L’immigrazione è uno dei temi più cari ai populismi e le fake news si sprecano. Si diffondono così false certezze su presunti complotti, che hanno il duplice pregio di individuare facili nemici e di evitare di doversi cimentare con problemi complessi.
Cos’è il “ piano Kalergi ”
L’immigrazione è una delle materie in cui, in molti paesi europei, la cultura populista ha introdotto innovazioni non solo sul piano dei contenuti, ma anche in quello della comunicazione. Il tema ha indubbiamente inciso pure sul risultato elettorale italiano del 4 marzo, a causa degli arrivi dei profughi che dal 2011 si sono succeduti e dei tempi lunghi delle procedure di asilo. Fatti di sangue come quello di Macerata hanno scosso l’opinione pubblica e suscitato reazioni xenofobe.
Peraltro, tutto questo non è una novità: già con le elezioni politiche del 2008 e quelle europee del 2009 si erano sviluppate dinamiche che lavoce.info aveva contribuito ad analizzare (vedi ad esempio: Tito Boeri “È l’immigrazione, bellezza!” 9 giugno 2009).
Una relativa novità è invece l’uso spregiudicato di vere e proprie fake news, che ormai sulla materia abbondano su internet, sui social network e si sono diffuse nell’opinione pubblica, fino a trovarne tracce evidenti nella campagna elettorale per le regionali lombarde.
Se ad esempio scriviamo “piano Kalergi” sui motori di ricerca, troveremo oltre 72 mila riferimenti solo in italiano, una quantità di video e innumerevoli commenti. Un risultato notevole visto che quel piano non esiste.
Nikolaus Kalergi nacque a Tokyo nel 1894, figlio dell’ambasciatore austroungarico e di madre giapponese. Predisposto a una cultura multietnica, dopo la prima guerra mondiale in Austria scrisse due libri: Paneuropa nel 1923 e Praktischer idealismus nel 1925 che, tra l’altro, attirarono le ire di Adolf Hitler. Dopo la seconda guerra mondiale fu tra gli ideatori della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) e propose l’Inno alla gioia di Beethoven come inno ufficiale dell’Unione europea. Un convinto europeista che predicava la fratellanza tra i popoli in tempi non facili. Morì in Austria nel 1972.
Il suo accostamento al presunto piano di sostituzione razziale nasce nel 2005, quando il negazionista austriaco Gerd Honsik, nel volume Addio Europa, usando fuori contesto frasi tratte da Praktischer idealismus imputava a Kalergi un fantomatico complotto per favorire una immigrazione di massa dall’Asia e dall’Africa in Europa per “sostituire la razza bianca” con una nuova “razza meticcia”.
Ecco qui: il “piano Kalergi” è servito. Per un decennio gli ambienti dell’estrema destra europea hanno diffuso in ogni modo i contenuti del libro di Honsik e dal 2015 ne esiste una versione italiana scritta da Matteo Simonetti, dapprima con il titolo La verità sul piano Kalergi e nel 2017 con la nuova edizione Kalergi e la prossima scomparsa degli europei.
Simonetti riprende la tesi di Honsik, sostenendo che le “orde migratorie” dei nostri giorni sono dovute a una regia occulta che sta lavorando alla “sostituzione di popoli” e che – a suo dire – “colpisce con l’epiteto di razzista chiunque pretenda anche solo di ficcare il naso nella questione, pur appoggiandosi a prove concrete”.
Le derivazioni di questa teoria sono numerose e in alcuni casi sorprendenti: lo scorso 10 aprile Alessandro Meluzzi sulle pagine de Il Tempo attribuisce addirittura a Papa Francesco esattamente lo stesso disegno cospiratorio di sostituzione etnica come base delle migrazioni africane verso l’Europa.
Una soluzione semplice
Le teorie del complotto sono spesso presenti nelle fake news sulla rete, dai vaccini alle banche, a tante altre materie. La teoria del complotto conferisce a chi ne è informato – e la condivide – una sorta di aura della conoscenza che lo rende privilegiato rispetto alle masse che seguono le informazioni sui media principali e ne sono quindi all’oscuro.
Nel caso dell’immigrazione, il supposto complotto ha il duplice pregio di individuare facili nemici: le istituzioni europee (ma anche quelle americane in molte versioni), il capitalismo finanziario, gli ebrei e così via.
La versione fornita da Viktor Orban in Ungheria chiama in causa direttamente George Soros e la sua Open Society, raffigurati sui manifesti elettorali mentre tagliano con le cesoie i reticolati al confine meridionale ungherese per fare entrare masse di immigrati islamici.
Il secondo pregio è che la teoria del complotto esime i suoi sostenitori dal preoccuparsi delle varie e complesse cause dell’immigrazione. Dei problemi complessi e di non facile soluzione meglio non parlare: intanto, però, il popolo può sconfiggere il “piano Kalergi” nelle urne elettorali, dando fiducia a chi lo ha scoperto e promette di contrastarlo.
ECONOMIA / Enrico Di Pasquale, Andrea Stuppini e Chiara Tronchin/lavoce.info
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