november”: nove giorni prima delle calende di novembre. I filologi hanno sempre optato per settembre. Calenda era il primo giorno del mese. Il conto va fatto all’indietro. Dunque nove giorni prima dell’uno settembre cade il 24 agosto. Identico ragionamento per la frase successiva e cioè ‘nove giorni prima delle calende di novembre’ ossia il 24 ottobre. La scritta scoperta recita “sedici giorni prima delle calende di novembre” e dunque vale il 17 di ottobre. In quel giorno, quello che certamente non era un semplice operaio. forse uno dei maestri decoratori che lavoravano sulla parete della stanza accanto, vergò la frase.
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